Hikikomori: si tratta di un nuovo disagio che riguarda i giovani, sempre più noto e diffuso. Ma quali sono i loro comportamenti? Si chiudono in casa e smettono di frequentare gli amici, la scuola, e vivono di notte. La loro occupazione sono i videogiochi e altre attività solitarie.
Hikikomori: che cosa significa?
“Hikikomori” è un termine giapponese: significa letteralmente “stare in disparte”. Si utilizza riferendosi ad adolescenti e giovani adulti che decidono di isolarsi dalla società, vivendo nella solitudine della propria stanza.
Abbiamo detto che si tratta di un fenomeno che riguarda persone ritirate o disinteressate a interagire con gli altri: per questa ragione esso tende a rimanere invisibile al mondo esterno e, nonostante la sua grande diffusione, è ancora poco conosciuto.
Hikikomori: autoreclusione
L’autoreclusione volontaria degli hikikomori, se non affrontata, può durare anche molti anni e compromettere in modo irreversibile la vita dell’individuo. Come è noto, si tratta di un fenomeno sociale nuovo: le famiglie e le istituzioni si trovano impreparate, in parte per la carenza di informazione tra il personale. Ma quel che spicca sul contesto è la necessità di comunicare con un ragazzo refrattario a contatti con l’esterno.
È importante, dunque, che le istituzioni comincino a considerare con attenzione il problema e si dotino degli strumenti per fronteggiarlo.
Come si riconosce un Hikikomori
L’insorgenza delle manifestazioni di ritiro sociale avviene generalmente nel periodo della preadolescenza, dell’adolescenza o della prima età adulta. In alcuni rari casi, può insorgere anche in età avanzata.
Il ritiro sociale può essere più o meno intenso, a partire da sporadici rifiuti a partecipare a eventi mondani, assenze scolastiche saltuarie, fino a forme di isolamento sempre più severe e totalizzanti.
Hikikomori e Neet
Il fenomeno Hikikomori è diverso dal fenomeno dei Neet (che indica persone non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione), in quanto è caratterizzato l’allontanamento progressivo dalla società. Parliamo di una forma di autoreclusione volontaria caratterizzata dal disinvestimento per le relazioni interpersonali e da un circolo vizioso di progressivo isolamento.
Hikikomori: campanelli d’allarme
Seguono i campanelli d’allarme.
– Ritiro scolastico
– Disinteresse per quanto concerne le interazioni reali, specialmente con i coetanei
– Inversione del ritmo sonnoveglia
– Auto-confinamento nella propria camera da letto
– Preferenza per attività solitarie (di solito legate alle nuove tecnologie), spesso anche giochi online.
Hikikomori: i soggetti colpiti
L’Hikikomori colpisce soggetti di entrambi i sessi, con particolare incidenza su quello maschile. Ha diversi livelli di gravità ed è caratterizzato da un processo graduale, che può portare più o meno rapidamente all’isolamento totale. L’isolamento può durare alcuni mesi o diversi anni, e generalmente non si risolve spontaneamente.
Concause dell’Hikikomori
Non è stata identificata una relazione causa effetto riguardante l’Hikikomori, che è il risultato di una serie di concause caratteriali, sociali e familiari. Tuttavia ogni caso è profondamente diverso ed è difficile stabilire quale di questi tre aspetti incida maggiormente sulla scelta dell’isolamento.
Non bisogna demonizzare gli Hikikomori: sono nella maggior parte dei casi persone molto acute, profonde e introspettive, con una grande sensibilità nei confronti della vita. Hanno una lucidità e uno sviluppo cognitivo normale, se non addirittura sopra la media. Si trovano, tuttavia, in difficoltà nel sostenere e rielaborare episodi di esclusione o derisione da parte dei coetanei, a fronte dei quali sviluppano reazioni ingovernabili di ansia e panico. Ne consegue la difficoltà nell’instaurare relazioni sociali soddisfacenti e gratificanti.
Durata del fenomeno
Non esiste un tempo limite. L’Hikikomori non è una fase dell’esistenza, ma una modalità fortemente interiorizzata di fronteggiare e interpretare la realtà circostante. Se non affrontato in maniera adeguata, potenzialmente il ritiro sociale può durare anche tutta la vita.
Non si tratta di malati mentali
Gli Hikikomori hanno sviluppato una visione molto dolorosa degli effetti delle relazioni umane sul proprio benessere, ragione per la quale associano a qualsiasi pratica di vita svolta all’esterno esperienze vissute come particolarmente negative. Il loro isolamento non origina da una psicopatologia, ma da una visione negativa della realtà circostante.
Considerare l’Hikikomori come un “malato mentale” significa banalizzare, in presenza di un disagio che ha radici profonde e complesse.
