Viaggio nella depressione (che toglie aria alla vita)

Viaggio nella depressione (che toglie aria alla vita)

Viaggio nella depressione: compierlo è meno agevole di quanto si pensi. La depressione toglie respiro alla vita: “finestre aperte, persiane chiuse, diamanti dei vetrai…” Predominano le tenebre. Sia per il paziente, sia per chi lo attornia.

Viaggio nella depressione: vivere accanto a chi è depresso

“Vivere accanto a una persona depressa è una fatica immane. Lei (o lui, ndr) magari non si rende conto Viaggio nella depressione (che toglie aria alla vita)di ciò che le sta accadendo. Tu sì, eccome. L’esistenza per te si è totalmente trasformata. Uno tsunami ti ha sconvolto le giornate. La vita quotidiana, con tutte le sue azioni che un tempo ti sembravano così banali e scontate, non è più la stessa. E non riesci proprio a farci nulla. Ti scervelli in continuazione, ma non ne vieni a capo. Per questo ti senti impotente, frustrato… Vivere accanto a una persona depressa è qualcosa di inimmaginabile per chi non ha mai sperimentato un’esperienza del genere. Quando lo racconto agli amici sembrano increduli. È così difficile immedesimarsi

in questa situazione…”

Lo si legge nel secondo capitolo del libro Viaggio nella depressione. Esplorarne i confini per riconoscerla e affrontarla, edito da FrancoAngeli, di Onda  (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere), a cura di Claudio Mencacci e Paola Scaccabarozzi, 130 pagine per un prezzo pari a 17 euro.

Viaggio nella depressione: l’intervista

Viaggio nella depressione (che toglie aria alla vita)
Claudio Mencacci

Claudio Mencacci, direttore DSMD-Neuroscienze Asst Fatebenefratelli-Sacco Milano, unisce alla ricerca e all’attività clinica un’intensa attività di promozione e di lotta al pregiudizio verso i disturbi mentali. È autore di 300 pubblicazioni scientifiche e di numerosi libri. Ha una proprietà di linguaggio che rispecchia la sua brillante personalità. Lo abbiamo raggiunto e intervistato. Queste le sue parole.

Depressione: una descrizione è d’obbligo.

“Partiamo da un dato. La depressione ha un impatto tale sul piano lavorativo ed economico, da essere considerata la più alta fonte di disabilità sul lavoro. Esistono tanti tipi diversi di depressione, con dissimile intensità e gravità. Lo specialista, quando determina la diagnosi, riconosce le differenze e imposta la cura. La depressione ha un impatto sulla qualità della vita, impatto che è stato studiato sulla base delle perdite in termini relazionali. Obiettivo della ricerca è ed è stata anche la compromissione della cognitività. Ma ragioniamo nella pratica. Il soggetto, presente in quel che sta facendo, è di fatto avulso dal contesto. La depressione porta alla stanchezza, penalizza la vitalità. Sul piano cognitivo, si riducono attenzione, concentrazione, memoria, con un impatto che può essere pesante”.

Che cosa avviene alla persona in depressione?

“Il depresso ha difficoltà a prestare attenzione, a fare delle scelte, a proporsele; tende a procrastinare le decisioni. Spicca il suo atteggiamento negativo verso la vita. La persona in depressione non desidera più, non prova più interesse per le sue fonti di piacere, non è più aperta verso il vivere”.

In che modo la depressione condiziona la vita di chi ne soffre? L’obiettivo è sempre una vita degna di essere vissuta?

“In depressione si vive una ‘non vita’, il mordente dell’esistenza viene meno, almeno nelle forme gravi. Una vita ridotta a metà, se non a un quarto, quando la patologia è severa. Il quadro dell’esistenza deve essere completato. Con depressione da lieve a moderata, certamente, l’intensità si riduce”.

Ecco un viaggio nella depressione dal punto di vista del paziente. Potrebbe illustrarci un caso pratico (riguardante, indifferentemente, un uomo o una donna)?

“Tra i tanti casi dei quali mi sono occupato, ricordo quello di un cinquantenne brillante. Nel lavoro, era un amministratore delegato di un’azienda con profilo internazionale. Non parliamo, dunque, di una persona che facesse fatica a sostentarsi: sono numerosi, del resto, i casi di depressione e impoverimento del reddito. La causa apparente, nella storia di questa persona, una notizia: la moglie aveva deciso di separarsi, perché non era più innamorata. Questi era dunque destinato ad abbandonare la sua abitazione, con la prole. Ma c’era di più. L’uomo era ripiegato su se stesso, si trovava in una condizione di stanchezza, di assenza di interessi. Aveva sviluppato un progressivo senso di appiattimento affettivo, era meno interessato sia al lavoro, sia allo svago (era in origine amante di alcuni sport). Con il trascorrere delle settimane, affrontava il lavoro con difficoltà sempre maggiore e le cose gli sfuggivano di mano. Era ormai caratterizzato da improvvise manifestazioni di emotività, crisi di pianto, senza ragioni che le spiegassero. La condizione aveva ricadute sulla famiglia, sui figli, sul lavoro. Ha consultato uno specialista. Era chiaro il quadro della situazione: un uomo che si impegna nelle attività lavorative, poco attento alla vita di coppia, che si comporta da genitore responsabile, con alcuni parenti già caduti in depressione. Veniva appoggiato da uno psicoterapeuta. Si impostava una terapia farmacologica, che il soggetto accettava con riluttanza. Dopo due mesi questi incominciava, tuttavia, ad avere i primi benefici. Prendeva atto delle ragioni della moglie e progettava uno spazio di autonomia. Curato in termini medici e psicologici, supportato dalla famiglia e dagli amici, tornava infine in attività, sotto tutti gli aspetti, con decisione”.

Quali sono i fattori che hanno giocato in questo caso? Su quali basi è stato risolto il problema?

“Chiediamoci quali siano le fonti di vulnerabilità del soggetto. Si trattava di affrontare un fatto importante come la separazione: una situazione logorata e spenta. In un primo momento, la persona era totalmente sopraffatta, anestetizzata. L’obiettivo era ridisegnare la progettualità: l’uomo ne aveva le risorse. Decise di non aprire il conflitto con la moglie, riconoscendone le motivazioni.

Dietro conflittualità, risentimenti, rabbia, era latente una depressione che si annidava da tempo, finché ha spento la capacità di mantenersi vivo e vitale dell’individuo. Infine, è esplosa. Ecco il caso di una patologia con componente endogena ed esogena, allo stesso tempo”.

Una situazione che si è risolta. Terminato con risultato positivo, dunque, il viaggio nella depressione.

About Isabella Lopardi

Isabella Lopardi ha lavorato come giornalista, traduttrice, correttrice di bozze, redattrice editoriale, editrice, libraia. Ha viaggiato e vissuto a L'Aquila, Roma, Milano. Ha una laurea magistrale con lode in Management e comunicazione d'impresa, è pubblicista e redattore editoriale. E' preside del corso di giornalismo della Pareto University.

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