Social e solitudine: come appare chiaro, ci troviamo in una società sempre più digitalizzata. I genitori sono sempre più anziani (e spesso separati). Internet finisce per assumere il ruolo del maestro-genitore, anche nella sfera sessuale. I giovani si sentono sempre più soli e meno preparati ad affrontare con serenità la propria crescita e le relazioni interpersonali.
Social e solitudine: il progetto DigitPro
Il progetto DigitPro (il disagio giovanile e la sua prevenzione) è stato sviluppato dalla Fondazione Foresta onlus. Queste le parole del professor Carlo Foresta: “Si tratta di dati

raccolti nella popolazione studentesca negli anni 2017-2018 in diverse città d’Italia (Padova, Lecce, Napoli, Bari, Taranto). Abbiamo raccolto in questo periodo questionari anonimi somministrati a più di diecimila studenti dell’ultimo anno delle superiori. I dati permettono di fotografare con una certa precisione i comportamenti, le abitudini e le problematiche dei giovani italiani”.
Social e solitudine: i questionari
Emergono dall’analisi dei questionari le diverse espressioni del disagio giovanile. Eccone la sintesi.
1. La frequente sensazione di solitudine descritta dai giovani, soprattutto dalle ragazze (36% nei maschi e 62% nelle ragazze)
2. Frequente ricorso all’assunzione di farmaci ansiolitici e antidepressivi (7% dei ragazzi e 13% delle ragazze)
3. Il continuo ricorso ad internet per socializzare, per informazioni sulla sessualità e per sex addiction
4. Disturbi della sessualità, molto più frequenti nei ragazzi (26% dei ragazzi e 7% delle ragazze)
5. Problematiche di disforie di genere (2,3%)
6. Manifestazioni di autolesionismo, soprattutto nelle ragazze (7% dei maschi e 20% delle ragazze)
Social e solitudine: disagio diffuso
Tutti questi comportamenti possono essere intesi come diverse forme di espressione di un diffuso disagio vissuto dai giovani. Ecco ciò che causa il frequente ricorso ad ansiolitici ed antidepressivi, ai quali si affidano soprattutto le ragazze (13%).
Ma da che cosa deriva la sensazione diffusa di solitudine? Oltre che da una imperante diffusione della società virtuale, essa è causata anche da una netta trasformazione della famiglia, caratterizzata da figli molto spesso unici (15%), genitori separati (14%) e in ogni caso impegnati in attività lavorative.
Social e solitudine: autolesionismo
Si determinano reazioni incontrollate. La profondità del disagio emerge dalla risposta alla domanda: “Ti è mai capitato di praticare volontariamente tagli o ferite o altre lesioni sul tuo corpo?”. Il 7% dei ragazzi, ma soprattutto il 20% delle ragazze, ha ammesso di aver avuto esperienze di autolesionismo. Qual è la natura di questa forma di violenza su se stessi? Si tratta di un tentativo di distogliere, con il dolore, una sofferenza emotiva che non si riesce a gestire e sopportare. In alcuni casi si crea una forte dipendenza, simile a quella creata da una sostanza stupefacente.
Social e solitudine: figure di riferimento assenti
Data la mancanza di figure di riferimento, si ricorre alle figure multimediali, alle quali i giovani si rivolgono per socializzare, acquisire informazioni, scoprire la sessualità e spesso praticarla in forma virtuale.
Social e solitudine: sessualità al tempo di internet
Sono soprattutto i ragazzi a esprimere la sessualità in internet (44%). I più accaniti riconoscono come conseguenza di queste frequenti esperienze una dipendenza (18%): essa sfocia in una incapacità nella ricerca di una sessualità reale, in una riduzione del desiderio e in alcuni casi in disturbi della sessualità più complessi (26%).
Social e solitudine: disforie di genere
Un altro dato confermato dai questionari è la frequente problematica riferita alle disforie di genere. Circa il 2,5% degli intervistati si definisce transgender o gender-fluid, a fronte di medie internazionali, che oscillano invece tra lo 0,4 e 1,3%. Da che cosa dipendono le differenze? Probabilmente dalla specifica fascia di età presa in considerazione e alla modalità di raccolta del dato: esso usualmente viene raccolto da centri specializzati in queste problematiche e non tra la popolazione generale dei giovani. Bisogna precisare inoltre che lo studio non ha riscontrato per questo aspetto differenze sostanziali su scala regionale. Sullo Stivale, secondo recenti dati del Centro di Medicina di genere dell’Istituto Superiore di Sanità, a oggi le persone transgender sono stimate essere circa 400.000. Infine, per quanto concerne i giovani che vivono queste problematiche nel relazionarsi con la famiglia e con la società, dai questionari emerge un’importante complessità. Il coming-out è ritenuto ancora un percorso doloroso e complesso. Si sente la mancanza di un riferimento per trovare risposte adeguate alla comprensione del fenomeno. L’obiettivo è seguire tutti i percorsi tali da aiutare a superare i pregiudizi e a indicare gli interventi sanitari adeguati al problema.