Più di 5 mila italiani, con una leggera prevalenza di uomini rispetto alle donne, scoprono ogni anno di essere colpiti da Mieloma Multiplo.
E il momento della diagnosi è anche quello in cui la maggioranza di loro sente pronunciare per la prima volta questo nome.
Questa malattia è catalogata come “rara”, ma rappresenta comunque il 13% dei tumori del sangue registrati nella popolazione, soprattutto nella fascia d’età tra i 65 e i 70 anni.
Gammopatie monoclonali
I Mielomi sono caratterizzati dall’alterazione di alcune, particolari cellule del sistema immunitario: le plasmacellule.
Le plasmacellule sono localizzate nel midollo osseo e producono gli anticorpi.
In condizioni normali ogni plasmacellula produce un anticorpo leggermente differente dagli altri e questo consente al nostro sistema immunitario di aumentare la sua capacità di risposta verso gli agenti esterni.
Nelle gammopatie monoclonali invece interviene una trasformazione che fa sì che la plasmacellula cominci a replicarsi in modo non controllato.
Generando cloni di sé stessa e producendo numerose copie dello stesso anticorpo (monoclonale).
Il motivo per cui questo accade non è ancora chiaro anche se, come è possibile vedere in molte altre malattie ematologiche, si pensa che alcuni fattori:
- Ambientali come l’esposizione a radiazioni o a sostanze tossiche
- Biologici come i virus.
Possano avere un ruolo fondamentale nel processo di trasformazione.
Le gammopatie monoclonali possono essere suddivise in 2 forme principali:
- Mieloma Multiplo.
- Gammopatie Monoclonali di significato indeterminato.
Cos’è il Mieloma Multiplo
Il Mieloma Multiplo è un tumore ematologico che consiste nella proliferazione incontrollata delle plasmacellule.
Cellule del sistema immunitario appartenenti alla famiglia dei globuli bianchi e originate nel midollo osseo.
Le plasmacellule hanno il compito di produrre gli anticorpi per proteggerci dalle malattie.
Quando vanno incontro a danno del DNA però, si moltiplicano in maniera incontrollata all’interno del midollo osseo e producono eccessive quantità di anticorpi anomali, detti monoclonali.
Che vengono riversati nel sangue, nelle urine, e che possono accumularsi nei tessuti e negli organi alterandone la funzionalità.
La presenza di plasmacellule patologiche e la produzione da parte di queste della componente monoclonale e di particolari sostanze, chiamate citochine, possono essere responsabili di una serie di manifestazioni cliniche come:
- La patologia scheletrica per aumentata distruzione di sostanza ossea e ridotta neoformazione.
- L’anemia per ridotta produzione di globuli rossi da “infiltrazione” del midollo osseo.
- Il danno renale determinato dalla componente monoclonale in eccesso.
- L’ipercalcemia.
Il Mieloma Multiplo può insorgere “de novo” o, come accade nella quasi totalità dei casi, può rappresentare una evoluzione di una gammopatia monoclonale di incerto significato.
Condizione benigna caratterizzata dall’accumulo di plasmacellule dentro il midollo osseo e produzione di componente monoclonale in quantità limitate.
Cause e fattori di rischio
Non sono noti i fattori che predispongono al Mieloma Multiplo.
Sembra però che l’esposizione delle cellule ad alcune sostanze chimiche tossiche e alle radiazioni ionizzanti possa aumentare il rischio di sviluppare la malattia.
Un possibile ruolo è stato inoltre imputato al fumo e a un indebolimento del sistema immunitario.
Si ipotizza infine l’esistenza di fattori genetici ereditari predisponenti.
Infatti, persone con parenti di primo grado affetti da mielomi hanno un rischio di sviluppare la malattia lievemente superiore a quello della popolazione generale.
Con quali sintomi si manifesta il Mieloma Multiplo
“Un terzo dei casi di Mieloma Multiplo è diagnosticato in maniera occasionale, in assenza di sintomi, a seguito di un normale esame del sangue che rivela la presenza dell’anticorpo patologico specifico prodotto dalle plasmacellule.
