Lorenzo Licalzi, un ottantenne on the road
A Lorenzo Licalzi, scrittore genovese di formazione psicologo, spetta la paternità di uno degli ormai numerosi romanzi legati al tema della vecchiaia, “L’ultima settimana di settembre”.
Sarà che la durata media della vita si è allungata, che i media prevedono per i giovani un futuro minaccioso, in cui dovranno mantenere col loro lavoro una pletora di arzilli vecchietti, sarà che è mutato il concetto stesso di senescenza, ma è ormai fuor di dubbio che proprio quest’ultima abbia maturato un fascino particolare per gli scrittori, che non esitano a farne il tema portante della loro narrazione.
Lorenzo Licalzi, che ha fondato e diretto una casa di riposo per poi dedicarsi solo alla scrittura, non si è sottratto a questa malia e ha dato vita, nel suo romanzo, al personaggio di un esilarante ottantenne, Pietro Rinaldi, scrittore ormai a riposo da un ventennio, cinico se non addirittura velenoso nei confronti del mondo e dell’ umanità intera.
Gli è stata concessa in dono una vita appagante, condivisa con la moglie Sara morta da alcuni anni, di cui ormai si è stancato, per cui ha deciso di organizzare il proprio suicidio nel giorno del suo ottantesimo compleanno, il 22 settembre 2008, per aggirare la decadenza fisica e psicologica che lo terrorizza.
In fondo, “la vita è crudele, l’unica fortuna che hai è quella di accorgertene tardi e così, se proprio non sei un imbecille, riesci ogni tanto ad essere felice”.
Scritte le sue ultime parole, stabilito che la sua dipartita avverrà mediante un’overdose di farmaci insieme all’assunzione di alcool, consumata l’ultima brioche alla crema con un cappuccino ben zuccherato ( che importanza può avere, ormai, il tasso di glicemia?), Pietro si prepara a congedarsi dal mondo e dalla esecrata festa di compleanno organizzata da sua figlia Roberta.
Lorenzo Licalzi, l’imprevisto come scarto dall’ordinarietà
Ateo e beffardo nei confronti di Dio, che immagina permaloso e intollerante con i suicidi, Pietro Rinaldi incappa in un imprevisto che gli rimescola le carte in tavola: sua figlia Roberta gli chiede di occuparsi per qualche giorno di Diego, il nipote quindicenne , poiché lei ed il marito devono recarsi a Parigi alle esequie della di lui madre, morta all’improvviso.
Lo sconcerto iniziale ,che Lorenzo Licalzi concretizza in un serrato dialogo con la figlia, viene forzatamente superato e Pietro si trova a doversi trasferire a casa loro, rimandando così il suo programma, per badare a Diego e a Sid, il suo mastodontico cane.
Ma non è ancora finita, Roberta e il marito sono vittime di un drammatico incidente stradale in Francia nel quale entrambi perdono la vita.
Pietro e Diego, reciprocamente sconosciuti, si trovano a dover gestire una solitudine che li accomuna nel dolore e crea contemporaneamente la necessità di trovare in tempi brevi una soluzione.
Pietro Rinaldi non ha dubbi: a Roma vive uno zio di Diego, Marcello,fratello del padre con cui aveva interrotto ogni rapporto molti anni prima, sarà lui a prendersi cura del nipote, essendo tra le altre cose anche benestante. In questo modo il suicidio è soltanto rimandato, dopo aver accompagnato il nipote a Roma tornerà a Genova e lo metterà in atto.
La vicenda è raccontata da Lorenzo Licalzi assumendo una focalizzazione interna per consentire al lettore l’identificazione coi pensieri di Pietro, che fanno da contraltare alle sue parole, spesso provocatorie e apparentemente prive di senso per i suoi interlocutori, ma perfettamente integrate nella sua logica di pensiero.
Diego tende a nascondere in sé il dolore per la perdita dei genitori, sembra diventato indifferente al mondo, interessato soltanto a Sid, incapace di parlare e piangere per l’enormità del suo soffrire.
Tre giorni di silenzio e di chiusura, poi i funerali e infine la decisione: il ragazzo andrà a Roma a vivere con gli zii, insieme al suo cane, cosa ci sta a fare un quindicenne con un ottantenne che per di più ha deciso di non voler attraversare ulteriormente la crudeltà della vita?
Su pressione di Diego Pietro rispolvera la sua vecchia Citroen DS21 decappottabile e il viaggio ha inizio, lontano dall’autostrada che il nonno aborre, regalando ai due viaggiatori un tempo per scoprirsi e conoscersi che mai avevano avuto a disposizione.
Speranza in una nuova cura per piante e animali: no a pesticidi e farmaci
Vorreste che la cura e la salute dei vostri animali domestici non dipendessero solo ed esclusivamente dall'uso …Lorenzo Licalzi, il viaggio come metafora della conoscenza di sé e degli altri
Speranza in una nuova cura per piante e animali: no a pesticidi e farmaci
Mentre la vecchia automobile macina chilometri i suoi tre occupanti sciolgono lentamente le loro insofferenze reciproche, Pietro scopre un nipote col quale aveva trascorso pochissimo tempo, praticamente nullo dopo la morte della nonna, mentre Diego cerca di forare la corazza ostile del nonno, indispettito per aver dovuto rimandare il suo progetto e conscio di non essersi mai interessato di lui, un acerbo bozzolo pronto a diventare farfalla.
Il tempo lungo a loro disposizione gioca a loro favore, per cui si fermano a dormire a Porto Venere, da Cesare e Teresa, da cui per anni e anni avevano affittato un appartamentino per le vacanze estive, raccolgono un autostoppista in Toscana che si rivela essere un lettore attento dei libri pubblicati da Rinaldi e quasi non si capacita della fortuna che ha avuto, tanto da invitarli a fermarsi per la notte a Bracciano, dove lui è diretto, a casa di amici.
Pietro ha modo di riflettere a lungo mentre cerca di elaborare il dolore bruciante per la morte di Roberta, faticando a convivere con l’ottantenne arido, monotematico e ripetitivo, cristallizzato nella proprie abitudini, incapace di emozionarsi e pieno di rimpianti che solo cinque giorni prima stava per suicidarsi.
L’arrivo a Roma coincide con il momento del loro distacco, Diego appare rassegnato alla nuova vita, con zii e cugine che non ha mai neppure visto, per motivi di cui solo in questa circostanza Pietro verrà a conoscenza, ma dopo il viaggio in lui, ma soprattutto nel nonno, qualcosa è cambiato in modo così profondo e sostanziale da ribaltare le prospettive.
Uno scontato lieto fine, dunque? No, è il recupero di due vite che attraverso una sofferenza condivisa si sono legate in modo empatico, hanno capito di voler scorrere sullo stesso binario, nonostante le inevitabili difficoltà generate dalla differenza di età.
Il nonno ha adesso un motivo per vivere, per accantonare in modo definitivo l’idea dell’uscita di scena, il nipote sa di avere in lui uno scudo protettivo, si prepara alla vita da adulto che lo aspetta, visto che ha dovuto crescere troppo in fretta, da un giorno all’altro, e il tempo che essi hanno da trascorrere insieme è il regalo più grande che la vita ha fatto loro.
Non sarà per molto, ma sarà infinitamente più del niente che avevano avuto per quindici anni.
AUTORE : Lorenzo Licalzi
TITOLO : L’ultima settimana di settembre
EDITORE : Rizzoli
PAGG. 301, EURO 18,00