Olimpiadi: come trasformare il sogno in realtà
Quali attributi rendono un atleta degno di partecipare alle Olimpiadi?
Cosa distingue un buon atleta, da uno che eccelle al punto da partecipare alla massima competizione sportiva?
Si potrebbe erroneamente pensare che un atleta professionista sia abile solo nel compiere un gesto sportivo. Ma, per aspirare alle Olimpiadi, manca una tessera del puzzle: la mente.
L’atleta olimpico deve conoscere se stesso, deve saper superare gli infortuni, le delusioni della vita privata, non deve lasciare che questi aspetti influenzino la sua performance.
Sarebbe opportuno credere, quindi, che l’atleta meritevole di partecipare alle Olimpiadi sia un campione, oltre che nel proprio sport, prima ancora, nella vita.
L’atleta modello, infatti, deve saper cogliere l’hic et nunc (qui e ora) con lungimiranza.
Proprio come uno scalatore che, concentrandosi su ogni singolo passo, può, una volta arrivato alla vetta, godere dello splendore del percorso fatto.
Quando e dove nascono le Olimpiadi
Le Olimpiadi nacquero in Grecia nel 776 a.C., più precisamente nella città sacra di Olimpia. Furono celebrate per 4 secoli consecutivi, ogni 4 anni, e la loro importanza era bivalente. Da un lato avevano funzione religiosa, in quanto celebravano Zeus e, inoltre, costituivano una sorta di “tregua sacra” poichè, durante la celebrazione dei Giochi, i conflitti bellici erano sospesi.
La ripresa di questa tradizione si deve al barone Pierre de Coubertin, il quale decise di riproporre i valori sportivi, di fratellanza e pace dei Giochi olimpici. Così ripresero in Grecia, più precisamente ad Atene, nel 1896.
Ed è proprio questo il messaggio più importante. È celebre il motto olimpico “Citius, Altius, Fortius“, che dal latino si può tradurre in “Più veloce, più alto, più forte”, ma le Olimpiadi sono ben più di una semplice competizione sportiva.
Gli ideali di fratellanza e pace, ovvero il cosiddetto “spirito olimpico“, sono ancora oggi la base di questo evento internazionale. Il simbolo stesso delle Olimpiadi raffigura 5 cerchi intrecciati tra loro, ognuno di un colore diverso per rappresentare i continenti del mondo e, di conseguenza, l’uguaglianza e la fratellanza unite in una sana competizione.
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“Le Olimpiadi rappresentano un sogno per molti atleti. Sono il massimo della loro aspirazione, l’apice della loro carriera”, afferma Matteo Simone, psicologo e psicoterapeuta, nel suo libro “Sogni olimpici”.
“Non è difficile pensare al fatto che partecipare alla massima competizione nel proprio settore, confrontandosi con atleti di tutto il mondo, sia l’obiettivo di molti”, continua Simone.
Non bisogna dimenticare che si tratta comunque di una gara, ed è per questo motivo che molti atleti, raggiunti determinati livelli, vogliano puntare a diventare “i migliori al mondo”.
E con questo non si parla per forza della vittoria. La sola partecipazione può coronare la carriera di un atleta, dando un senso ai suoi sacrifici, ai suoi allenamenti, al suo talento.
Da che età e fino a quanti anni si può ambire ai Giochi olimpici
“Prima si sogna e meglio è. Lavorando duramente nel tempo per raggiungere l’eccellenza, sbagliando e sperimentando sconfitte da piccoli ma continuando a migliorarsi, con squadre e famiglie a supporto”, commenta il Dott. Simone.
È risaputo che lo sport veicoli dei valori da apprezzare: dedizione, perseveranza, rispetto, onestà e osservanza delle regole, disciplina, sacrificio.
Per questo motivo è importante iniziare fin da piccoli a praticare sport e, perchè no, come suggerisce il Dott. Simone, anche a sognare le Olimpiadi.
“Già dai 10 anni, se il talento è accompagnato dall’allenamento e dalla volontà di migliorarsi sempre, non è sbagliato ambire ai Giochi“, continua Simone.
Inoltre, se si inizia da piccoli, il ruolo della squadra e della famiglia risulta fondamentale. Perchè, oltre al sacrificio e alla perseveranza che il giovane deve sperimentare da solo, se correttamente supportato, impara a essere apprezzato per il suo impegno, e non tanto per il risultato.
Per alcuni sport, soprattutto quelli di endurance come la maratona, ovvero competizioni podistiche di resistenza con molti chilometri da percorrere, si può continuare a sognare per molto tempo. “Sicuramente anche dopo i 40 anni si può puntare alle Olimpiadi”, Simone non ha dubbi a riguardo.
Talento vs stato mentale
“Il talento è, senza dubbio, la base da cui partire. Ma da solo non basta, servono altri ingredienti quali: passione, costanza, dedizione“, spiega Simone. “Il lavoro mentale serve, invece, a reggere la pressione, a elaborare sensazioni ed emozioni, a riprendersi da infortuni e sconfitte e, infine, per trovare la giusta concentrazione“, continua lo Psicologo.
È chiaro, quindi, che il profilo del “buon atleta” debba possedere entrambi questi elementi. Tuttavia, per ciò che siamo abituati a pensare, sembra che il talento sia qualcosa con cui si nasce. E forse lo stesso si può credere del corretto stato mentale. Ma forse non è così. Il Dott. Simone, attraverso le sue risposte, ci spiega che trovare il giusto stato mentale non è semplice e mantenerlo è ancora più complesso.