Nei restanti due terzi, la malattia viene scoperta in relazione alla presenza di uno o più sintomi.
Causati dall’accumulo di cellule mielomatose nel midollo osseo e dalla produzione di componente monoclonale e citochine.
Il mieloma interessa i distretti dell’organismo in cui il midollo osseo è attivo e viene per questo detto multiplo.
Il sintomo più diffuso è il dolore osseo, localizzato in particolare al livello della colonna vertebrale, costole, omeri e femori.
Le plasmacellule moltiplicandosi favoriscono la formazione di lesioni litiche, che rappresentano delle sedi di minor resistenza dell’osso, causando fratture patologiche, crolli vertebrali con possibile schiacciamento dei nervi.
L’erosione delle ossa fa sì che il calcio in esse presente si disperda nel sangue.
Quando raggiunge livelli elevati può causare sonnolenza, debolezza muscolare, nausea, alterazioni del ritmo cardiaco e confusione mentale, dovute a una compromissione della trasmissione nervosa in cui il minerale è coinvolto.
L’eccesso di anticorpi prodotto dalle plasmacellule può depositarsi in organi importanti come il cuore, causando ulteriori sintomi come gonfiore alle gambe e difficoltà nella respirazione.
Altri sintomi sono l’insufficienza renale e la carenza di globuli rossi (anemia).
L’anemia è dovuta al fatto che il Mieloma Multiplo, alterando il midollo, riduce la produzione dei globuli rossi”, spiega il dottor Renato Zambello Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova Ematologia e Immunologia Clinica.
Perché il Mieloma Multiplo aggredisce le ossa
“Nel corso della malattia 8 pazienti su 10 sviluppano danni ossei che possono causare dolore, aumentando il rischio di fratture e disabilità motorie.
Le cellule del mieloma alterano le funzioni del midollo e causano la distruzione delle cellule dell’osso, rendendolo esposto a fratture.
Spesso durante gli accertamenti ai raggi X si possono trovare microfratture e danni alle vertebre, che rendono necessari l’uso di busti rigidi o di interventi chirurgici per stabilizzare le lesioni della colonna vertebrale.
I danni ossei si verificano perché le cellule del Mieloma Multiplo attivano cellule che erodono l’osso (osteoclasti) e al contempo inibiscono invece la funzione delle cellule che costruiscono il nuovo osso (osteoblasti).
Ne deriva un’alterazione del fisiologico processo di rimodellamento osseo, a favore del riassorbimento osseo non bilanciato da un’adeguata attività osteosintetica.
Il rischio di problemi ossei viene ridotto innanzitutto attraverso la terapia della malattia.
Associata a una dieta adeguata, corretto esercizio fisico (evitando però sforzi eccessivi e sollevamento di pesi) e a farmaci specifici in grado di ridurre il riassorbimento osseo.
Il dolore osseo è uno dei più difficili da attenuare, per questo spesso è la terapia del dolore ad avere un ruolo primario, anche per offrire al malato una migliore qualità della vita.
Una diagnosi precoce è quindi come sempre fondamentale.
Seguita da una cura mirata con farmaci di vecchia e nuova generazione: inibitori del proteasoma, immunomodulanti, anticorpi monoclonali”, dice Renato Zambello.
Mieloma Multiplo: lo studio
La lotta al Mieloma Multiplo fa passi aventi nella terapia farmacologica grazie a un nuovo studio clinico, che vede il coinvolgimento di oltre 200 pazienti over 65 e under 80.
Durante lo studio i pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi:
- Il primo assegnato al trattamento standard con la combinazione di farmaci lenalidomide e desametasone, somministrati in modo continuativo.
- Nel secondo gruppo il trattamento lenalidomide-desametasone è stato somministrato seguendo un nuovo algoritmo che prevede, dopo i primi 9 cicli iniziali (fase di induzione), la diminuzione della dose di lenalidomide e la sospensione del desametasone che, in quanto farmaco corticosteroide, può essere poco tollerato a lungo termine.
I primi dati dello studio sono incoraggianti:
Nei 2 gruppi di pazienti sono stati infatti osservati risultati analoghi in termini di efficacia con il vantaggio, per il gruppo sottoposto al nuovo algoritmo, di una minore tossicità e una migliore tolleranza grazie alla diminuzione dell’intensità del trattamento e dell’uso di steroidi.
