A incontrarla al Salone del Libro di Torino, Valentina Petri ti appare esattamente come tu immagini sia potuta diventare la prima della classe dei tempi del liceo, la biondina sempre attenta e sempre preparata, quella dolce creatura, con reminiscenze stilnovistiche, che ha fatto della scuola il suo pane quotidiano.
E invece, sotto queste mentite spoglie c’è una guerriera, una donna che affronta da anni l’impegnativa battaglia quotidiana per insegnare alle nuove generazioni la lingua italiana e la letteratura “del bel paese là dove ‘l sì suona» (Dante, Inf. XXXIII, vv. 79-80).
Non paga di questo, l’autrice ha aperto nel 2017 una seguitissima pagina Facebook nella quale raccontare le sue avventure scolastiche partendo dalla sua esperienza diretta, quella che oggi la vede insegnare Lettere a Vercelli, dove vive, all’Istituto Professionale Lombardi.
Dopo Facebook una nuova avventura, quella di scrittrice, iniziata nel 2020 con “Portami il diario” e proseguita ora con “Vai al posto”, esilaranti vicende in cui ogni riferimento a fatti o persone realmente esistite è assolutamente voluto, per quanto perfettamente celato.
Valentina Petri possiede l’arte dell’affabulatrice, la capacità di raccontare storie e renderle accattivanti, interessanti, piacevoli da ascoltare, anche perché condite dalla sottile tecnica dell’ironia, che ti porta a sorridere leggendo ogni capitolo del suo libro.
Tutto ciò in un contesto, quello della scuola, in cui se non si impara a sorridere non si sopravvive (psicologicamente, è ovvio), si cade preda della sindrome dell’insegnante insoddisfatto, quello che pensa che non ce la farà mai, a trasmettere l’importanza di un accento, un apostrofo, una rima, una metafora.
Con un bel bisticcio di parole si può dire che nessuno insegna agli insegnanti ad insegnare, che a loro si chiede di scendere in campo e affrontare la quotidianità con le armi spuntate, a volte addirittura senza: “La scuola non ti fa corsi di preparazione, semmai ti recluta, come soldato Jane. E alla fine non ti assume come farebbe una qualsiasi azienda, no. La scuola ti arruola. “
“Vai al posto” racconta di un intero anno scolastico, esami di maturità e cena del ricordo, del non perdiamoci di vista inclusa, mesi in cui si imparano non solo Manzoni e Leopardi, ma anche ad integrarsi, a calarsi nei panni altrui, a difendere chi non può farlo da solo, a capire che gli adulti, quelli dall’altra parte della cattedra, non sono nemici, ma compagni di viaggio.
Dieci mesi di vita in comune
Dal 1° settembre al 15 luglio, tanto dura il tempo della narrazione, a volte coincidente col tempo della storia, fatte salve le necessarie ellissi: Valentina Petri diventa l’io narrante che per la prima volta inizia come si deve un anno scolastico, essendo finalmente entrata in ruolo dopo tanta gavetta.
L’insegnante che ci racconterà il suo primo intero anno scolastico conosce già i futuri discepoli per essere stata, l’anno precedente, supplente annuale nel medesimo istituto.
La fauna umana è dunque già nota e classificata: ogni studente viene ricordato non col nome di battesimo, ma con quello che meglio lo rappresenta e che tutti usano in quel contesto: il Trucido, il Piallato, la Dama, il Lord, Chioma di Fuoco, Leoparda…
Non sfuggono al rito del rinominare neppure gli insegnanti, che diventano Mary Poppins, l’Elettrico, Naso che Cola, il Ruvido, il Rombo, Michael Bolton…
Nomen omen, nessun dubbio, in una scuola in cui la partenza dell’anno scolastico avviene sotto i peggiori auspici: a causa dei tagli del Governo, sono state accorpate due quarte dell’Istituto Professionale, trasformate in una sola, numerosa quinta, formata per metà da futuri elettricisti e per la restante metà dalle ragazze del corso Moda.
Niente di più lontano, un rischio non calcolato frutto soltanto della cieca furia di chi non capisce le necessità della scuola, pur essendone Ministro.
