Calcio e malattie neurologiche: ecco uno studio recente
Salute

Calcio e malattie neurologiche: ecco uno studio recente

08/11/2019
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Calcio e malattie neurologiche: lo sport più bello del mondo è realmente un toccasana, anche per la salute futura di chi lo pratica? Anche sui tacchetti, il pericolo è sempre in agguato. Bisogna fare i dovuti distinguo.

Calcio e malattie neurologiche: calciatori scozzesi professionisti sotto la lente

Parlando del calcio (che i nostri connazionali adorano) e degli sportivi che lo praticano, è stato pubblicato New England Journal Calcio e malattie neurologiche: ecco uno studio recenteof Medicine uno studio epidemiologico retrospettivo condotto da Mackay e colleghi su 7676 ex calciatori scozzesi professionisti, identificati in un database. Sono emerse “buone e cattive notizie”, in merito alle potenziali conseguenze a lungo termine del fatto di giocare a calcio a livello professionale.

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Calcio e malattie neurologiche: confronto degli ex calciatori con la popolazione

Gli ex calciatori scozzesi sono stati appunto confrontati con la popolazione generale: i dati parlano chiaro. Essi presentavano una mortalità più bassa per le malattie neurologiche e non neurologiche comuni (ictus cerebrale e tumori del polmone): questa, senza ombra di dubbio, è una buona notizia.
Tuttavia, essi hanno fatto registrare mortalità più elevata, in caso di malattie neurodegenative e prescrizione di farmaci per la demenza (ecco la cattiva notizia).

Calcio e malattie neurologiche: microtraumi negli sport di contatto

Il professor Gioacchino Tedeschi, presidente della Società italiana di Neurologia e direttore I Clinica Neurologica e Neurofisiopatologia, Aou Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli, si è espresso in questo modo: “Affrontiamo l’argomento con chiarezza. In particolare, dallo studio relativo ai calciatori scozzesi emerge come tra le malattie neurodegenerative sia riportata una maggiore mortalità per la malattia di Alzheimer, mentre è registrata una minore mortalità per la malattia di Parkinson. I risultati di questo studio si sommano a un filone di ricerca già portato avanti in precedenza, per diversi anni”.

Calcio e malattie neurologiche: per chi non è un calciatore professionista

Calcio e malattie neurologiche: ecco uno studio recenteChiariamo un punto: chi non è un giocatore professionista deve temere qualcosa? Gioacchino Tedeschi ha aggiunto: “Fermo restando il fatto che l’esercizio fisico moderato, l’attività fisica, nonché la pratica sportiva a livelli più competitivi danno importanti benefici per la salute, tra i quali spicca la riduzione del declino cognitivo e del rischio di manifestare demenza, alcuni sport di contatto causano frequenti traumi o microtraumatismi ripetuti”. Che cosa avviene allora? “Può in tal modo aumentare il rischio di compromissione cognitiva e neuropsichiatrica, ad esordio tardivo, dopo anni dall’attività agonistica, nonché il rischio di malattie neurodegenerative e di encefalopatia traumatica cronica (Cte). Particolarmente determinante è la durata dell’esposizione a traumatismi ripetuti, piuttosto che l’intensità di singoli, rari episodi traumatici. Questo ultimo dato è tranquillizzante per i calciatori amatoriali, poiché i soggetti a rischio sono soltanto i professionisti che per anni hanno subito dei micro-traumatismi. Ecco perché possiamo rilassarci e continuare tutti quanti a giocare la ‘partitella’ serale”. Perché nessuno dimentichi lo spirito del calcio.

È dal 1993 che studia, analizza e sfrutta il WEB. Dicono sia intelligente, ma che non si applichi se non sotto stress, in quel caso escono le sue migliori idee creative. Celebre la sua frase: “è inutile girarci in giro, chi non usa il web è destinato a fallire”. È docente di webmarketing per l’internazionalizzazione d’impresa, dove incredibilmente, per ora, è riuscito a non rovinare alcuno studente. In WMM si occupa di sviluppare modelli di business utilizzando logiche non convenzionali.

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