Diabete mellito: nuovi standard di cura, edizione 2018
Diabete mellito, ecco le novità. E stata redatta l’edizione 2018 degli Standard italiani per la cura del diabete, elaborati congiuntamente dall’Associazione medici diabetologi (Amd) e della Società italiana di Diabetologia (Sid). Si riscontrano vari elementi nuovi: pubblichiamo una rapida sintesi, posto che il testo integrale degli standard stessi permette eventuali approfondimenti.
Diabete mellito: trattare per obiettivi flessibili
Bisogna prendere in considerazione obiettivi flessibili, quando si cura il diabete mellito. Il rischio di ipoglicemia deve essere sempre tenuto presente. L’obiettivo di cura, del resto, prevede il raggiungimento di target glicemici ben definiti. Il superamento di tali target si associa a un maggiore rischio di insorgenza di complicanze, acute o croniche, legate al diabete.
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Sulla base della tipologia di paziente, i target possono essere differenziati. Sono presi in considerazione sia aspetti clinici, sia aspetti legati alla condizione sociale e personale del paziente. In caso di diabete di tipo 2, gli standard introducono una novità: l’obiettivo di emoglobina glicata da raggiungere deve essere declinato anche a seconda della terapia farmacologica adottata. Nei casi nei quali si prevede l’impiego di farmaci in grado di determinare ipoglicemia (insulina, sulfaniluree o glinidi), esiste un’indicazione a mantenere l’obiettivo di emoglobina glicata da raggiungere a livelli più elevati (tra 6,5 e 7,5 per cento).
Diabete mellito e impiego di farmaci
Se si impiegano farmaci in grado di causare ipoglicemia, è bene anche tener conto della presenza di condizioni che ne possano aumentare ulteriormente il rischio (infanzia ed adolescenza, età molto avanzata, presenza di comorbilità, ovvero patologie accessorie che insorgono durante il decorso clinico di una patologia oggetto di studio). Si tratta di casi nei quali può essere opportuno mantenere l’emoglobina glicata a livelli relativamente più elevati, fino a un massimo di 8,0 per cento. Nei casi di diabete non complicato e trattati con farmaci che non determinano ipoglicemia, invece, si potrà spingere l’obiettivo di glicata da raggiungere al 6,5 per cento.
High-tech vincente nella gestione del diabete mellito
L’utilizzo della tecnologia in ambito diabetologico ha un ruolo cruciale, tra gli strumenti di cura offerti a persone con diabete e operatori sanitari. Nei nuovi standard si descrive la crescente diffusione dei nuovi device (per il monitoraggio in continuo della glicemia, microinfusori insulinici con sistemi sempre più sofisticati di automatizzazione della terapia infusiva, e così via). Si sottolineano possibili aree di impiego clinico e si riportano i vantaggi sia clinici, di qualità di vita, sia di natura economica. In questo campo, molto importante è stata la pubblicazione del primo studio internazionale, che evidenzia un significativo beneficio clinico: esso deriva dall’utilizzo di un sistema di monitoraggio in continuo della glicemia in donne con diabete di tipo 1 in gravidanza.
Quale trattamento per il diabete mellito?
L’approccio terapeutico del diabete di tipo 2, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di uso di farmaci non insulinici, è stato profondamente rimodulato alla luce dell’evidenza di profili di sicurezza maggiori (in particolare del minor rischio di ipoglicemie) delle più recenti classi farmacologiche, rispetto ad alcuni farmaci tradizionali.
Diabete mellito nel paziente oncologico e nei giovani
Nei nuovi standard sono state considerate, in maniera sistematica, due popolazioni particolari caratterizzate da iperglicemia, alle quali sono stati dedicati paragrafi separati: 1) il diabete nel paziente neoplastico in chemioterapia ed in cura palliativa; 2) il Mody (Maturity onset diabetes of the young).
Il Mody, che cos’è?