Alcune recenti ricerche scientifiche hanno, inoltre, stabilito l’esistenza di un “Hikikomori primario”: è una condizione di isolamento sociale che non deriva da nessuna psicopatologia pregressa.
Il Giappone è un Paese nel quale il fenomeno è molto più diffuso e aggressivo rispetto all’Italia. Là il governo ha stabilito con un documento ufficiale che “l’hikikomori non deve essere considerato una malattia”.
Hikikomori: non sono fannulloni
Il pregiudizio più comune è che gli Hikikomori siano pigri. C’è chi suppone che essi si isolino per poter evitare la fatica dello studio o del lavoro e dedicarsi a attività ludiche. L’assunzione è completamente errata: i soggetti hikikomori sarebbero perfettamente in grado di affrontare gli impegni scolastici e lavorativi se non fossero scoraggiati dalle loro esperienze negative con le relazioni sociali e non si sentissero schiacciati dalle eccessive pressioni di realizzazione sociale, trasmesse dalla società o dagli adulti rilevanti. Si riscontra una grande paura di fondo, nel doversi confrontare con gli altri. Scherno, risa, commenti, o anche soltanto semplici sguardi che possano farli sentire giudicati, sono causa di grande vergogna e malessere.
Hikikomori ed educazione permissiva
Spesso si presume che i genitori del soggetto ritirato non siano in grado di garantire una buona educazione ai figli e non sappiano istituire un modello di regole chiare che indichino al giovane il corretto comportamento sociale, i doveri e le responsabilità. Ma la letteratura in merito al fenomeno parla chiaro: si rileva che l’educazione permissiva non si riscontra con regolarità nei soggetti colpiti dal fenomeno e, soprattutto, non con una incidenza maggiore rispetto ad altre problematiche.
Hikikomori: non bisogna punire o costringere
L’isolamento di un hikikomori non è mai frutto di una causa di forza maggiore, ma è una scelta conscia e fortemente interiorizzata, dovuta a un vissuto di esperienze sociali e relazionali particolarmente negative. Usando le maniere forti su questi ragazzi si ottiene solamente ulteriore contrasto e chiusura. Bisogna invece mostrarsi comprensivi nei loro confronti. L’idea giusta è cercare sempre il dialogo, provando ad aiutarli a migliorare la visione profondamente negativa che hanno sviluppato nei confronti delle relazioni e della società.
Hikikomori: interrompere internet non serve
Hikikomori e dipendenza da internet sono due condizioni molto diverse. Chiediamoci quale sia la realtà dalla quale questi ragazzi fuggono: è quella del confronto sociale e del connesso rischio di mortificazione e vergogna.
Tale stato di isolamento autoimposto spinge lHhikikomori a cercare rifugio nella rete. Essa è utilizzata come unico mezzo di contatto con il mondo esterno. L’eventuale abuso di internet è, dunque, una conseguenza dell’isolamento e non una causa scatenante. Impedire loro di usare la rete è un errore: significa condannarli a un isolamento totale.
Propensione al suicidio
La condizione del ritiro sociale volontario non è necessariamente un fattore di rischio per la propensione al suicidio. Può trattarsi invece di una difesa, messa in atto dal ragazzo per allontanare pensieri di autodistruzione. Tuttavia il ritiro volontario, se prolungato e non riconosciuto e affrontato può consolidarsi e portare a conseguenze di tipo psicopatologico. Per questi motivi è necessario fare informazione corretta presso famiglie, operatori, istituzioni e riconoscere il fenomeno sin dai suoi esordi. In tal modo si può intervenire e abbassare il livello di pressione e di conflittualità.
Hikikomori: un’associazione di genitori
L’Associazione Hikikomori Italia Genitori è nata nel giugno 2017 nell’ambito del progetto Hikikomori Italia. Raccoglie (e accoglie) oggi già molte centinaia di famiglie in tutto lo Stivale. In due anni ha attivato iniziative al fine di fronteggiare il ritiro sociale. Organizza per gli associati incontri gratuiti di supporto per genitori in presenza di uno psicologo, in tutte le località italiane. Moltissimi casi di associati testimoniano che il tipo di approccio di buone prassi adottato dall’associazione sta ottenendo risultati incoraggianti nel miglioramento della comunicazione tra ragazzi e genitori e nel graduale riavvicinamento dei ragazzi alla società. E’ stato sottoscritto e avviato con l’Ufficio scolastico regionale e la Regione Piemonte un protocollo di intesa per fronteggiare il fenomeno. L’associazione partecipa ad un tavolo tecnico voluto dal Miur, per la redazione di linee guida per le scuole di secondo grado.