Superare il ricordo di un infortunio, le incomprensioni con un allenatore, un brutto momento con il partner. Tutte queste condizioni rischiano di minare la performance sportiva.
“Ed è per questo che, un atleta professionista, deve dedicare gran parte del suo allenamento, oltre che al corpo, anche alla propria mente“, prosegue Simone.
Si può allenare la mente come il corpo?
L’atleta che aspira alle Olimpiadi è in grado di ripetere in maniera eccellente movimenti muscolari e articolari. Ma gran parte dell’allenamento fisico, è anche mentale. Potrebbe apparire un controsenso, ma non è così.
“Gli atleti compiono simulazioni mentali della performance sportiva, rievocano le sollecitazioni a cui il corpo è sottoposto durante la gara attraverso esercizi immaginativi“, spiega Simone.
Anche l’ansia e lo stress sono fattori da considerare per evitare che compromettano la prestazione sportiva.
“È fondamentale praticare esercizi di respirazione addominale e diaframmatica per contrastare lo stress a cui la competizione sportiva sottopone”, continua Simone.
L’allenamento del futuro atleta olimpico richiede, quindi, attenzione sia verso il corpo, ma ancor più per la propria mente.
Quanto è importante uno psicologo per un atleta
“La vita di un atleta non è semplice. Come tutte le persone può attraversare momenti difficili nella sua vita privata”, spiega lo Psicologo. Tuttavia, queste esperienze negative possono influenzare notevolmente il rendimento sportivo.
Inoltre, il percorso di un atleta è costellato di insuccessi, delusioni, obiettivi non raggiunti e, talvolta, anche infortuni.
Anche la scelta di una squadra, di un allenatore o di una società, può scatenare dubbi e perplessità.
“È fondamentale che un atleta, specialmente ad alti livelli, sia affiancato da uno psicologo“, prosegue Simone.
Lo psicologo, per Simone, agisce principalmente su due fronti. In primo luogo aiuta l’atleta a superare momenti difficili, a uscire dalle crisi e a non lasciare che le emozioni prendano il sopravvento.
In secondo luogo, invece, aiuta lo sportivo a tirare fuori il suo potenziale e a rivivere precedenti esperienze di successo. Inoltre, collabora con l’atleta per fissare i giusti obiettivi e lo aiuta a riconoscere e a saper gestire la condizione di flow. Questo concetto è stato introdotto nell’ambito sportivo intorno agli anni ’70 e indica il livello ottimale di attivazione psicofisiologica. In parole povere, in questo stato, mente e corpo sono in grado di esprimere il loro massimo potenziale.
Alcuni metodi usati dagli psicologi dello sport
- Il metodo EMDR, acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing. Questo approccio psicoterapeutico considera alcune patologie come derivanti da esperienze stressanti passate. Queste, immagazzinandosi in maniera nociva nella memoria, generano il problema a livello mentale. L’obiettivo dello psicologo è quello di lasciare che l’atleta recuperare tali immagini, ricordi, sensazioni, aiutandolo poi a rielaborarli. Così facendo il ricordo perde la sua carica negativa e, attraverso un cambio di prospettiva, l’atleta non ne risulta più condizionato.
- L’ipnosi ericksoniana, che deriva dall’omonimo psichiatra Milton Erickson. Questo metodo si applica portando l’atleta a immaginarsi trionfare in gara, attraverso la rievocazione di suoi precedenti successi sportivi e le emozioni annesse. Sperimentando questo scenario futuro, sul piano inconscio, potrà sentirsi più libero di vincere poichè avrà già provato quella situazione. Questo metodo permette allo sportivo di raggiungere la peak performance, ovvero di esprimersi al di sopra del suo potenziale standard.
- Il metodo della sedia vuota, citato nel libro di Matteo Simone. L’atleta viene invitato a sedersi e a rivolgersi a se stesso, o a una persona a suo piacere, che colloca con l’immaginazione su di una sedia vuota davanti a lui. A questa cercherà di porre domande circa la sua prestazione futura, cosa lo ha portato a eccellere o cosa è andato storto. Nel passaggio successivo l’atleta si cala nei panni di colui che aveva immaginato seduto davanti a lui, e cerca, con empatia, di trovare delle risposte. Questo metodo aiuta lo sportivo a organizzarsi e a prepararsi per affrontare gli scenari futuri.
Cosa c’è dietro al doping
È fatto noto che, purtroppo, alcuni atleti nella storia delle Olimpiadi abbiano fatto ricorso al doping.
Ma dietro questa forma illegale di sotterfugio, si cela una carenza fisica o mentale?
“Gli atleti che ricorrono al doping non hanno abbastanza fiducia in se stessi e la pazienza necessaria per lavorare duramente. Vogliono ottenere tutto e subito e, in definitiva, si potrebbe dire che sono deboli mentalmente”, Simone non ha dubbi su questo.
La mancanza di motivazione, insieme all’esigenza di primeggiare sempre che rende schiavi, porta alcuni sportivi a sopperire usando sostanze illecite.
Qual è, invece, il profilo del buon atleta?
“L’atleta forte mentalmente sa rispettare i propri limiti, se stesso e gli altri. Sa chiedere aiuto ad allenatori, medici e psicologi. Inoltre, investe su se stesso prima ancora che nello sport e sa che chi gli vuole bene lo apprezza per la persona che è, e non per il suo risultato sportivo“, conclude Simone.
Ennesima dimostrazione di quanto la mente giochi un ruolo fondamentale per un atleta di alto livello.
Foto di Anthony: https://www.pexels.com/it-it/foto/blocco-di-cemento-grigio-olimpiadi-133325/