“L’aspettativa di vita dei pazienti affetti Mieloma Multiplo è notevolmente migliorata negli ultimi decenni.
Ci aspettiamo che i risultati di questo studio possano aiutarci a migliorare e a ottimizzare ulteriormente il trattamento dei pazienti anziani che richiedono una terapia su misura e personalizzata in funzione della loro età e delle loro fragili condizioni.
Ritengo che circa un terzo dei pazienti affetti da mieloma non eleggibili al trapianto autologo di cellule staminali potranno trarre benefici da questo studio.
Perché i dati mostrano che la riduzione dell’intensità della dose del trattamento è un’opzione fattibile che produce risultati simili rispetto ai trattamenti a dose standard”, dice Alessandra Larocca, professoressa associata ed ematologa presso l’Università degli Studi di Torino.
Leucemia mieloide multipla: risolvere le criticità nel percorso di cura
In Italia vivono quasi 19.400 persone dopo la diagnosi di leucemia mieloide acuta.
E, ogni anno, si stimano poco più di 2.000 nuovi casi di questo tumore del sangue, che ha origine nel midollo osseo e che progredisce velocemente.
“Vanno risolte quanto prima le criticità nel percorso di cura.
È cruciale il nodo dei test genetici da effettuare non solo al momento della diagnosi ma in tutto il percorso di malattia.
Va potenziato il modello di gestione basato su centri di riferimento (Hub) intorno a cui “ruotano” i centri periferici (Spoke) superando le attuali difformità territoriali.
Inoltre, deve essere implementato il sostegno psicologico, visto che ben il 64% dei pazienti non ha mai ricevuto assistenza di questo tipo, anche se può dare importanti benefici”, dice il professor Luca Arcaini, professore di Ematologia della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.
Nuovi approcci terapeutici
I progressi della ricerca hanno reso disponibili nuovi approcci terapeutici mirati che rappresentano opportunità di cura preziose per i pazienti colpiti da forme neoplastiche particolarmente aggressive come la leucemia mieloide acuta.
Le mutazioni a carico del gene FLT3 sono tra le più comuni alla base della leucemia mieloide acuta, perché sono riscontrate in circa il 30% dei casi.
“Il test per individuarle ha un importante significato clinico perché questi pazienti presentano una prognosi peggiore, con un aumento dell’incidenza di recidiva.
FLT3 rappresenta un bersaglio molecolare per il quale sono già presenti, e in via di sviluppo, farmaci mirati che consentono di ottenere migliori risultati in termini di efficacia.
Il test per FLT3 dovrebbe essere eseguito non solo all’esordio della malattia, ma anche alla recidiva”, spiega Luca Arcaini.
Per garantire la migliore presa in carico del paziente, inoltre, è importante che i Centri siano adeguatamente attrezzati e dotati delle tecnologie necessarie.
Vi è però una grande difformità tra le Regioni e a livello territoriale.
Perché non tutti i Centri hanno la possibilità di effettuare gli esami diagnostici e molecolari richiesti.
“È importante affidare la gestione dei pazienti con leucemia mieloide acuta ai centri Hub, definendo un modello di stretta collaborazione e co-gestione con i centri Spoke presenti sul territorio per garantire continuità assistenziale al paziente.
È necessario inoltre potenziare il modello Hub&Spoke per consentire ai centri Hub di accogliere tutti pazienti che ne hanno bisogno.
Ed “educare” allo stesso tempo i centri Spoke alla gestione di alcuni aspetti della terapia da eseguire localmente”, spiega il professore Gianluca Gaidano, professore di Ematologia presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale, Novara.
Sfera psicologica
Altro aspetto fondamentale riguarda la cura della sfera psicologica del paziente, sempre più parte integrante e indispensabile del percorso terapeutico.
A oggi, però, il sostegno psicologico ai pazienti oncoematologici rappresenta una realtà frammentata in Italia.
In alcuni Centri è presente un servizio strutturato di psicologia clinica e uno psiconcologo dedicato.
