Il cervello, quartier generale dell’organismo, si può fossilizzare: si presenta, quindi, ai posteri, con le sue caratteristiche. La scoperta dalla quale si parte per avvalorare questo assunto riguarda i resti di sette animali invertebrati risalenti a 520 milioni di anni fa: sono stati trovati sul fondo dell’oceano, nella Cina sud-occidentale. Pubblica lo studio la rivista Current biology.
Cervello fossile, per saperne di più
Ma come si presentano i cervelli di questi animali senza scheletro? Sono come sottili pellicole di carbonio, in alcuni casi coperte da microscopici cristalli di pirite ferrosa.
L’entomologo Nicholas Strausfeld dell’Università dell’Arizona si è concentrato su questo ritrovamento, ricostruendo, passo dopo passo, il processo che ha interessato questi animali.
L’entomologo è tra i ricercatori che nel 2012 annunciarono, pubblicandola sulla rivista Nature, la scoperta del primo cervello fossile. Si parlava, in quel caso, della stessa specie di invertebrati, ormai estinta. I paleontologi avevano dubbi in merito alla scoperta, poiché si pensava che il cervello, delicato, non potesse diventare un fossile.
I nuovi ritrovamenti, tuttavia, fugano ogni perplessità.
Cervello fossile, reperti al microscopio elettronico
I sette animali invertebrati che sono giunti fino a noi sono stati esaminati al microscopio elettronico. Sono simili ad antichi crostacei, appartenenti alla specie Fuxianhuia protensa.
Cervello fossile, le condizioni ambientali
C’è di più: Strausfeld, in laboratorio, ha tentato di riproporre le condizioni ambientali necessarie, per “fossilizzare” il cervello di vermi e scarafaggi. Si tratta di animali molto simili a quelli ritrovati.
Cervello fossile, i tre passaggi per conservarlo
Lo si legge sulla rivista Philosophical transactions of the royal society B: i passaggi fondamentali sono tre. In primis, l’animale deve essere seppellito rapidamente, perché non lo attacchino muffe e batteri. Il sistema nervoso, incluso il cervello, deve essere denso, in modo da resistere al peso della terra. Lo strato di fango esercita una pressione sull’esserino: ciò facilita la rapida perdita di acqua, grazie alla quale i tessuti si mantengono integri, a differenza di ciò che avviene con la disidratazione.