È fonte di ansia e disagio, tanto da arrivare ad avere un forte impatto sulla qualità della vita delle persone che ne soffrono, parliamo dell’alopecia areata.
Una malattia autoimmune che secondo alcune stime colpisce il 2% della popolazione, 147 milioni di persone nel mondo.
L’alopecia areata comporta la perdita dei capelli a chiazze e proprio questo cambiamento nell’aspetto fisico ha un forte impatto a livello psicologico e relazionale.
Fortunatamente oggi delle cure esistono, infatti sono stati sviluppati nuovi farmaci specifici per la patologia.
La svolta avviene da una terapia a base di tofacitinib somministrato per via orale.
Una molecola che fa parte di una classe di farmaci chiamati inibitori delle Janus chinasi, o JAK-inibitori.
Alcuni di questi sono già stati approvati per il trattamento di tumori rari come la mielofibrosi e per patologie croniche di tipo autoimmune, come l’artrite reumatoide, o di tipo dermatologico, come la psoriasi e la dermatite atopica, ma possono essere utilizzati off-label anche per l’alopecia areata.
Alopecia areata: cos’è
L’alopecia areata è una malattia che provoca una caduta improvvisa dei capelli a chiazze, in una o più aree circoscritte del cuoio capelluto.
Queste lesioni appaiono rotondeggianti, ben delimitate e completamente prive di capelli.
Ai margini di queste aree, i capelli sono corti e spezzati.
La causa dell’alopecia areata è ancora sconosciuta, ma si ritiene che l’origine sia autoimmune, quindi è probabile che un fattore scatenante (ancora ignoto) inneschi erroneamente una reazione immunitaria contro il follicolo pilifero, impedendogli di produrre il capello.
In pratica, s’interrompe bruscamente la fase anagen, cioè di crescita del capello.
“L’alopecia areata è una forma di alopecia che nella maggior parte dei casi si presenta con delle chiazze rotondeggianti, non eritematose, non pruriginose e che spesso si autorisolvono o si risolvono con terapia immunosoppressiva locale (in genere cortisone).
In una minoranza dei casi, l’alopecia è più grave e si estende a tutto il cuoio capelluto o su tutto il corpo”, spiega il professore Claudio Feliciani, direttore della Struttura Complessa di Dermatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.
“La patologia colpisce circa il 2% della popolazione e crea molto disagio e stress nei dei pazienti, che spesso sono in giovane età”.
Molti pensano, sbagliando, che la causa sia lo stress
“L’alopecia areata è classificata tra le malattie autoimmuni ma l’esatto meccanismo che induce la perdita (in genere temporanea) del capello è ancora sconosciuta.
Esistono tante teorie, ma sappiamo che modificando la risposta autoimmune la malattia migliora, anche se tende a recidivare”, dice Feliciani.
“Il decorso è imprevedibile, per cui spesso non riusciamo a rispondere a tutte le domande che ci fanno i pazienti, soprattutto sull’andamento della malattia.
Queste incertezze e la scarsa efficacia nel bloccare definitivamente la malattia induce nei pazienti uno stato di ansia, amplificato dal fatto che tutti confermano che non si tratta di una malattia grave, ma sono i pazienti a dover convivere con la mancanza dei capelli.
La qualità di vita, pertanto, è una componente fondamentale da gestire da parte dei medici.
Abbiamo sì molte armi contro questa malattia, ma tutte scarsamente efficaci a lungo termine.
Abbiamo invece grandi speranze sulle nuove terapie biologiche, meno tossiche e più specifiche”.
Oltre al danno fisico c’è quello psicologico
“Non stiamo parlando solo di un danno estetico: gli studi dimostrano un aumento dei suicidi e dell’uso di sostanze sia nei pazienti che nei loro familiari”, dice la Dottoressa Alessandra Sbarra, Psicoterapeuta e Presidente di ASAA-Associazione Sostegno Alopecia Areata.
“Questa malattia porta con sé tanto dolore e imparare a conviverci richiede forza e coraggio.
I costi di questa patologia, inoltre, sono molto alti: dalle protesi alla dermopigmentazione per la ricostruzione delle sopracciglia, dagli esami diagnostici alle visite dermatologiche, fino ad arrivare ai farmaci molto spesso a pagamento.
Da anni ASAA chiede al Ministero della Salute l’inserimento dell’alopecia nei LEA, in quanto patologia rara e recidivante.
Questo passaggio è cruciale per dare dignità a una malattia che, al momento, per il Servizio Sanitario Nazionale non esiste.
In secondo luogo, è importante poter avere un’esenzione per patologia e non essere costretti a pagare per ausili come le parrucche, che non sono un vezzo ma in molti casi l’unico mezzo per riappropriarsi della quotidianità perduta”.
Quali sono i trattamenti attualmente disponibili?
“Vi sono molti trattamenti disponibili, ma purtroppo ancora non esiste una cura che guarisca definitivamente la malattia”, spiega la professoressa Antonella Tosti, Ordinario di Dermatologia Clinica presso la Leonard Miller School of Medicine dell’Università di Miami, in Florida.