Il Mody è un disordine monogenico responsabile di una forma di diabete non insulino-dipendente, che insorge in età giovanile, generalmente prima dei 25 anni e in soggetti magri.
Esiste la necessità di migliorare sempre più la capacità diagnostica e terapeutica di forme “minori” di diabete (meno rappresentate da un punto di vista numerico), e che tuttavia possono comportare rilevanti problematiche.
Il Mody è stato trattato in maniera specifica, insieme al diabete nel paziente neoplastico in chemioterapia e in cura palliativa. La diffusione delle patologie neoplastiche, del resto, è sempre crescente: il trattamento può avere impatto, in maniera importante, sul metabolismo glucidico.
Vaccini amici delle persone con diabete
Le vaccinazioni entrano, a pieno titolo, anche nelle raccomandazioni degli standard di cura del diabete mellito. Non parliamo soltanto di anti-influenzale e anti-pneumococcica, ma anche di vaccini anti- morbillo-parotite-rosolia, anti-varicella-zoster e anti-meningococco, raccomandati nei soggetti con diabete.
Diabete mellito e malattie infettive
Le persone con diabete non hanno un buon rapporto con le malattie infettive. Se possibile, è una buona idea mettere in campo tutti i possibili strumenti per prevenirle. L’edizione 2018 degli Standard di cura sottolinea l’importanza delle vaccinazioni delle persone con diabete.
Influenza e polmonite, per esempio, sono malattie infettive comuni e possibili da prevenire, associate a elevata mortalità e morbilità nelle persone anziane e nei soggetti affetti da diabete. Le persone affette da diabete sono anche ad aumentato rischio di infezioni pneumococciche. I soggetti con diabete fanno riscontrare inoltre un elevato rischio di setticemia nel corso di un ricovero ospedaliero, con tassi di mortalità fino al 50 per cento.
Diabete mellito: la parola agli esperti
Il professor Giorgio Sesti, presidente della Società italiana di Diabetologia, si è espresso in questo modo: “Oggi disponiamo di vaccini sicuri ed efficaci che possono ridurre notevolmente il rischio delle gravi complicanze di queste malattie. Vi sono prove scientifiche che evidenziano come i soggetti diabetici hanno adeguate risposte sierologiche e cliniche in risposta a queste vaccinazioni. Alla luce di queste evidenze, è dunque opportuno raccomandare che i soggetti con diabete si sottopongano alla vaccinazione anti-influenzale annuale e, almeno una volta nella vita negli adulti con diabete, alla vaccinazione anti-pneumococcica, con una singola rivaccinazione per i soggetti con età superiore a 64 anni, che abbiano già effettuato una prima vaccinazione più di 5 anni prima. Le persone con diabete dovrebbero inoltre sottoporsi, anche in età adulta, alla vaccinazione anti-morbillo-parotite-rosolia, qualora non risultassero immuni (per aver contratto in precedenza queste malattie) anche ad una sola delle tre patologie incluse nel vaccino. Un incrementato rischio di infezione meningococcica invasiva riguarda le persone con diabete tipo 1. Pertanto, si raccomanda l’immunizzazione con vaccino anti-meningococco coniugato nei soggetti diabetici tipo 1. L’Herpes Zoster è una malattia debilitante causata dalla riattivazione del virus silente nei gangli del sistema nervoso. La presenza di diabete può aumentare il rischio di patologia da herpes zoster o aggravarne il quadro sintomatologico. Oltre ai soggetti anziani dunque la vaccinazione andrebbe offerta ai soggetti con diabete. (Piano nazionale prevenzione vaccinale – Pnpv 2017-2019)”.
Diabete mellito: il nuovo che avanza
Cambia l’algoritmo di trattamento del diabete tipo 2: si fa largo ai farmaci innovativi, mentre sono retrocesse sulfaniluree, glinidi e acarbose. Le sulfaniuree sono i vecchi farmaci per la terapia orale del diabete, che hanno fatto il loro tempo e sono gravati di importanti effetti indesiderati.
