Mangiare carciofi è un’abitudine molto sana, poiché si tratta di verdure tra le più saporite e versatili in cucina.
In più, le foglie sono ricche di vitamine, minerali e antiossidanti.
Inoltre, è da sempre un alimento molto apprezzato, e ne esistono diverse varietà.
In Sicilia nasce un nuovo Presidio Slow Food: il carciofo di Niscemi
C’è un nuovo Presidio Slow Food in Sicilia: si tratta del carciofo di Niscemi, in provincia di Caltanissetta.
Con questo, l’isola si conferma la regione italiana con più progetti di tutela della biodiversità targati Slow Food: sono infatti 51.
“Storicamente Niscemi è la capitale del carciofo, qui sono tantissimi i produttori che si dedicano a questa coltivazione”, spiega Valentina Maria Vacirca, fiduciaria della Condotta Slow Food Niscemi – Terre del Maroglio.
E allora perché avviare un Presidio Slow Food per difenderlo?
Perché oggetto del Presidio è un ecotipo particolare, quello autoctono della città.
Lo chiamano nostrale per distinguerlo dalle varietà che negli ultimi decenni hanno preso il sopravvento nei campi della zona, come il violetto di Provenza e il carciofo romanesco.
Carciofi: in treno da Caltagirone a Roma
“Il nostrale è un carciofo che non ha avuto la fortuna commerciale degli altri, semplicemente perché è delicato”, dice Vacirca.
“Quando viene raccolto dev’essere consumato entro due o tre giorni, altrimenti il suo aspetto tende a guastarsi”.
Di sapore rimane buonissimo, ma diventa meno vigoroso e turgido, pagando quindi lo scotto di una concorrenza che spesso passa anche dall’apparenza.
“È come un fiore che, una volta raccolto, appassisce nel giro di qualche giorno”, spiega Valentina Maria Vacirca.
“Infatti, patisce questo problema estetico di conservazione, ma che non influisce sulle qualità organolettiche”.
Così, complice l’avanzata di varietà più resistenti, il nostrale è andato quasi perduto.
Eppure un tempo le cose (commercialmente parlando) erano diverse.
“Un secolo fa i carciofi di Niscemi, quelli originali, venivano venduti addirittura ai mercati generali di Roma”, spiega Vacirca.
“I carciofi viaggiavano in treno da Caltagirone, una ventina di chilometri più a nord di Niscemi, dopo essere stati trasportati a dorso di mulo o nei carretti dai campi dove venivano coltivati”.
Può un carciofo combattere lo spopolamento?
Il progetto che ha portato alla nascita del Presidio Slow Food del carciofo di Niscemi è stato lungo.
“Ci lavoriamo da parecchi anni”, dice Giuseppe Stimolo, ex fiduciario della Condotta Niscemi – Terre del Maroglio.
I produttori coinvolti, al momento, sono due, ma la platea di coltivatori potenzialmente interessati è molto più ampia.
“Niscemi è una città dalla tradizione fortemente agricola”, spiega Stimolo.
“Non soltanto legata alla produzione di carciofi ma anche di primizie come pomodori e peperoni e i primi due produttori del Presidio hanno già manifestato la disponibilità a fornire gratuitamente ad altri gli ovoli per allargare la produzione”.
“La speranza è però anche un’altra”, dice Fabio Di Francesco, presidente di Slow Food Sicilia.
“Coinvolgere ragazze e ragazzi, offrendo loro la possibilità di lavorare la terra nei luoghi in cui sono nati, invece di migrare altrove in cerca di fortuna.
Oltre a mettere in sicurezza un prodotto dal punto di vista agronomico, i Presìdi che nascono nei piccoli borghi e nelle aree interne della Sicilia sono preziosissimi perché possono rappresentare un’occasione dal punto di vista economico.
Spero che quello del carciofo di Niscemi abbia un forte impatto sociale sul territorio, che aiuti cioè a combattere lo spopolamento che in quest’area si fa sentire in modo particolare”.
Caratteristiche del carciofo nostrale di Niscemi
Il carciofo di Niscemi, anticamente soprannominato vagghiàrdu (“gagliardo” in dialetto) per l’aspetto vigoroso della pianta, non presenta spine.
I capolini hanno la forma di un calice, le brattee, cioè le “foglie”, sono di colore verde chiaro con sfumature violette.
Il cuore del carciofo è compatto, dal sapore delicato e dolce, e la presenza di pappo o “barba” è scarsa, motivo per il quale gli scarti sono molto ridotti.
In cucina si può consumare crudo, in insalata, oppure bollito e poi intinto in un condimento di olio extravergine d’oliva, aceto e peperoncino, o ancora in risotti, ad esempio abbinato alla menta.
La ricetta tradizionale, però, prevede di consumare i carciofi arrostiti: cotti sulla brace e poi conditi con olio e sale, eventualmente con l’aggiunta di pepe, aglio e prezzemolo.
Una tradizione tramandata da decenni: i contadini erano soliti mangiare i carciofi arrostiti nei campi, cuocendoli sul carbone prodotto dai piccoli fuochi accesi per riscaldarsi nelle fredde mattine di lavoro.