Mentre in altre strutture questo aspetto è demandato alle Associazioni di pazienti che non riescono a soddisfare la richiesta, data la sua entità.
“Da indagini condotte da FAVO circa il percorso di cura dei pazienti è emerso fortemente il fattore dell’ansia.
Mentre in un’altra indagine relativa al benessere il 64% degli intervistati ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna proposta di assistenza psicologica.
E coloro che ne avevano usufruito hanno dichiarato di averne tratto grandi benefici”, spiega Davide Petruzzelli, Coordinatore F.A.V.O. Neoplasie Ematologiche e Presidente di ‘La Lampada di Aladino’ Onlus.
La diagnosi oncoematologica rappresenta un evento estremamente stressante per paziente e caregiver.
Ed è spesso seguita da un periodo di instabilità emotiva, caratterizzato da un aumento dello stato ansioso, depressivo e da una diminuzione delle attività quotidiane.
La presenza dello psicologo nel team di cura al fianco del paziente e dei familiari è quindi indispensabile.
“È fondamentale, infatti, che nei tavoli istituzionali si inizi a parlare concretamente del ruolo dei caregivers, figure indispensabili nella vita dei pazienti.
E che possono rappresentare punti di contatto preziosi con cui collaborare per aumentare l’efficienza dei percorsi di cura e di presa in carico dei pazienti oncoematologici”, conclude Davide Petruzzelli.
Assistenza domiciliare
Nell’ottica di un potenziamento dell’assistenza a 360 gradi, va posto l’accento anche sull’assistenza domiciliare, ancora insufficiente in Italia.
Gli stessi clinici lamentano l’assenza di un servizio strutturato che possa giungere al domicilio del paziente e che è indispensabile per snellire le procedure e diminuire il sovraccarico delle strutture.
Questa grave mancanza determina un carico immenso nella gestione dei bisogni del paziente che ricade, oltre che sulla struttura ospedaliera che non può sopperire ad aspetti che non dovrebbero essere di sua competenza, anche sulla famiglia e sui caregiver.
Campagna di sensibilizzazione “Meno Male”
“Meno Male!” è la campagna di sensibilizzazione e di aiuto ai pazienti promossa da AIL con il sostegno di Amgen.
“La finalità di questa iniziativa è quella di aiutare i pazienti con Mieloma Multiplo a prendere il controllo del dolore osseo.
Oltre a mettere a disposizione una Guida, abbiamo realizzato e pubblicato sul nostri canali web e social una serie di video interviste in cui specialisti di diverse discipline spiegano:
- I meccanismi che innescano la malattia.
- Illustrano le possibilità terapeutiche.
- Forniscono indicazioni utili per contrastare e mitigare il dolore osseo.
È fondamentale da parte del paziente associare alle cure una particolare attenzione per la dieta e, se le condizioni lo consentono, anche una moderata ma regolare attività fisica.
Questo perché l’esercizio fisico è importante per mantenere non solo una buona qualità del tessuto osseo ma anche per mantenere l’elasticità dell’apparato scheletrico in generale.
Inoltre ha una influenza positiva sull’umore, migliorando così la percezione della qualità della vita”, afferma Sergio Amadori, Presidente Nazionale AIL.
Un approccio integrato alla patologia è quindi fondamentale, con il coinvolgimento di specialisti multidisciplinari e la presa in carico della persona non solo dal punto di vista terapeutico.
“La ricerca farmacologica ha consentito di innalzare considerevolmente la sopravvivenza, portandola da 2 a 10 anni dalla diagnosi di Mieloma Multiplo.
Un risultato importante, che acquisisce ancora più valore nel momento in cui il paziente viene aiutato a migliorare la qualità di vita considerando tutti gli aspetti collegati alla malattia.
Informare e consigliare il paziente a 360°, dando utili indicazioni su come migliorare il proprio stile di vita per contrastare il dolore osseo, fa parte di una strategia di prevenzione secondaria che può fare la differenza.
La campagna Meno Male persegue questo obiettivo prezioso”, conclude Maria Luce Vegna, direttore medico di Amgen Italia.