Di fronte all’approvazione dell’anticorpo monoclonale Nirsevimab da parte dell’EMA per la prevenzione delle malattie da virus respiratorio sinciziale (VRS) nel neonato, le Società Scientifiche si propongono come supporto per la valutazione all’Autorità di Sanità Pubblica e ne chiedono l’inserimento nel Calendario di Immunizzazione Nazionale.
Questo anticorpo monoclonale, si caratterizza per una lunga emivita, con una protezione dimostrata per almeno cinque mesi, ovvero per un periodo corrispondente alla stagione “di rischio” Autunno-Inverno, ed è utilizzabile in una singola somministrazione.
Inoltre, il presidio ha dimostrato, negli studi pre-registrativi, di essere sicuro e di poter ridurre dell’80% le infezioni respiratorie da VRS che richiedono assistenza medica e del 77% quelle che portano all’ospedalizzazione.
“Dopo l’allentamento nell’uso dei dispositivi di protezione individuale introdotti durante la Pandemia si è assistito a un rilevante aggravamento di questo tipo di patologie”, dice la professoressa Roberta Siliquini, Presidente della Società Italiana d’Igiene.
“La prevenzione delle infezioni e delle malattie da Virus Respiratorio Sinciziale nell’infante rappresenta, quindi, una priorità di Sanità pubblica, come riconosciuto e sottolineato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2021”.
Virus Respiratorio Sinciziale: i dati
Il Virus Respiratorio Sinciziale è uno dei principali agenti patogeni che colpiscono le vie respiratorie nei bambini più piccoli.
A livello mondiale, ogni anno, provoca, tra i bambini di età inferiore ai 5 anni, circa 33 milioni di casi di infezioni delle basse vie respiratorie che richiedono assistenza medica, 3.6 milioni di ospedalizzazioni e la morte di oltre 100mila bambini, con un costo indotto di circa 4.82 miliardi di Euro.
Oltre il 60% dei bambini contrae il VRS entro il compimento di 1 anno di età, e quasi tutti si infettano almeno una volta entro il compimento dei 2 anni di età.
Considerando un’intera coorte di nascita, oltre il 20% sviluppa un’infezione severa da VRS con necessità di assistenza medica ambulatoriale, mentre quasi il 4% del totale della coorte di bambini nel primo anno di vita richiede ospedalizzazione.
Dei bambini ospedalizzati, circa il 20% ha necessità di ricovero in reparti di terapia intensiva.
Inoltre, circa il 70% dei bambini che hanno avuto bronchiolite da VRS va incontro a broncospasmo ricorrente negli anni successivi e quasi il 50% sviluppa asma bronchiale.
Il virus provoca anche frequenti reinfezioni in soggetti di età più avanzata.
Virus respiratorio sinciziale: i fattori di rischio
Tutti i bambini sono a rischio di sviluppare una forma di infezione severa delle basse vie aeree da VRS, come bronchiolite e polmonite, tale da richiedere assistenza medica, ambulatoriale o ospedaliera.
Questo perché il rischio di infezione severa da VRS dipende da più fattori, tra cui in particolare:
- stagionalità, in Italia solitamente di 5 mesi compresi nel periodo ottobre/novembre – marzo/aprile
- età inferiore a 1 anno, specie inferiore ai 3 mesi
Vi sono fattori di rischio aggiuntivi per una prognosi più grave, quali nascita pretermine, displasia bronco-polmonare, cardiopatie congenite emodinamicamente significative, e altre malattie che implicano deficit immunitari o neuromuscolari.
Tuttavia, dati italiani raccolti in 5 diverse stagioni invernali dimostrano che l’88% delle ospedalizzazioni per VRS si sono avute in bambini sani e nati a termine.
Non vi sono terapie specifiche per la cura di infezioni gravi da RSV, il solo farmaco autorizzato (ribavirina) è di complessa gestione per problematiche di sicurezza di utilizzo.
Pertanto, la cura delle gravi forme di malattia delle basse vie respiratorie si limita più spesso a terapie sintomatiche e misure di supporto (idratazione e ossigeno).
Prevenzione e terapie: com’è la situazione attualmente?
