Prostata, effetto dei farmaci ormonali
Attualità

Prostata, effetto dei farmaci ormonali

24/06/2015
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Sono nove su dieci, oggi, gli uomini che superano il cancro alla prostata. La diagnosi precoce e mirata e i nuovi trattamenti combinati, che prevedono l’utilizzo di farmaci, chirurgia, radioterapia, hanno portato, dal 1995, a un miglioramento della sopravvivenza globale. Le cure sono sempre meno invasive. Molto utili sono le terapie ormonali di nuova generazione e il Radium 223, da affiancare alla chemioterapia, utili per i tumori più complessi da aggredire. Se il carcinoma è in fase avanzata, metastatico e resistente alla castrazione i nuovi farmaci, da affiancare alla chemioterapia, migliorano la sopravvivenza.

I farmaci ormonali

Ecco i farmaci ormonali. C’è l’abiraterone acetato, che inibisce gli ormoni in ogni sede di produzione, tumore compreso e blocca la produzione autonoma di testosterone da parte delle cellule prostatiche: toglie, in un’espressione, il carburante alle cellule. L’enzalutamide, invece, blocca i recettori cui il testosterone aderisce per essere trasportato all’interno della cellula fino al nucleo e al DNA: in questo modo, la crescita del tumore diminuisce. La molecola si assume una volta al giorno per via orale e in alcuni casi induce la morte delle cellule tumorali.

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Un farmaco che si incorpora nell’osso

Il Radium 223, un radio-farmaco, si incorpora nell’osso, nella sede delle metastasi scheletriche e libera radiazioni alfa, che uccidono le cellule tumorali. Il midollo osseo viene preservato e si riducono al minimo gli effetti collaterali sui tessuti sani. Si riduce il rischio di eventi scheletrici come le fratture patologiche.

Aspettativa di vita migliorata

Con le nuove tecniche e il male viene tenuto sotto controllo, si può cronicizzare. La sopravvivenza si prolunga, l’aspettativa della vita risulta quasi quintuplicata in pochi anni e la qualità della vita migliora. Le diagnosi sono trentaseimila l’anno. Tra i tumori diagnosticati, del resto, i tumori alla prostata sono il 20% a partire dai 50 anni. Oltre i 60, l’incidenza è maggiore. Nel 30-40% dei pazienti il carcinoma prostatico è indolente e cresce molto lentamente: non dà disturbi e non porta a morte. Che cosa si fa in questi casi? Si adotta la sorveglianza attiva. Il tumore viene tenuto sotto controllo e il trattamento avviene soltanto quando necessario. Si predispongono esami del sangue periodici con controllo del Psa, da attuare ogni tre mesi, visite cliniche con esplorazione rettale ogni sei mesi e biopsie di riclassificazione a uno, quattro, sette e dieci anni dalla diagnosi. Se queste prestazioni danno segnali, si procede a ulteriori esami.

Che fare per non incorrere nel tumore alla prostata?

Il consumo di tabacco può essere responsabile della malattia. Conviene, inoltre, tenere sotto controllo l’alimentazione: ottima è la dieta mediterranea, equilibrata e povera di grassi. L’abuso di alcool è controproducente. Posto che la malattia spesso non ha sintomi fino allo stadio avanzato, bisogna prevenire.

Fino a ieri, in Roma, se ne è parlato alla presenza di seicento esperti da tutta Italia, per il venticinquesimo congresso nazionale Siuro.

Isabella Lopardi ha lavorato come giornalista, traduttrice, correttrice di bozze, redattrice editoriale, editrice, libraia. Ha viaggiato e vissuto a L'Aquila, Roma, Milano. Ha una laurea magistrale con lode in Management e comunicazione d'impresa, è pubblicista e redattore editoriale. E' preside del corso di giornalismo della Pareto University.

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