La popolazione obesa in Italia comprende sei milioni di persone (il 10% della popolazione) mentre altri 25 milioni sono in sovrappeso. Numeri destinati a crescere anche a causa dell’ obesità infantile, che vede il nostro paese al secondo posto in Europa.
Durante il lockdown i disturbi alimentari sono aumentati almeno del 30% e perle persone obese la situazioine è stata anche più complicata soprattutto a causa dell’impossibilità di relazionarsi di persona agli specialisti che li seguono. Uscire dall’isolamento e ritrovare una “rete” di assistenza che li reindirizzi verso un corretto percorso terapeutico è l’obiettivo principale della SICOB, la Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità delle Malattie Metaboliche.
“L’intento è prendere in carico il paziente e seguirlo dall’inizio del percorso fino a molti anni dopo l’intervento di riduzione del peso. Anche perché l’intervento è soltanto una tappa del percorso di cura”, dice Marco Zappa, presidente della Sicob. “I portatori di obesità grave infatti hanno bisogno di un team multidisciplinare che li aiuti a gestire tutte le fasi dando loro la giusta motivazione soprattutto nei momenti di sconforto. Per questo i nostri team sono composti da psicologi, nutrizionisti, chirurghi, medici dello sport, cardiologi, endocrinologi, diabetologi ed altre figure altamente specializzate perché all’obesità severa sono legate anche altre patologie che possono diventare molto gravi”.
La chirurgia bariatrica
Nonostante venga praticata ormai da molti anni la chirurgia bariatrica nel nostro paese è ancorea vista con una certa diffidenza.
“C’è scarsa consapevolezza del fatto che il ricorso al bisturi sia in grado di allungare la vita e di assicurare una cura definitiva nell’80-90 % dei casi”, conclude Zappa.
“L’obesità infatti provoca l’insorgenza di molte malattie gravi, come le cardiocircolatorie, il diabete mellito di tipo 2 e l’insufficienza respiratoria. La chirurgia bariatrica, eliminando in modo duraturo il problema dell’eccesso di peso, risolve anche molti problemi metabolici. Per esempio, gli interventi di chirurgia dell’obesità fanno regredire il diabete mellito di tipo 2 in un’altissima percentuale di casi.
Questo significa non prendere più farmaci per il diabete già da pochi giorni dopo l’intervento e prevenire tutte le complicanze della malattia. La chirurgia bariatrica può letteralmente salvare e cambiare la vita di un paziente”.
I farmaci fino ad oggi hanno deluso
La cura dell’obesità è multimodale e multidisciplinare, significa che ogni paziente deve seguire un trattamento personalizzato a cui partecipano diversi specialisti, in relazione alla storia clinica della persona e al grado di obesità. In questo contesto, ciò che finora è mancato è la terapia farmacologica.
A partire dalle anfetamine (proibite per gli effetti collaterali a livello cardiaco), gran parte dei farmaci utilizzati fino a ora, non hanno dato garanzie sufficienti di efficacia e di sicurezza, quindi sono stati poco utilizzati.
Si è affermato così il concetto che la chirurgia bariatrica, capace di modificare la funzionalità dell’apparato endocrino presente nel tratto alimentare, fosse l’unica forma di terapia realmente efficace.
In particolare si è molto insistito sulla capacità della chirurgia bariatrica di modificare i livelli del GLP-1 (peptide 1 analogo del glucagone). Stiamo parlando di uno degli ormoni intestinali in grado di interferire sull’appetito, sullo svuotamento gastrico e sull’assetto metabolico, riducendo significativamente il peso e provocando la riduzione drastica dell’iperglicemia associatas al diabete mellito di tipo 2.
Le speranze dei nuovi farmaci
Da qualche anno però sono stati sintetizzati farmaci capaci di agire proprio sdui recettori del GLP-1 riproducendone così gli effetti. La liraglutide è stata proposta, in dosaggi diversi, sia per ridurre il peso corporeo che per trattare il diabete.
“Come farmaco contro l’obesità, la Liraglutide è in grado di ridurre il peso corporeo del 6-8% e di mantenere il suo effetto anche a distanza superiore ad 1 anno. Sfortunatamente, la somministrazione per via parenterale (complicata ndr) e il fatto che il farmaco non sia a carico del SSN, hanno limitato la sua diffusione”, spiega Diego Foschi, presidente uscente Sicob.
“Recentemente però è comparso un nuovo farmaco agonista dei recettori GLP1 che può essere assunto anche per bocca con una potenza d’azione molto elevata. Si tratta della Semaglutide, che potrebbe costituire un ulteriore elemento utile nella terapia, anche se non potrà sostituire la terapia chirurgica che tradizionalmente viene riservata a persone con un’obesità di grado elevato. Il farmacosi affiancherà alla chirurgia bariatrica soprattutto nel trattamento dei pazienti con sovrappeso e complicanze metaboliche gravi, nella preparazione all’intervento chirurgico”, continua Foschi.
Interessanti soprattutto i farmaci più moderni, che valorizzano la parte attiva del GLP-1, ormone intestinale aumentato da molti interventi chirurgici. “Si tratta di un’ulteriore risorsa che può essere utile nel sovrappeso e nelle forme di obesità lieve”, conclude il professor Foschi. I farmaci più innovativi portano a una riduzione di peso a 1 anno che può arrivare al 10-15% del valore iniziale, buona per questi pazienti ma del tutto insufficiente per quelli con obesità grave, che devono essere candidati alla chirurgia bariatrica”.
La terapia può comunque essere utile per migliorare le condizioni del paziente prima dell’intervento, perché anche una modesta riduzione di peso è importante, e per trattare i casi iniziali di weight regain, vale a dire una ripresa di peso che si osserva dopo che il paziente ha raggiunto il peso minimo e che rischiano di tornare al peso iniziale obbligando a interventi di alta chirurgia