Malattie delle piante: possono viaggiare con noi e causare danni

Malattie delle piante: possono viaggiare con noi e causare danni

La ruggine del caffè di Ceylon, la peronospora della patata nel 1850 in Irlanda e la xylella nell’ultimo decennio in Puglia, hanno qualcosa in comune: sono alcune testimonianze della portata distruttrice delle malattie delle piante.

In un mondo globalizzato come quello in cui viviamo, le conseguenze possono essere davvero serie.

Intere produzioni cancellate, economie distrutte, importazioni ed esportazioni bloccate, carestie. I parassiti delle piante non conoscono confini e, da sempre, si spostano causando danni.

Questo è uno dei temi che sono stati affrontati a ColtivaTo 2023, la Fiera Internazionale dell’Agricoltura.

Le malattie delle piante in un mondo globalizzato 

Le malattie e i parassiti delle piante non conoscono confini. A maggior ragione in un mondo globalizzato come il nostro in cui, ogni giorno, si spostano fiumi di merci e persone.

Infatti, attraverso questi due vettori, le malattie delle piante si possono diffondere anche a centinaia di km di distanza rispetto al loro Paese d’origine. E tutto ciò non può che peggiorare se si parla di delocalizzazione.

La delocalizzazione delle produzioni segue alcuni semplici e cinici punti. In altri Paesi, rispetto a quelli europei, vi sono climi migliori e più adatti alla coltivazione che, talvolta, consentono anche di aumentare i cicli colturali annui. Inoltre, la manodopera è, solitamente, a basso costo. Questi due fattori stanno letteralmente trasformando il mercato in questione, ma dobbiamo fare i conti con le conseguenze.

Il caso dei tulipani

Malattie delle piante: possono viaggiare con noi e causare danni
Maria Lodovica Gullino

Per esempio, vi siete mai chiesti da dove arrivano i tulipani?

Per opinione diffusa parlare di tulipani richiama mulini e distese di campi colorati in Olanda. Ma al giorno d’oggi non è più così.

“L’Olanda si occupa del commercio dei fiori, ma i bulbi sono coltivati altrove. Per esempio, in Marocco e in Kenia“, commenta Maria Lodovica Gullino, Docente di Patologia vegetale all’Università di Torino dove è Direttore del Centro di Competenza per l’Innovazione in campo agro-ambientale (AGROINNOVA) e Vice-Rettore per la Valorizzazione delle risorse umane e culturali.

Patogeni e parassiti che colpiscono i bulbi, o i semi di altri fiori e piante, possono ritrovarsi così catapultati in altri habitat e, se si adattano al nuovo ambiente, possono causare enormi danni all’ecosistema locale.

Ci sono anche casi in cui il loro adattamento al nuovo ambiente non provoca danni ingenti.

“Possiamo pensare, con un po’ di fantasia, alle malattie delle piante come alle migrazioni umane. Capita spesso che non si vedano di buon occhio i forestieri ma, se contribuiscono ed entrano in equilibrio con il sistema locale, si integrano diventando parte dello stesso”, continua Gullino.

Proprio per questo motivo, durante la presentazione di sabato 1 aprile di Coltivato, si è parlato di “parassiti con la valigia”.

Malattie delle piante negli ultimi 200 anni

Per dare un’idea dei danni che malattie non autoctone, vale a dire non originarie del luogo, hanno causato, facciamo qualche esempio.

  • La ruggine del caffè. La colonia inglese di Ceylon ( attuale Sri Lanka), basava la sua economia sulla produzione di caffè. L’esportazione in Inghilterra di caffè rendeva questa bevanda “nobile” a differenza del tè che era ritenuto essere poco più che “acqua sporca”. Tuttavia, con l’arrivo della ruggine del caffè, una malattia causata da un fungo, interi acri di campi coltivati andarono persi. La produzione di caffè si spostò in altri Paesi, e la colonia di Ceylon iniziò a coltivare il tè che, come tutti sanno, divenne pochi anni dopo la bevanda tradizionale inglese.
  • La Grande Carestia in Irlanda. Tra il 1845 e il 1848 l’Irlanda sperimentò la distruzione causata dalla peronospora della patata, un patogeno che distrusse la maggior parte delle coltivazioni. Di conseguenza, scoppiò una carestia e alcune epidemie tra cui tifo, scorbuto, dissenteria. Il bilancio fu di 2,5 milioni di persone tra morti ed emigrati. Le isole, come l’Irlanda in questo caso, sono ancora più esposte alle malattie delle piante provenienti da altri Paesi, in quanto l’ecosistema locale è meno soggetto a “invasioni esterne”, poichè chiuso e in equilibrio tra i confini delle sue coste.
  • L’inverno delle rape in Germania. La peronospora della patata colpì anche la Germania tra il 1915 e il 1916. Durante la Prima Guerra Mondiale la Germania decise di impiegare il rame per scopi bellici (munizioni e armamenti), togliendolo anche all’agricoltura (fungicida naturale). La dieta tedesca, che in quel periodo si basava molto sulle patate, fu stroncata da un’epidemia di peronospora che si diffuse tra i magazzini non ben isolati. Morirono oltre 700 mila persone per la carestia che ne scaturì e, i più fortunati, si cibarono di rape ricordando quel periodo come” l’inverno delle rape“.
  • La Xylella fastidiosa in Puglia. Questo patogeno invasivo colpì la Puglia nel 2008, distruggendo milioni di piante nel Mediterraneo tra cui moltissimi ulivi. Un’analisi genomica condotta da esperti su alcuni campioni infetti, ha dimostrato che la Xylella sia arrivata in Italia da una pianta di caffè proveniente dal Costa Rica.

