Terapia con radioligandi, i giustizieri delle cellule tumorali
Legarsi in maniera precisa alle cellule tumorali per poterle colpire con radiazioni terapeutiche e causarne la morte: è questa la strategia usata dalla terapia con radioligandi, approccio della medicina di precisione e personalizzata.
Precisa perché colpisce in modo mirato le cellule malate, personalizzata perché ogni paziente riceve un farmaco preparato appositamente e per il quale viene attivata una catena organizzativa che ne garantisce la consegna al paziente entro 72 ore dalla produzione.
“La terapia con radioligandi è una terapia nucleare di precisione caratterizzata dall’utilizzo di radiofarmaci costituiti da radionuclidi collegati ad alcuni ligandi che hanno caratteristiche specifiche per alcuni tumori.
I ligandi, infatti, riescono a riconoscere i tumori perché si legano specificamente a dei recettori presenti su queste cellule tumorali”, spiega Marco Maccauro, responsabile della struttura semplice di Terapia Medico Nucleare ed Endocrinologia dell’Istituto Nazionale Tumori Milano.
“Grazie a questo meccanismo ligando-recettore abbiamo l’effetto terapeutico se si utilizza il radionuclide per la terapia, o diagnostico se se ne utilizza uno per la diagnostica.
Un doppio utilizzo, quindi, sia in fase terapeutica che diagnostica, che nel prossimo futuro promette di allargarsi anche ad altri tipi di tumore, come quello alla mammella, al pancreas o altri tumori solidi”.
Le caratteristiche della terapia con radioligandi
Tra le caratteristiche principali della terapia con radioligandi la possibilità di personalizzazione della cura. Ogni paziente, infatti, riceve un farmaco preparato appositamente e per il quale deve essere attivata una catena organizzativa che ne garantisce la consegna entro 72 ore dalla produzione.
Tra le peculiarità di questa innovazione terapeutica anche la possibilità di intervenire e distruggere le cellule malate in maniera estremamente mirata.
Agendo, infatti, su tumori localizzati in aree su cui altrimenti sarebbe difficile intervenire, si limitano gli effetti collaterali e i danni funzionali alle strutture circostanti.
Tutto questo apre a potenziali applicazioni ad altri tipi di tumore, come quello di seno e polmoni, e si traduce in un impatto positivo sulla qualità di vita del paziente, oltre che sulla sopravvivenza, come nel caso del tumore alla prostata.
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“La terapia con radioligandi è l’apertura di un palcoscenico verso la personalizzazione del trattamento, anche per il tumore prostatico.
È infatti recente l’approvazione in Europa della prima terapia a base di radioligandi per il trattamento del carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione progressivo e PSMA-positivo”, dice Marcello Tucci, direttore della struttura di Oncologia dell’Asl di Asti.
“Oggi noi sappiamo che la biologia molecolare ha messo a nostra disposizione una maggiore conoscenza di quelli che sono i fattori biologici alla base della progressione della malattia, ma sappiamo anche che le cellule di tumore prostatico esprimono un antigene di membrana specifico per la prostata, che può essere target terapeutico.
La terapia con radioligandi ha come target terapeutico proprio questo antigene e può dare vita davvero alla nuova era della personalizzazione del trattamento”.
“Parliamo di pazienti con carcinoma prostatico che sono già stati trattati con altri tipi di terapie, quindi pazienti fragili”, spiega Maria Laura De Cristofaro, Presidente Europa Uomo Italia Onlus.
“L’approvazione in EU della prima terapia con radioligandi mirata per il tumore alla prostata avanzato e metastatizzato rappresenta un traguardo significativo per i pazienti con tumore che fino ad oggi avevano un numero limitato di trattamenti in questo stadio di malattia”. La rimborsabilità di questa terapia in Italia è prevista nel 2024.
Le sfide da superare per il futuro
L’utilizzo di questa terapia pone però numerose sfide.
La prima è quella del team multidisciplinare che deve prendere in cura il paziente.
“L’utilizzo dei radioligandi richiede un ampliamento delle specialità presenti all’interno del team multidisciplinare, quindi di un medico specialista in medicina nucleare che deve colloquiare in particolare con l’oncologo”, spiega De Cristofaro.
“Per i pazienti, il team multidisciplinare è fondamentale perché è in quel luogo che si decide la strategia di cura più adatta al paziente”.
C’è poi il tema della produzione e della logistica, entrambe subordinate a tempi di decadimento radioattivo ben definiti, intrinseci della natura stessa del radiofarmaco, che impongono rigorose tempistiche di produzione, trasporto e somministrazione.
“Risulta necessaria un’efficienza nell’invio dei farmaci al letto dei nostri pazienti e condividiamo una lotta contro il tempo quotidiana, perché gestiamo radiofarmaci che hanno una emivita estremamente limitata”, spiega Fabrizio Celia, Radio Pharmaceutical Country Operation Head AAA.
“Quindi abbiamo un modello produttivo, di supply chain, logistica e customer service estremamente vicino al letto del paziente perché l’emivita della terapia è di solo 72 ore. Questo vuol dire che, quando riceviamo una richiesta di ordine per una fiala, da quando questa è pronta deve essere iniettata entro 72 ore nelle vene del paziente, sia che si trovi in Italia, in Giappone o negli Stati Uniti”.
“Abbiamo poi un’altra sfida”, dice Celia. “Essere pionieri e avere la migliore tecnologia non è sufficiente se questa immissione di innovazione sul mercato non è seguita da un adeguamento infrastrutturale“.
Immagine copertina di Edward Jenner https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-lavorando-professionale-laboratorio-4032060/