“Non so se sia corretto dire che la medicina senza sangue è il futuro. La medicina con una ottimizzazione dell’uso del sangue oggi è realtà”, spiega all’agenzia Dire il professor Alfredo Guglielmi, direttore del Dipartimento di Chirurgia e Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata e professore di chirurgia generale presso l’Università di Verona.
“Credo che una medicina senza sangue in assoluto sia improponibile. Quello che è importante è ridurre al massimo l’uso del sangue, perché è una risorsa limitata, costosa e, talvolta, rischiosa.
Per arrivare a una chirurgia senza il ricorso alle trasfusioni oggi possiamo disporre di tecnologie, e di nuovi device all’avanguardia, che ci aiutano a ottenere una emostasi ottimale e a ridurre in modo drastico l’utilizzo del sangue in corso di intervento chirurgico”.
Il professor Alfredo Guglielmi è da oltre 20 anni che opera i Testimoni di Geova.
“È davvero un’esperienza positiva, umana oltre che clinica, che mi ha permesso di conoscere la loro realtà, e soprattutto, che ci ha educato a essere molto più prudenti nell’uso del sangue in tutti i pazienti, anche non Testimoni di Geova”, spiega il professore.
“Infatti, all’interno dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona è operativo da anni un Comitato sul buon uso del sangue a beneficio di tutti i pazienti, non solo Testimoni di Geova.
Il Comitato di buon uso del sangue ha una duplice finalità: quella di ottimizzare l’uso del sangue e degli emoderivati, ovvero plasma e albumina. A questo proposito vengono fatte riunioni periodiche e corsi di aggiornamento scientifico: recentemente è stato fatto un convegno con l’Ordine dei medici di Verona proprio con l’obiettivo di divulgare l’attenzione all’uso del sangue e degli emoderivati anche ai medici di medicina generale”.
Il patient blood management
Per realizzare una chirurgia senza l’uso del sangue il chirurgo deve agire in tutte le fasi del percorso operatorio: prima nella accurata preparazione pre-operatoria del paziente, successivamente durante tutto l’intervento chirurgico e infine in tutto il decorso post operatorio.
“Nel nostro reparto seguiamo un protocollo di “Patient Blood Management” molto preciso che ci ha permesso di ridurre l’uso del sangue in tutti i pazienti e, in particolar modo nei Testimoni di Geova, per i quali non dobbiamo usarlo affatto”, dice il professor Guglielmi.
“Applicare il Patient Blood Management apporta numerosi benefici a tutti i pazienti sottoposti a intervento chirurgico.
A prescindere dalle motivazioni religiose dei Testimoni di Geova, è dimostrato che la trasfusione può avere un effetto dannoso per l’organismo, da un punto di vista infiammatorio, di immunosoppressione e di potenziale aumento delle infezioni.
Quindi, non trasfondere i pazienti in generale si traduce in un miglioramento della sopravvivenza e in una riduzione delle complicanze.
Nella nostra esperienza, eseguiamo circa 1.200 interventi all’anno, di cui circa sessanta interventi interessano i Testimoni di Geova.
Con l’esperienza maturata in questi 20 anni nella chirurgia oncologica maggiore epato-bilio-pancreatica e digestiva abbiamo ridotto le trasfusioni di sangue nei nostri pazienti complessivamente dal 25% al 10%, e 0% nei Testimoni di Geova”.
I pazienti anemici
Come comportarsi se un paziente è anemico? In quale modo viene trattato dalla sua équipe?
“La chirurgia deve essere fatta in sicurezza: noi non operiamo Testimoni di Geova anemici, perché il rischio di doverli trasfondere è alto”, spiega il professore.
“Non vogliamo farlo e non l’abbiamo mai fatto.
È dunque indispensabile una attenta valutazione preoperatoria del paziente e una correzione dell’anemia con somministrazione di ferro, folati, vitamina B12 ed eritropoietina.
Eseguiamo questi trattamenti per un periodo necessario per correggere l’anemia.
Quando questo avviene, allora possiamo operare il paziente con un basso rischio di doverlo poi trasfondere”.
La legge 219/17 su consenso informato e DAT fa chiarezza
La legge 219/17 sul consenso informato e le Disposizioni anticipate di trattamento (DAT), secondo il professor Guglielmi, ha favorito il rapporto medico-paziente e soprattutto tutela entrambe le figure.
“Prima della legge sulle DAT vi era una sorta di timore di incorrere in rivalse di tipo legale, per cui il rifiuto di trattare Testimoni di Geova nasceva anche da questa paura.
Adesso che si è fatta chiarezza su questi aspetti, il rapporto si è molto semplificato.
Personalmente ho vissuto un’esperienza molto positiva, perché in oltre 20 anni di rapporti di lavoro con i Testimoni di Geova non ho mai avuto problemi di questo tipo, avendo sempre un dialogo aperto, corretto e di fiducia.
Inoltre, sicuramente il chirurgo ha un ruolo centrale nel trattamento di questi pazienti ma è indispensabile che tutti gli operatori sanitari dell’Ospedale siano favorevoli a questa impostazione.
Il chirurgo può fare un bellissimo intervento, ma se l’anestesista non accetta l’intervento senza sangue, ecco che il progetto non si realizza.
È indispensabile quindi una sensibilizzazione che venga fatta sull’intero ambiente chirurgico, con tutte le figure professionali che vi lavorano”.
Trasfusioni: gli studi
Un recente studio scientifico a firma del professor Guglielmi ha avuto particolare risonanza a livello internazionale: la ricerca mette in luce 32 casi di resezione (asportazione parziale di un organo) pancreatica su pazienti Testimoni di Geova, operati senza sangue, nel rispetto delle loro convinzioni religiose.
Un articolo che ha avuto una vasta eco e che ha trovato spazio sulle pagine della rivista internazionale “Pancreatology”.
“I nostri interventi sui Testimoni di Geova”, dice Guglielmi, “sono particolarmente dedicati alla chirurgia oncologica digestiva, ovvero fegato, pancreas e apparato digerente.
Abbiamo svolto questa ricerca per illustrare e dimostrare come una attenta applicazione di un protocollo specifico possa ridurre a zero il ricorso alle trasfusioni avendo risultati assolutamente analoghi.
Abbiamo dimostrato che in queste resezioni non abbiamo utilizzato sangue, che non abbiamo messo a rischio il paziente per eventuali complicanze post operatorie e che l’outcome dei pazienti è stato totalmente sovrapponibile ai pazienti trasfusi e non trasfusi.
Un risultato, dunque, molto importante che ha illustrato in parte la filosofia generale del nostro protocollo di trattamento di questi pazienti.
Inoltre,, abbiamo attivato nel nostro Ospedale uno studio sulla valutazione e correzione dell’anemia preoperatoria.
Dai primi dati emerge che la correzione preoperatoria dello stato di anemia permette di ridurre le trasfusioni di oltre la metà, dal 40% al 20%.
Tutta questa attenzione all’aspetto della trasfusione, svincolato dall’aspetto religioso dei Testimoni di Geova, ha avuto un impatto estremamente positivo sulle nostre esperienze e sull’uso quotidiano”.
Immagine copertina di Karolina Grabowska https://www.pexels.com/it-it/foto/sfocatura-professionale-clinica-ospedale-4226924/