Sistemi di prevenzione e diagnostica

In un mondo segnato dalla globalizzazione, la circolazione di merci e, in questo caso di semi, bulbi e piante, la prevenzione e la diagnostica sono di primaria importanza.

“Viene controllato a campione il prodotto sia in commercio, sia nelle aziende sementiere produttrici stesse”, spiega Gullino.

“Se i prelievi sulle partite, per esempio di semi, dovessero risultare positivi a determinati patogeni, attraverso specifici processi e trattamenti, è possibile risanarli, così da non doverli scartare”, continua Gullino.

Nel caso in cui si rilevasse la presenza sul territorio di una nuova malattia delle piante, esistono sistemi di allarme rapidi per diffondere la segnalazione di pericolo. In questo caso, tecnici esperti del settore possono intervenire per mettere in atto misure di sicurezza che talvolta possono anche essere drastiche; per esempio, si può valutare l’estirpazione di numerose piante infette per limitare la diffusione del patogeno segnalato.

“È necessario che i tecnici per la biosicurezza, i ricercatori e le aziende produttrici siano in contatto per essere sempre aggiornati sui nuovi patogeni in circolazione”, afferma Gullino.

La condivisione dell’informazione è di vitale importanza. Infatti, è inutile lamentarsi, per esempio, dell’importazione di prodotti da Paesi che non eseguono i nostri stessi controlli fitosanitari. Infatti, se la globalizzazione ha portato a queste dinamiche, servono comunicazione e condivisione per alzare la qualità dei controlli in tutto il mondo.

Il rischio, altrimenti, è quello di enormi danni all’ecosistema, intere economie, esportazioni e importazioni bloccate.

Lo sanno bene, ancor più di altri Stati, alcune isole come l’Australia, che negli aeroporti effettua rigidissimi controlli dei bagagli per prevenire l’importazione e l’esportazione, in questo caso, di materiale vegetale.

Bisogna persino prestare attenzione alla presenza di fango o terriccio sotto la suola delle scarpe.

Agroterrorismo

La biosicurezza sta diventando uno dei temi più importanti per la comunità internazionale. L’idea che i parassiti delle piante possano essere utilizzati come arma batteriologica non è priva di fondamento.

“L’introduzione deliberata di parassiti delle piante può mettere a rischio l’economia agricola di una nazione, la qualità e la sicurezza delle produzioni, la fiducia dei consumatori e, più in generale, il benessere di un Paese”, spiega Gullino.

“La forensica legata alla biosicurezza si occupa proprio di questo: prevenire e studiare i focolai delle epidemie vegetali per distinguere tra naturali o causati dall’azione volontaria umana“, continua Gullino.

Turisti, e non solo: fate attenzione 

Per quanto alcuni Paesi in maniera più rigida di altri cerchino di impedire o limitare l’introduzione di materiali vegetali, non tutto viene controllato a dovere.

Immaginiamoci di viaggiare in un posto esotico, e di apprezzare la flora locale al punto da volerla portare in piccolo sul nostro balcone.

Prelevare semi, bulbi, fiori, piante e radici, e portarli in un altro ambiente, come abbiamo intuito, può causare gravi conseguenze. Dal vaso del nostro balcone, attraverso il vento che allontana le spore (cellule riproduttrici), e l’acqua che può far cadere del terriccio, insieme a molti altri casi, possiamo essere noi stessi responsabili di un’epidemia su larga scala.

Ma non solo. In un mondo globalizzato non è necessario viaggiare per poter entrare a contatto con la flora di Paesi esotici e tropicali.

Basta aprire un sito per gli acquisti online, e il gioco è fatto.

Non bisogna acquistare prodotti vegetali provenienti da posti lontani, a meno che non siano stati controllati e certificati“, conclude Gullino.

Infatti, se si parla , per esempio, di semi acquistabili online, questi riporteranno una dichiarazione di controllo avvenuto per l’assenza di parassiti. Ovviamente, nel caso in cui siano prodotti e messi in commercio da aziende affidabili.

Molte altre volte, invece, un semplice prezzo molto basso può essere un indicatore di controlli e trattamenti non eseguiti ed è, pertanto, sconsigliato l’acquisto.

 

 

 

Copertina: foto di cottonbro studio: https://www.pexels.com/it-it/foto/natura-persona-giardino-seduto-4503261/

Foto di Mike B: https://www.pexels.com/it-it/foto/fiore-rosa-bromeliad-in-fotografia-ravvicinata-109574/

About Umberto Urbano Ferrero

Umberto Urbano Ferrero, collaboratore Torinese d’origine, cittadino del mondo per credo. Laureato in Lettere moderne, ama l’arte in tutte le sue forme e viaggia per conoscere il mondo, oltre che se stesso. Umberto è appassionato di sport e Urbano, al contrario di ciò che l’etimologia suggerisce, apprezza la vita a contatto con la natura. Ritiene la curiosità una delle principali qualità in una persona, caratteristica essenziale per guardare il mondo da più angolazioni.

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