“Ciò significa che le terapie vanno spesso continuate anche quando i capelli sono ricresciuti e che purtroppo la patologia può ripresentarsi nel tempo.
Fra le opzioni terapeutiche ci sono cortisonici topici (intralesionali o per via sistemica), immunoterapia topica con dibutilestere dell’acido squarico o difenciprone, antralina topica, minoxidil topico e sistemico, immunosoppressori orali (ciclosporina, metotrexato).
La scelta dipende dall’età del paziente e dalla gravità della malattia”.
Alopecia areata: i nuovi farmaci biologici JAK-inibitori
La ricerca in questo ambito è estremamente attiva.
Gli obiettivi principali delle attuali terapie sono di bloccare l’attacco del sistema immunitario e di stimolare la ricrescita dei capelli.
Questa strategia funziona soprattutto per le persone con forme più lievi della malattia (meno del 50% di perdita di capelli).
Sono numerosi i gruppi di ricerca che hanno concluso o stanno conducendo studi clinici sull’alopecia areata.
Gli approcci più innovativi sono quelli che puntano sugli inibitori delle Janus chinasi, la classe di farmaci immunomodulatori.
In diverse sperimentazioni hanno mostrato benefici e oggi sono considerati molto promettenti.
L’attenzione dedicata dai ricercatori a questa patologia, in ogni caso, fa ben sperare in un futuro in cui i pazienti potranno contare su un trattamento definitivo.
“I farmaci JAK-inibitori rappresentano una terapia finalmente mirata a interrompere la risposta immunitaria anomala che causa la caduta dei peli e dei capelli.
Bloccano, infatti, l’azione di alcune citochine che sono state individuate come causa della risposta autoimmune nell’alopecia areata.
Al momento, nessuno JAK-inibitore è stato ancora approvato per l’alopecia areata dalle autorità regolatorie in alcun Paese del mondo, ma alcune di queste molecole, già approvate per altre patologie, sono utilizzate off-label”, dice la professoressa Tosti.
“Negli Stati Uniti, due JAK-inibitori sono attualmente in Fase III di sperimentazione clinica per l’alopecia areata.
Gli studi stanno per concludersi e probabilmente i due farmaci saranno approvati dalla FDA entro la fine del 2022.
Anche in Europa sono in corso i trial, ma i tempi per la loro conclusione, e quindi per un’eventuale approvazione, non sono ancora noti”.
Le forme di alopecia
“L’alopecia areata è una malattia autoimmune, molto diversa dalla calvizie che è invece dovuta al progressivo assottigliamento del capello per effetto degli ormoni androgeni (ormoni maschili)”, spiega la professoressa Tosti.
“Le varie forme di alopecia areata sono solamente espressione dello spettro di gravità della malattia, che può coinvolgere solo alcune piccole aree del cuoio capelluto, tutto il cuoio capelluto e infine tutti i peli del corpo.
Più la malattia è estesa e più difficilmente risponde alle terapie”.
Tipi di alopecia
-
Alopecia androgenetica
L’alopecia androgenetica è la principale causa di diradamento progressivo del cuoio capelluto.
Nel corso della vita interessa circa l’80% della popolazione maschile e il 50% di quella femminile.
La diffusione dell’alopecia androgenetica è quindi tale da giustificare l’appellativo di “calvizie comune” e da poterla considerare, entro certi limiti, una condizione assolutamente fisiologica.
Pur non essendo una vera e propria malattia, l’alopecia androgenetica viene spesso vissuta come un profondo disagio, con ripercussioni negative sul piano psicologico e sociale.
-
Telogen effluvium
Questa patologia è generalmente innescata da fasi di stress o traumi (come un parto, un lutto e una grave malattia) e si traduce in una perdita di capelli in quantità eccessiva, con il 30% o più di capelli che passano alla fase telogen (caduta) – 3 volte la normale quantità.
-
Alopecia areata
La più caratteristica, con il formarsi di chiazze senza capelli ben definite.
È riconosciuta come una delle malattie più diffuse al mondo (circa 1,7% della popolazione globale ha avuto un episodio di alopecia areata nella vita).
Le sue due varianti più aggressive:
- Alopecia areata totale: in questo caso la progressiva perdita dei capelli si conclude lasciando la testa completamente priva di capelli.
- Alopecia areata universale: nel caso in cui a cadere non sono solo i capelli ma tutti i peli del corpo.
-
Alopecia psicogena
L’alopecia da stress (nota anche come alopecia psicogena) è una forma di perdita di capelli che si manifesta in concomitanza a periodi particolarmente stressanti dal punto di vista fisico e/o psicologico.
La caduta di capelli da stress comporta un diradamento progressivo e caratteristico, in seguito al quale il cuoio capelluto diventa visibile, soprattutto nell’area che si estende dall’attaccatura frontale al vertice della testa.
-
Tricotillomania
È un vero e proprio disturbo ossessivo compulsivo che porta la persona affetta a strapparsi i capelli volontariamente in ciocche.
Si manifesta più comunemente nei bambini, negli adolescenti e nei giovani in presenza di stress.