“Attualmente non vi sono terapie specifiche per la prevenzione”, spiega la professoressa Annamaria Staiano, Presidente di SIP.
“Ad oggi, la sola misura efficace è un anticorpo monoclonale, chiamato Palivizumab, in grado di prevenire le forme più gravi di malattia del tratto respiratorio inferiore, le cui indicazioni cliniche sono, però, limitate a una esigua quota di soggetti in età pediatrica, ovvero ai:
- bambini nati con età gestazionale uguale o inferiore alle 35 settimane (in realtà limitati in alcune Regioni solo ai nati con meno di 29 settimane di età gestazionale, in altre in nati con meno di 32 settimane di età gestazionale) e con un’età inferiore ai 6 mesi al momento dell’inizio dell’epidemia stagionale da VRS
- bambini di età inferiore ai 2 anni trattati per displasia broncopolmonare negli ultimi 6 mesi
- bambini di età inferiore ai 2 anni con malattia cardiaca congenita emodinamicamente significativa.
Peraltro, la protezione conferita da una dose di Palivizumab dura circa 1 mese, rendendo necessarie fino a 5 dosi a stagione del farmaco, con evidenti problemi di adesione completa al regime prescritto, e di costi.
L’utilizzo di questo anticorpo monoclonale per la protezione di tutti i nuovi nati si scontra quindi con insolubili problemi organizzativi ed economici.
La disponibilità di un nuovo anticorpo monoclonale, il Nirsevimad, potrebbe consentire di proteggere in via preventiva tutti i neonati da un virus che, negli ultimi tempi, ha mostrato un’importante aumento, contribuendo a mettere in difficoltà i reparti pediatrici di molti ospedali”.
Post pandemia: i casi aumentano
Dopo l’allentamento nell’uso dei dispositivi di protezione individuale introdotti durante la pandemia da COVID-19, particolarmente le mascherine, si è assistito a un’importante aumento delle malattie da VRS, legata anche alla pressoché mancata circolazione di qualsiasi virus respiratorio nella stagione 2020/21.
Questo ha aumentato in misura notevole il numero dei suscettibili, tanto che già nell’inverno 2021/22 l’infezione da VRS ha mostrato un picco di incidenza anticipato e ben più alto rispetto alle stagioni pre-pandemiche, con conseguente sovraccarico delle strutture sanitarie deputate alla cura dei bambini più piccoli.
Da una valutazione della letteratura, è emersa non solo una aumentata incidenza del virus, in coincidenza con la riduzione delle misure di contenimento della pandemia da COVID 19, ma anche una maggior aggressività dello stesso, con conseguente aumento della necessità di ossigenoterapia e occupazione delle terapie intensive.
Il VRS ha contribuito in maniera assolutamente rilevante, insieme ai virus influenzali, anche alla precoce e intensa stagione di incidenza di malattie infettive respiratorie registrata nei mesi di novembre e dicembre 2022.
Il nuovo anticorpo monoclonale: cosa ci si aspetta dal futuro
Nell’imminenza dell’autorizzazione all’immissione in commercio, le Società scientifiche auspicano che venga prontamente riconosciuta la novità, anche in termini regolatori, di Nirsevimab, considerando la sua classificazione non quale presidio terapeutico (come sempre avvenuto per gli anticorpi monoclonali), ma preventivo, nella prospettiva dell’inserimento nel Calendario Nazionale di Immunizzazione.
“Con la disponibilità di Nirsevimab appare possibile una strategia di prevenzione universale delle malattie da VRS, che andrebbe inquadrata in termini regolatori e organizzativi alla stregua di un programma vaccinale che interessi l’intera coorte di nuovi nati”, dice il professore Paolo Bonanni, Coordinatore scientifico del Board “Calendario per la Vita”.
“Per proteggere quest’ultima, si dovrebbe pensare a organizzare la somministrazione universale di questo anticorpo direttamente in ambito ospedaliero, prima della dimissione dal reparto di maternità, per tutti i bambini nati nel periodo epidemico ottobre-marzo.
I nati nel periodo aprile-settembre, dovrebbero invece essere immunizzati passivamente a ottobre dell’anno di nascita, a cura dei servizi territoriali e del proprio pediatra di libera scelta”.
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