E’ uno dei dubbi più frequenti nelle neo-mamme: come capire se il bebè ha sete e quindi quando è arrivato il momento di offrirgli dell’acqua. Il problema della sete nel lattante è effettivamente delicato: il bimbo piange e tra le tante opzioni (è bagnato, ha fame, è annoiato? e così via) c’è anche quella del pianto come segnale di disidratazione.
Il mio bebè avrà sete?
Iniziamo col dire che è necessario fare una distinzione tra allattamento materno e artificiale.
“Se è allattato al seno, non ha di norma bisogno di altre integrazioni di liquidi a patto che la mamma attacchi il bebè ogni volta che lo desidera”, risponde il dottor Alessandro Zanasi, esperto dell’Osservatorio Sanpellegrino e membro della International Stockholm Water Foundation. “Se invece il bambino è nutrito con latte formulato, in mancanza del latte materno sono particolarmente adatte per diluire la polvere, le acque oligominerali, cioè quelle con un basso contenuto di sali”.
Quindi, per diversi mesi (in teoria 6) il bimbo può fare a meno dell’acqua, a patto che venga nutrito con il latte materno. Il discorso cambia completamente durante lo svezzamento, periodo che rappresenta una delle tappe fondamentali della crescita, quando cioè vengono introdotti per la prima volta cibi diversi dal latte e che genera maggiori perplessità nei genitori rappresentando una tappa fondamentale per la crescita: “E’ proprio in questo periodo che vanno introdotte tutte quelle corrette abitudini alimentari che indirizzeranno il bambino verso uno stile di vita sano anche da adulto”, dice il dottor Giuseppe Di Mauro, Pediatra di famiglia Presidente SIPPS, Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale. “L’errore più comune è quello di svezzare i bambini troppo presto”.
Bebè svezzati precocemente
In effetti, secondo uno studio pubblicato sul “Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics” e condotto su un campione di 1.482 bambini statunitensi dai 6 ai 36 mesi, è emerso che, negli Stati Uniti, per la maggior parte dei lattanti lo svezzamento avviene precocemente. Lo studio ha sottolineato che il 16,3% comincia prima del compimento del 4° mese, il 38,3% tra 4 e 6 mesi, il 32,5% tra 6 e 7 mesi, mentre il 12,9% inizia lo svezzamento più tardi, dopo i 7 o più mesi di vita. Solo il 32,5% dei bambini incomincia ad assumere alimenti nel momento raccomandato, vale a dire intorno ai 6 mesi.
Una scelta che ha delle conseguenze, perché introdurre alimenti diversi dal latte prematuramente, può far perdere al bambino la possibilità di assumere alcune sostanze nutritive che sono fondamentali per la crescita.
Purtroppo l’Italia non fa eccezione. “Ci sono genitori che sottovalutano l’importanza di iniziare lo svezzamento nel momento giusto”, continua Di Mauro. “E’ importante, invece, non avere fretta. Il momento d’oro, per introdurre i cibi solidi è intorno ai 6 mesi di vita”.
Dopo il sesto mese acqua a volontà
Il pediatra ha un ruolo chiave per individuare il momento più adatto per ogni bambino e consigliare di conseguenza i genitori che devono lasciarsi guidare.
“A partire dallo svezzamento, è possibile iniziare ad offrire acqua al bambino, preferibilmente acque minimamente mineralizzate (residuo fisso < 50 mg/L) e oligominerali (residuo fisso tra 50 e 500 mg/L) con contenuto di nitrati ≤ 10 mg/L”, consigliano gli esperti. “Non dimentichiamo che il fabbisogno d’acqua nell’organismo dei più piccoli è in proporzione sette volte maggiore a quello di un adulto”.
Per quanto riguarda le quantità, dopo il sesto mese (fino ai 3 anni) si raccomandano dai 600 ai 900 ml di acqua al giorno, tenendo sempre presente che quantità e la qualità dell’acqua assunta dal bambino dipendono non solo dall’età, ma anche da condizioni di salute, regime alimentare, temperatura e tasso di umidità ambientale e dall’attività fisica svolta.
E’ importanmte prestare attenzione a eventuali segnali d’allarme che possono indicare che il bambino non è abbastanza idratato, visto che lui non può esprimersi se non con il pianto. “Sonnolenza, mucose secche, avvallamento della fontanella, pannolino troppo spesso asciutto sono tutti segnali che bisogna tenere costantemente sotto controllo”, conclude Zanasi.