Diabete mellito: terapia sempre più “su misura”
Il nuovo algoritmo (procedimento che risolve un determinato problema attraverso un numero finito di passi elementari in un tempo ragionevole) per il trattamento del diabete tipo 2, proposto negli Standard di cura 2018, vede ancora ben salda in pole position la metformina, considerata farmaco di prima scelta. Qualora la monoterapia con metformina non fosse sufficiente ad ottenere o mantenere un buon controllo metabolico, è necessario associare un secondo farmaco. I farmaci da aggiungere in seconda linea di terapia (o già in prima linea nei soggetti intolleranti alla metformina) non vengono più messi tutti sullo stesso piano. Si distinguono farmaci di ‘serie A’, da inserire nel piano di terapia subito dopo la metformina sulla base delle caratteristiche del paziente; poi ci sono tutti gli altri, da non utilizzare in prima battuta.
Si configura una divisione netta tra i farmaci di ultima generazione e innovativi da una parte e farmaci più datati dall’altra. La metformina costituisce un’eccezione importante: pur essendo un farmaco molto vecchio, resta quello di prima scelta nel trattamento del diabete, in tutti gli stadi e finché possibile. I farmaci con importanti effetti collaterali non sono, con ragione, tollerati, soprattutto ora che si hanno a disposizione farmaci molto più sicuri ed efficaci.
Nella definizione dell’algoritmo terapeutico che guida le scelte farmacologiche è stata considerata prioritaria l’introduzione più precoce di farmaci, efficaci ma anche sicuri, in grado di compensare i noti difetti fisiopatologici che caratterizzano la malattia.
Che dire degli effetti extraglicemici (quali quelli sulla riduzione del peso o della pressione arteriosa) che alcune delle nuove classi farmacologiche o delle molecole specifiche determinano? Alcuni di questi farmaci hanno dimostrato negli studi clinici di avere un importante effetto di riduzione di morbilità (frequenza percentuale di una malattia in una collettività) e mortalità per cause cardiovascolari, quando utilizzati in soggetti con precedenti eventi cardiovascolari, e un ruolo protettivo sull’andamento o l’insorgenza di complicanze microangiopatiche (che interessano i vasi sanguigni di piccolo calibro), soprattutto a carico dei reni. Alla luce dei risultati dei più recenti studi clinici, l’approccio complessivo alla terapia farmacologica del diabete di tipo 2 è stato dunque modificato in maniera rilevante; i nuovi standard presentano così novità sostanziali nella priorità di scelta dei farmaci e nell’algoritmo terapeutico.
Il professor Sesti aggiunge: “A questo proposito, sulla base del profilo complessivo di efficacia, tollerabilità e sicurezza, pioglitazone, inibitori DPP4, agonisti del GLP1 o inibitori di SGLT2 sono preferibili rispetto a sulfaniluree, glinidi o acarbose che costituiscono farmaci di seconda scelta. Quando anche la combinazione della metformina con un altro farmaco non è più sufficiente a mantenere un soddisfacente controllo della glicemia, bisogna aggiungere un terzo farmaco. E la scelta dei farmaci da aggiungere alla metformina deve essere effettuata tenendo conto delle caratteristiche del paziente, comprese le comorbilità, i rischi e i benefici di ciascun farmaco, individualizzando cioè terapia (vedi tabelle 4.H2 e 4.H3).
Nei pazienti obesi, si devono preferire, ove possibile, i farmaci che riducono il peso (agonisti GLP1 e inibitori SGLT2) o quelli che non determinano aumento di peso, quali gli inibitori DPP4. Nei pazienti con pregressi eventi cardiovascolari e non sufficientemente controllati con la metformina, o che presentino intolleranza o controindicazioni alla metformina, SGLT-2 inibitori, GLP-1 agonisti a lunga durata d’azione e pioglitazone devono essere considerati farmaci di prima scelta, salvo controindicazioni. Nei soggetti che, per età avanzata, comorbilità, uso di macchinari o guida protratta di veicoli, sono a rischio di subire conseguenze gravi dall’ipoglicemia, è preferibile non utilizzare le sulfaniluree, in particolare , la glibenclamide, che si associa ad un rischio di ipoglicemia maggiore anche rispetto alle altre sulfaniluree”.
