Noi italiani siamo un po’ fissati con le marche: tendiamo a fidarci di più dei prodotti firmati. Lo stesso può succedere con le medicine. Forse è anche per questo che secondo una ricerca effettuata da Doxa e intitolata “Sostenibilità delle cure, chi è il responsabile?”, ben il 26% del campione non ha mai parlato con il proprio medico dei farmaci generici e solo il 29% considera il loro utilizzo uno dei “comportamenti virtuosi” che possono garantire cure più accessibili per tutti. Ma di che cosa si tratta esattamente?
Che cosa si intende per farmaci generici
I farmaci generici, detti anche equivalenti, sono medicinali che contengono lo stesso principio attivo, la sostanza che svolge l’azione terapeutica vera e propria, di quello originale, nella stessa quantità, con la stessa formulazione e con un identico numero di unità posologiche (per esempio, compresse). Sono, dunque, medicinali a base di uno o più principi attivi che, non essendo più coperti da brevetto o da certificato di protezione complementare, vengono commercializzati direttamente con il nome del principio attivo e non con quello di fantasia. Per essere più precisi, si utilizza la Denominazione Comune Internazionale (DCI), che è una contrazione del nome chimico, di solito troppo lungo, accettata da tutte le nazioni, seguita dal nome dell’azienda produttrice.
La questione del brevetto
Occorre sapere che quando un’azienda sviluppa e commercializza un farmaco lo protegge con un brevetto, cioè con una sorta di marchio di esclusività che per 20 anni impedisce a chiunque altro, salvo autorizzazione, di copiare l’idea. Durante questo periodo, l’azienda può così vendere il medicinale a un prezzo sufficientemente elevato da garantire la copertura delle spese sostenute per la ricerca e, allo stesso tempo, da permettere un certo profitto che, in parte, può essere nuovamente investito nello sviluppo di nuovi farmaci. Una volta scaduto il brevetto, altre aziende possono produrre e commercializzare lo stesso farmaco come generico.
La situazione in Italia
In Italia, i generici sono stati introdotti fra il 1995 e il 1996, con un ritardo di circa 20 anni rispetto al resto dell’Europa, a causa della durata maggiore dei brevetti. Oggi esistono generici praticamente per tutte le malattie, da quelli per il trattamento delle patologie più gravi a quelli per la cura del mal di testa. Possono essere sia da banco (acquistabili liberamente) sia da prescrizione (acquistabili solo con ricetta medica), esattamente come la specialità medicinale da cui derivano.
Sono equivalenti a quelli di marca
I farmaci generici, per legge, devono avere la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica (in compresse, soluzioni liquide, spray e così via) e le stesse indicazioni terapeutiche di specialità medicinali già autorizzate. Inoltre, devono essere bioequivalenti rispetto al farmaco da cui originano, cioè, una volta assunti dall’organismo, devono avere il suo stesso comportamento. Solo se dimostrano di possedere queste caratteristiche ottengono l’autorizzazione all’immissione in commercio dal ministero della Salute.
Possono esserci delle differenze
Talvolta, fra farmaci generici e farmaci originali ci può essere una differenza, ma solo negli eccipienti, ossia le sostanze prive di attività terapeutica, che servono per ottenere una certa formulazione (in compresse, capsule, sciroppo, supposte, gocce e così via), per garantire la conservazione del prodotto oppure per conferire una forma idonea a essere somministrata o determinate caratteristiche, come l’odore, il sapore, il colore e gli altri caratteri chimico-fisici necessari. Per esempio, rientrano tra gli eccipienti i conservanti.
I farmaci generici sono controllati per legge
In alcuni casi, queste differenze possono avere delle ripercussioni di rilievo perché gli eccipienti possono svolgere un ruolo fondamentale nell’assorbimento del principio attivo. Tuttavia, sebbene a volte non siano esattamente identici ai medicinali originali, è corretto definirli “bioequivalenti”, perché sono stati sottoposti ai test necessari per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte delle autorità preposte.