Test sierologici: a che cosa servono e perché sono importanti

Test sierologici: a che cosa servono e perché sono importanti

Dimentichiamoci i test di ingresso di una volta: ora per “tornare” in un’azienda o in una fabbrica serve quello sierologico. È questo l’appello annunciato alle istituzioni dall’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini immunologici (Waidid).

“Nell’ottica della riapertura delle attività produttive sarebbe stato necessario, nelle ormai 6 settimane di chiusura, pianificare la ripresa definendo i controlli sanitari reali e concreti da effettuare ai lavoratori” , dichiara Susanna Esposito, presidente WAidid e Ordinario di Pediatria all’Università di Parma. “Per avviare la fase 2 sarebbe stato fondamentale pianificare una strategia di ripresa che tutelasse concretamente la popolazione”

A cosa servono i test sierologici

I test sierologici servono a individuare i soggetti che sono entrati in contatto con il virus, costituendo uno strumento nella pianificazione post lockdown. Hanno una sensibilità e specificità che varia dall’85% al 98%, risultano di fondamentale importanza per tracciare anche i positivi asintomatici che, inconsapevolmente, contribuiscono a rendere l’epidemia inarrestabile.

Non si può affermare, così come avvenuto a lungo per i tamponi diagnostici e per le mascherine, che non servano o che addirittura test approvati dalle autorità regolatorie di Europa e Stati Uniti non siano affidabili, lasciando la popolazione libera di circolare affidandosi esclusivamente al distanziamento fisico”, continua Esposito. “Non bastano buonsenso e rispetto delle regole, ma per vincere questa lotta servono gli strumenti messi a disposizione dalla scienza, inclusi gli studi di siero-prevalenza”.

Perchè fare i test sierologici ai dipendenti

La richiesta va nella direzione di riprendere quanto prima le attività produttive contenendo la curva del contagio da Covid-19 attraverso l’indagine sulla presenza di anticorpi specifici, nonché l’identificazione precoce dei positivi asintomatici, che gli studi di siero-prevalenza consentono di ottenere.

“Ad oggi il R0, ovvero il tasso di contagiosità, è basso (<1) perché la popolazione è stata invitata a stare a casa e uscire solo in caso di necessità”, aggiunge Esposito. “Nel momento in cui le persone ricominciano a circolare, il R0 è destinato inevitabilmente a incrementare a seconda del livello di immunità e della densità della popolazione e, quindi, a far subire un’impennata alla curva dei contagi. L’unico modo per evitare che questo accada è quello di effettuare su larga scala test sierologici almeno su quei soggetti che riprenderanno a svolgere le proprie attività all’interno dei luoghi di lavoro, dove non sempre è semplice rispettare il distanziamento sociale. Un conto è dichiarare che il Sistema Sanitario Nazionale non può farsi carico di sostenere le spese per la sierologia di tutti i lavoratori, un altro è affermare che non serva o che sia addirittura sbagliato effettuare valutazioni di siero-prevalenza”.

Non tutti i test sierologici sono uguali

Sono due le tipologie di test sierologici esistenti. Ci sono quelli rapidi, effettuati su una goccia di sangue ottenuta attraverso la digitopuntura, che stabiliscono se un soggetto abbia prodotto o meno anticorpi e, quindi, se sia entrato in contatto con il virus. E poi ci sono quelli quantitativi, effettuati su una provetta di sangue ottenuta con prelievo venoso, che dosano le quantità di anticorpi prodotti e che sono utili per avere indicazioni presuntive sul grado di protezione immunitaria dei già infettati a fronte di una nuova ondata. In entrambi i casi, l’obiettivo è quello di verificare la presenza di anticorpi IgM e/o IgG contro il SARS-CoV-2.

Cosa rivela il risultato

Se a esser rilevate sono le IgM significa che l’infezione è recente e in corso, dal momento che si tratta di anticorpi che si manifestano dopo 5-7 giorni dalla sua insorgenza. Nel secondo caso, gli anticorpi IgG compaiono dopo circa 14 giorni e permangono a lungo anche quando il paziente è guarito, conferendo uno stato di immunità al soggetto.

In caso di positività delle IgM e/o delle IgG contro il SARS-CoV-2 attualmente è raccomandata l’esecuzione del tampone naso-faringeo per la ricerca del virus, così da escludere che il soggetto positivo sia un portatore asintomatico.

Al momento non è possibile stabilire quanto duri l’immunità e quale sia il livello minimo anticorpale che può essere considerato protettivo.

About Rita Tosi

Manager della comunicazione, che da circa 20 anni si occupa di di tecniche di relazioni e sviluppo strategico per aziende e privati che cercano visibilità. Dopo un necessario passaggio (e sosta) nelle principali agenzie di comunicazioni internazionali (Edelman, Gruppo Publicis e Hill&Knowlton) con ruoli apicali, continua a creare eventi e rafforzare il proprio know-how attraverso l'attività in proprio. Allena la sua capacità organizzativa, gestionale e di relazione anche in famiglia, con 1 marito, 3 figli, 1 cane, 4 tartarughe, 4 pesci rossi, 1 geco e un terrazzo.

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