Diabete mellito: terapia insulinica
Nei casi nei quali il controllo glicemico con farmaci non insulinici anche in politerapia non è soddisfacente, è necessario iniziare la terapia insulinica. La scelta dello schema di terapia insulinica deve essere attuata sulla base dell’andamento delle glicemie del singolo paziente, tenendo conto anche dell’aderenza alla terapia. Se non controindicata, è consigliabile mantenere in terapia la metformina, anche quando si inizia il trattamento con insulina. L’aggiunta alla terapia insulinica di inibitori SGLT2, agonisti del GLP1 e inibitori DPP4, con o senza metformina, consente di ridurre le dosi giornaliere di insulina e limitare l’incremento ponderale.
Diabete mellito e colesterolo
Gli inibitori PCSK9: che cosa sono? Utili alleati contro il colesterolo cattivo. Tali anticorpi monoclonali sono capaci di inibire la funzione di PCSK9, una molecola che impedisce ai recettori del colesterolo LDL di tornare in superficie per smaltire l’eccesso di colesterolo circolante. Si tratta di nuovi e potenti strumenti terapeutici, da poco disponibili in Italia.
Si somministrano per via sottocutanea a cadenza quindicinale o mensile e sono in grado di ridurre in maniera importante i livelli di colesterolo LDL (il colesterolo cattivo) nei pazienti già sottoposti a trattamento con statina. Molto positivi i risultati degli studi focalizzati sulla popolazione diabetica, sulla riduzione del colesterolo LDL. Il professor Sesti conclude con queste parole: “Pertanto gli inibitori della PCSK9 possono trovare impiego nei soggetti diabetici con i profili di rischio cardiovascolare più alti, nei quali le statine non sono sufficienti a raggiungere l’obiettivo terapeutico o nei pazienti con intolleranza alle statine”.
I centri diabetologici ti salvano la vita
Domenico Mannino, presidente dell’Associazione medici diabetologi, ha dichiarato: “Rimodulazione degli obiettivi glicemici, benefici derivanti dall’impiego dei device, aggiornamenti nella terapia farmacologica del diabete tipo 2 e approfondimenti su particolari condizioni di iperglicemia. Queste sono alcune tra le principali novità introdotte dall’edizione 2018 degli Standard di cura Amd-Sid, il documento che contempla ogni aspetto relativo alla gestione del diabete, dalla prevenzione alla diagnosi, dai farmaci all’innovazione tecnologica, rappresentando ormai da più di 10 anni il ‘manuale’ di riferimento per l’intera comunità medica italiana. Un altro importante aspetto emerso dalla revisione della letteratura ed evidenziato dai nuovi standard di cura è la riconferma del prezioso ruolo svolto dai servizi diabetologici specialistici. Sempre più evidenze, infatti, mostrano come le popolazioni di pazienti che seguono un percorso di cura avviato e gestito dallo specialista diabetologo presentino rilevanti benefici in termini di efficacia terapeutica, miglior qualità di vita, riduzione delle complicanze e della mortalità, maggior sostenibilità della spesa sanitaria”.
Un’attenta revisione della letteratura disponibile conferma, infatti, il ruolo chiave dei servizi diabetologici specialistici nel condurre il percorso di cura delle persone affette da diabete mellito. Sono necessarie ai diabetici visite periodiche, allo scopo di ridurre il rischio di insorgenza di temibili complicanze legate alla malattia e anche di mortalità per tutte le cause, stando ai risultati di una recente meta-analisi italiana appena pubblicata.