Novembre è, in tutto il mondo, il mese della sensibilizzazione sul tumore del polmone che colpisce soprattutto gli uomini, ma minaccia sempre di più le donne. Ogni anno è responsabile in media di 34 mila decessi, infatti è la prima causa assoluta di morte in anbito oncologico. Nel 2020 ci sono stati circa 41.000 nuovi casi, tra cui 27.550 uomini e 13.300 donne.
L’abitudine al fumo in aumento nella popolazione femminile rispetto a quella maschile ha innalzato del 5% negli ultimi 5 anni il rischio delle donne di contrarre il tumore al polmone contro una diminuzione dell’11% per gli uomini. Questo perché il fumo è responsabile quasi del 90% dei casi di questo tumore, che generalmente viene scoperto in ritardo per la mancanza di sintomi specifici.
Tumore del polmone: si scopre tardi
Soltanto il 38% dei tumori viene diagnosticato nei primi due anni; il 20% tra i due e i cinque anni; il 17% tra i cinque e i dieci anni; e ben il 25% a più di dieci anni dall’insorgenza.
Oltre alla velocità con cui viene eseguita, anche la precisione della diagnosi fa la differenza e permette di individuare cure più efficaci e meglio tollerate. I tumori del polmone, infatti, non sono tutti uguali: anzi sono quelli con il più alto numero di mutazioni identificabili. Inoltre è complesso esaminarle, perché nell’area polmonare è difficile effettuare prelievi di tessuto utili a rivelare le diverse mutazioni genetiche.
I risultati della ricerca nel campo della biologia molecolare consentono oggi di studiare contemporaneamente le tante mutazioni genetiche scoperte nel 60% delle forme dette “non a piccole cellule” (NSCLC) e che rappresentano l’85% del totale. Un elemento determinante nella lotta a questo tumore, perché proprio sulla base dell’identikit genetico è oggi possibile in 4 casi su 10 utilizzare cure mirate, garantendo ai pazienti una migliore qualità e una maggiore aspettativa di vita.
Profilazione simultanea di più mutazioni
“Dal momento che, in due casi su tre il tumore del polmone viene scoperto quando è già in fase avanzata, ci si trova nella possibilità di prelevare solo una piccola quantità di materiale tessutale e cellulare da analizzare”, spiega Renato Franco, professore ordinario di Anatomia Patologica dell’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, nonché Coordinatore del Gruppo Italiano di Studio di Patologia Pleuro-Polmonare, Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopatologia diagnostica.
“La possibilità di eseguire la profilazione simultanea di più mutazioni con i test NGS (Next Generation Sequencing) è quindi fondamentale.
Ciò permette di acquisire il maggior numero di informazioni riguardo la profilazione genomica senza rischiare di esaurire lo scarso campione biologico a disposizione, già utilizzato per effettuare diagnosi istopatologiche spesso complesse, indirizzando così il paziente a terapie mirate sulla base della carta d’identità genetica del tumore”.
Solo 1 paziente su 2 beneficia dei test più innovativi
Attualmente però, nel nostro Paese, solo la metà dei pazienti riceve una precisa profilazione genomica del tumore che l’ha colpito. “Attualmente, neppure il 40% dei nostri laboratori di biologia molecolare utilizza i test NGS nella routine diagnostica quotidiana dei tumori polmonari”, osserva Marcello Tiseo, professore associato di Oncologia, Università di Parma, Responsabile SS di U.O. ‘Gestione attività ambulatoriali oncologiche complesse’ e coordinatore PDTA di Oncologia Toracica AOU di Parma.
“Nella maggioranza delle strutture viene eseguito solo uno studio molecolare di base e quindi oltre il 50% dei tumori polmonari non a piccole cellule rischia di non venire adeguatamente caratterizzato da un punto di vista molecolare. Un aspetto tutt’altro che secondario, se si considera che la sopravvivenza a 5 anni (attualmente del 16%) sta aumentando proprio per merito dei trattamenti con i farmaci a target, più efficaci e meglio tollerati dai pazienti rispetto alla chemioterapia, da sola o in combinazione con l’immunoterapia”.
Stop al tumore del polmone
Per stoppare il tumore del polmone (prima causa di morte tra gli uomini, seconda tra le donne dopo il tumore al seno) è necessario che tutti i laboratori di biologia molecolare siano in grado di tracciarne l’identikit genetico attraverso la Next Generation Sequencing.
Un’operazione sostenibile da parte del Sistema sanitario nazionale, che anzi ne trarrebbe un vantaggio in termini di razionalizzazione della spesa, come ha confermato uno studio su due strutture italiane coordinato dal dottor Carmine Pinto, presidente della Federazione dei gruppi delle cooperative italiane oncologiche (FICOG) e direttore dell’Oncologia Medica del Comprehensive Cancer Centre dell’AUSL-IRCCS di Reggio Emilia.
“L’obiettivo, non più procrastinabile, è quello di assicurare un’equità di cure ai malati oncologici in tutto il nostro Paese”, commenta.
“Nell’ambito delle Reti Oncologiche Regionali è necessario definire un laboratorio di biologia molecolare, con adeguate competenze professionali e tecnologiche, in grado di eseguire questi test per volume di 700-800 mila abitanti, con un’organizzazione logistica che consenta di far girare i campioni biologici e non i pazienti”.