Diffusa, infine, la tradizione della ‘a carciofina, la tipica conserva siciliana ottenuta dai cuori dei piccoli carciofi di marzo e aprile, i più tardivi.
Il carciofo di Paestum
Ingrediente fondamentale della Dieta Mediterranea, il carciofo tondo di Paestum accompagna da tempo immemorabile la cultura gastronomica e rurale delle popolazioni del Mezzogiorno d’Italia, specie della Campania e della provincia di Salerno.
Infatti, l’area di produzione del “Carciofo di Paestum” IGP è concentrata nella Piana del Sele, in provincia di Salerno, e più precisamente nei comuni di: Agropoli, Albanella, Altavilla Silentina, Battipaglia, Bellizzi, Campagna, Capaccio, Cicerale, Eboli, Giungano, Montecorvino Pugliano, Ogliastro Cilento, Pontecagnano Faiano, Serre.
I prodotti tipici locali sono particolarmente apprezzati dai consumatori proprio per la loro forte connessione con i luoghi di coltivazione, allevamento e produzione, fatto che li rende unici, in qualche modo rappresentativi della cultura e della tradizione dei luoghi.
Carciofi di Paestum: tecniche di coltivazione e proprietà benefiche
Il Carciofo di Paestum IGP è frutto di un’accurata e laboriosa tecnica di coltivazione, che gli operatori agricoli della Piana del Sele hanno affinato nel corso di decenni.
“Attualmente il metodo più affermato è l’utilizzo dei “carducci” (germogli che si formano dalle radici) prelevati direttamente dalle piante madri e piantati nel terreno durante il mese di settembre”, spiega Roberto Camillo, agronomo.
I carciofi di Paestum:
- regolano l’appetito
- sono tonici e disintossicanti
- depurano il fegato
- abbassano il colesterolo
- purificano la pelle.
Ricco di sostanze salutari e con solo 22 calorie per 100 gr di prodotto, il carciofo tondo è particolarmente adatto nelle diete.
La coltivazione nella Piana del Sele
Il carciofo è una pianta poliennale tipica del mediterraneo.
“La Piana del Sele ha un clima di tipo mediterraneo, mite da ottobre-dicembre e freddo nei primi mesi dell’anno, caldo da maggio a settembre”, spiega Rosa Fierro, dottoressa in Scienze Ambientali.
“In particolare il carciofo di Paestum, per la sua precocità, in riferimento al periodo di produzione (febbraio-maggio), è proprio caratterizzato da un clima fresco e piovoso che conferisce maggiore tenerezza e delicatezza ai capolini e alla parte basale delle brattee e al ricettacolo più carnoso e gustoso, caratteristiche importanti per vari impieghi culinari e per il piacere del palato”
Perché il carciofo di Paestum ha un marchio IGP?
L’IGP (Indicazione Geografica Protetta) è una certificazione che identifica un prodotto originario di un luogo, di una regione o di un paese alla cui origine geografica sono attribuibili una data qualità.
Le caratteristiche pedoclimatiche della Piana del Sele, zona di produzione del carciofo di Paestum, rendono unico questo prodotto.
“L’IGP è una certificazione che identifica un forte legame che lega un prodotto con il territorio di origine, di un’area geografica che ne conferisce la qualità, reputazione o caratteristica specifica e ne favorisce e il sistema produttivo e l’economia del territorio”, dice Rosa Fierro.
“Inoltre contribuisce alla tutela ambientale perché il legame indissolubile con il territorio di origine esige la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità, sostiene la coesione sociale dell’intera comunità.
Da non sottovalutare, la maggior garanzia ai consumatori”.
Le caratteristiche di distinzione del carciofo di Paestum, per cui è stata riconosciuta l’Indicazione Geografica Protetta, rispetto a un altro carciofo sono:
- la pezzatura grossa
- forma sub-sferica
- sapore gradevole
- precocità
- tenerezza e delicatezza dei capolini
- colore verde con sfumature violetto – rosacee.
Qual è la stagionalità del carciofo?
Il carciofo sul mercato è possibile reperirlo in due tipi di varietà:
- varietà autunnali caratterizzate da un capolino medio piccolo
- varietà primaverili caratterizzate da un capolino medio-grande.
In quest’ultime rientra il Carciofo di Paestum IGP ascrivibile al gruppo genetico del carciofo di tipo romanesco.
Quali sono le preparazioni erboristiche a base di carciofi?
La principale forma in cui si utilizzano le foglie di carciofo è il decotto.
“Le foglie vengono lasciate in ebollizione per 10/15 minuti, poi filtrate e il liquido bevuto prima o dopo i pasti (dopo i pasti per disturbi legati alla cattiva digestione)”, spiega Simona Otranto, erborista.
“Questa preparazione è piuttosto amara.
L’infuso, ossia la macerazione delle foglie in acqua bollente per 15/20 minuti risulta essere più gradevole ma meno efficace.
La tintura è invece una soluzione idroalcolica ottenuta per macerazione delle foglie (fresche) in acqua e alcol a 65° per 5 giorni.
La moderna fitoterapia utilizza gli estratti secchi titolati preparati in laboratorio, sempre a partire dalle foglie, attraverso processi di estrazione, evaporazione del solvente, concentrazione rispetto a un principio attivo la cui quantità risulta standardizzata e costante”.