“Per essere davvero liberi bisogna essere consci dei limiti della propria libertà” : con queste parole Marco Malvaldi definisce il senso più profondo del suo ultimo romanzo, “Vento in scatola”.
«Il peggior carcere che si possa immaginare è il deserto, un qualcosa privo di qualsiasi possibilità di interazione».
Per capire se la realtà è davvero questa, l’autore ha tenuto un corso di scrittura all’interno del carcere di Pisa, offrendo una possibilità di imparare qualcosa di nuovo sia agli ospiti forzati che a se stesso.
Da anni ormai, grazie anche alla visione progressista di alcuni Direttori, le porte delle carceri si sono aperte agli scrittori, che portano all’interno la loro esperienza e la loro creatività, e a gente di teatro, che coinvolge i detenuti in un laboratorio teatrale di lunga durata, che si conclude con una rappresentazione finale su un palco fittizio ma con un pubblico esterno vero (un fiore all’occhiello di quest’ultima attività è costituito dal gruppo in continuo avvicendamento interno alla casa di reclusione “Rodolfo Morandi” di Saluzzo).
Una volta varcato il cancello è difficile sottrarsi al melting pot di sensazioni che accompagnano i visitatori: timore, a volte paura, ansia, forse com-passione, tutto tranne indifferenza.
Il carcere è un mondo a sé, un non-luogo che non ha nulla a che fare con il paese dell’Utopia, dove il tempo si dilata enormemente e l’umanità è varia e composita, con infinite sfumature caratterizzanti.
L’esperienza in carcere di Marco Malvaldi
Anche Marco Malvaldi è stato colpito dal contesto carcerario, al punto da decidere di trasporre in un romanzo una delle tante vicende conosciute al suo interno, in quanto vissuta da un partecipante al suo corso.
E’ nato così, dal vissuto di Glay Ghammouri, un detenuto tunisino con una lunga pena da scontare a causa di un grave delitto, “Vento in scatola”, titolo legato a un fantomatico proverbio arabo inventato di sana pianta dal protagonista, ma comunque efficace: l’umanità è come il vento, non si può chiudere in una scatola.
Lo scrittore e il detenuto hanno lavorato a lungo insieme prima di arrivare alla stesura finale: per il secondo il tempo non rappresenta un problema, dal momento che la sua condanna lo terrà a lungo fra le mura di Volterra, ma certamente rappresenta un’esperienza irripetibile.
Ex militare, una vita in trincea ai confini tra Libia e Tunisia, una condanna per omicidio, Ghammouri è anche un uomo colto (ha scritto un libro di poesie con una prefazione dello stesso Marco Malvaldi), che ha mantenuto la sua dignità senza mai cadere nel vittimismo.
Le qualità umane, unite alla vicenda inusuale, hanno indotto l’autore a dar vita ad una collaborazione, a scrivere a quattro mani il romanzo, con lo scopo ultimo di raccontare la vita all’interno del carcere, con la sua quotidianità, le sue ingiustizie e la sua giustizia, con il rispetto della Legge e delle innumerevoli leggine interne create ad hoc dai detenuti.
Sulla base di una vicenda reale è nata così la trama del romanzo, il cui protagonista Salim Salah Mohammed, poi Bourifa Mohammed, si trova a vivere un’esperienza non troppo dissimile, per alcuni aspetti, da quella di Ghammouri.
La vita “dentro” nel racconto di Marco Malvaldi
Il romanzo ha una struttura circolare, si apre e si chiude nello stesso contesto, un aereo di linea diretto a Heathrow, sul quale viaggia il protagonista in una veste insolita e del tutto nuova.
In mezzo, costruita con una lunga analessi alternata a memorie del passato, la storia di un uomo capace ed intelligente, astuto al punto di aver messo in atto una truffa che gli ha reso un ingente capitale ma lo ha condannato alla fuga, arrestato poi e condannato per un equivoco.
E’ la vecchia storia del truffatore truffato, ma con Salim trova una sua ragione, dal momento che al termine della fuga si è trovato del tutto spaesato in una Parigi pronta ad inghiottire un altro immigrato con trecentomila euro rubati.
Che poi l’accusa per spaccio non fosse vera e che Salim sia stato preso al laccio incautamente per essersi fidato di un cugino una volta arrivato in Italia è ancora un’altra storia: ma la sua vita è diventata quella di un carcerato, senza sconti particolari.
Lo spazio chiuso in cui si dipana la vicenda, la quotidianità nella cella, coi compagni e con le guardie carcerarie, con la ripetitività dei gesti e delle parole, è difficile da sopportare per il broker tunisino, che riesce però lentamente a mettere in luce le sue capacità e a ottenere così un incarico amministrativo che lo impegna in modo a lui congeniale.
Ma Salim è anche un ottimo cuoco e i suoi piatti sono ampiamente apprezzati, anche dall’unica guardia carceraria con cui sia riuscito a stabilire un dialogo vero, Molisano.
Lo sforzo del protagonista è quello di mantenersi integro come uomo, di non lasciarsi travolgere dalla vita carceraria e dai suoi impliciti presupposti, ben consapevole di essere stato condannato ingiustamente ma anche di non essere stato giustamente condannato per la truffa messa in atto.
Marco Malvaldi muove con destrezza una storia che potrebbe facilmente scadere nel patetico o nel peggior giustizialismo.
Salim Salah si trova ben presto a dover fare i conti col detenuto più potente e temuto, che vuole servirsi di lui e delle sue capacità per costruirsi una fortuna in modo illegale.
A questo punto la scelta si impone con forza: seguire le strada dell’illegalità sapendo di mettere a rischio la propria libertà ma anche di poter salvaguardare il suo capitale nascosto o saltare dall’altra parte del muro, collaborare con la giustizia e pensare ad una vita diversa, una volta fuori, senza il supporto dei trecentomila euro?
Tra boss avidi e per questo incauti, detenuti che sono in realtà agenti sotto copertura, sorveglianti corrotti ed altri onesti, tra inspiegabili suicidi e presunti omicidi si sviluppa la storia del detenuto Salah nella casa circondariale “Antonio Gramsci”.
Marco Malvaldi non ha tralasciato la possibilità di costruire all’interno del narrato un piccolo giallo, che nasce e si sviluppa in un ambiente chiuso e soffocante come quello detentivo.
A volte bastano piccoli spunti, magari delle scatolette vuote di tonno, per spianare la strada alle indagini e portare alla verità, scomoda e dolorosa, ma risolutiva.
Ancora una volta capiamo che il Bene e il Male non esistono come concetti assoluti, possono essere declinati in innumerevoli sfumature e richiedono sempre menti aperte ed acute per definirli, in qualsiasi contesto essi si manifestino, che sia un carcere o un luogo dove si vive liberi, consapevoli del fatto che per essere tali bisogna essere consci dei limiti della propria libertà.
TITOLO : Vento in scatola
EDITORE : Sellerio
PAGG. 206, EURO 14,00 (disponibile versione eBook euro 9,99)