Trenta ragazzi che si amalgamano come l’acqua e l’olio, che si ribellano alle imposizioni pronti a spaccare tutto, ma che si scontrano con l’ottusa burocrazia e ne escono sconfitti.
E’ difficile lavorare in classi come queste, Valentina Petri non ha inventato nulla, ha solo preso spunto da tante esperienze, ma la sua Prof è una combattente indomita, ha il sacro fuoco dei neo-immessi in ruolo che la brucia e dà inizio a un anno in cui dovrà essere anche madre putativa, sorella, amica/nemica, fine psicologa, babysitter dei minorenni e via dicendo: un’ insegnante, in fondo.
Tra memorie-incubo della DAD, password da recuperare, colleghi esauriti dopo solo una settimana, segreterie più blindate di quelle della Casa Bianca, lavori perennemente in corso nei cortili, i giorni si susseguono tutti diversi, le barriere non cadono proprio ma cominciano a cedere, Manzoni e la peste diventano metafora dell’oggi, del nuovo contagio, il colle di Leopardi è associato ai luoghi dell’anima di ogni ragazzo, gli amori nati tra i banchi esplodono, le diversità vengono accettate con lentezza, le idee germogliano nelle teste degli adolescenti come fosse sempre primavera.
Valentina Petri racconta ogni studente nella sua bella individualità
Naturalmente questa è un’opera di fantasia. Studenti, colleghi, episodi sono tutti liberamente ispirati al variegato e bellissimo universo che compone la nostra scuola, qualunque scuola di qualunque luogo. Ma se siete mai stati in una scuola, allora sapete che tutte queste cose, da qualche parte, sono successe davvero.
Comincia così il racconto di Valentina Petri, con una verità tanto semplice quanto importante.
Parafrasando un grande scrittore russo potremmo dire che tutti gli studenti facili si assomigliano, ma che ogni studente difficile lo è a modo suo.
Con l’ironia che pervade ogni pagina del suo libro, l’autrice costruisce più identità ai suoi ragazzi, rendendoli uomini e donne, non tipi o macchiette, e chiunque sia stato in una scuola sa che è davvero così.
Le avventure di ordinaria quotidianità o di straordinaria eccezionalità, come il viaggio di tre giorni a Roma per essere incoronati vincitori di un concorso nazionale, acquistano valore perché incidono sulla formazione degli studenti, li plasmano affinchè sappiano affrontare il futuro nella buona e nella cattiva sorte.
Pazienza se tengono le cuffie – spente – in testa a mo’ di aureola, se si fondono col banco distesi su di esso, se hanno bisogno di ridare lo smalto viola alle unghie, perché poi ricordano Beatrice e Laura, “Molto rumore per nulla” di Shakespeare, applicano i temi dei sonetti danteschi alla loro quotidianità amorosa, rimangono incantati col naso all’insù nel Pantheon, anche solo per una frazione di secondo.
Valentina Petri sa che per un insegnante non contano i grandi traguardi, ma quelli piccoli, fatti di parole che scalfiscono la pietra come le gocce d’acqua, traghettando ad esempio tutti, anche i più riottosi, all’Esame di Stato.
Questi ragazzi sono quelli che lasciano ogni cosa a metà, come il Trucido che collezione assenze su assenze e forse lascerà Mascara che Cola, quelli che si impongono una parvenza da bulli per non essere essi stessi bullizzati per la loro diversità, ma anche quelli che, al Binario 21 della Stazione di Milano, non si capacitano di come il mondo abbia fatto a non vedere ciò che stava succedendo con la Shoah.
In questo romanzo – diario si sorride e si ride con Missile che gioca a carte con la suora di guardia all’ostello di Roma, ci si commuove con i regali dell’ultima pizza, ci si arrabbia per il linguaggio scurrile e privo di ogni logica sintattica che gli studenti utilizzano senza scrupolo alcuno, ma alla fine si capisce quanto sia struggente separarsi da loro al termine del percorso scolastico, sperando che siano tutti come fiori pronti a sbocciare, anche se chi li ha coltivati con amore non sarà più lì a vederli.
TITOLO : Vai al posto
EDITORE : Rizzoli
PAGG. 448 EURO 18,00 (versione eBook euro 9,99)