Più di 42 mila donne italiane convivono con un tumore dell’ovaio, la malattia tumorale femminile meno conosciuta, più sottostimata, ma anche la più letale: ogni anno, in tutto il mondo, colpisce 250 mila donne e ne uccide 140 mila. Solo nel nostr paese lo scorso anno sono stati diagnosticati 5.200 nuovi casi e meno della metà delle donne colpite sopravvive (dati AIOM).
Una malattia subdola, dai sintomi vaghi, per questo la diagnosi precoce è rara e le cure sono poche.
Oggi, 8 maggio, si celebra in tutto il mondo la sesta Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico, un modo per ricordare che ricerca, informazione e diagnosi tempestiva sono i cardini per combattere il più pericoloso dei tumori femminili.
L’importanza del Test BRCA
A Bologna Loto Onlus (associazione no profit nata con l’intento di colmare il vuoto informativo e di consapevolezza sul carcinoma dell’ovaio) sostiene l’attività di ricerca dell’Ambulatorio di Genetica Oncologica (AGO) del Policlinico S.Orsola. Si tratta di uno dei quattro Hub (centri di riferimento) della rete regionale per il rischio ereditario e familiare di tumori della mammella e dell’ovaio.
In questo centro, negli ultimi anni, oltre 1.000 donne con tumore della mammella o dell’ovaio sono state sottoposte al test genetico BRCA. Delle circa 300 pazienti con tumore ovarico il 25% sono risultate portatrici di alterazioni: questo conferma che i geni BRCA1 e BRCA2 sono protagonisti di un’evoluzione molto significativa per la lotta contro il carcinoma ovarico.
Da un lato è stato dimostrato che le alterazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 nelle donne con tumore alle ovaie sono molto più frequenti di quanto si ritenesse in precedenza. D’altro canto sono stati sviluppati farmaci specificamente attivi nelle donne con queste alterazioni, che quindi hanno oggi a disposizione una possibilità di cura in più. Per una donna su quattro malata di tumore ovarico, dunque, l’esecuzione del test BRCA chiarisce la causa della malattia e consente l’accesso a cure mirate.
La ricerca del Sant’Orsola a Bologna
Ma non basta: l’identificazione precoce delle familiari sane portatrici dell’alterazione genetica permette di adottare misure preventive per una malattia generalmente non prevenibile. Sono oltre cento le donne sane identificate ad oggi dall’ Ambulatorio di Genetica Oncologica del Sant’Orsola come portatrici di alterazioni genetiche ereditarie predisponenti ai tumori ovarici e prese in carico per la prevenzione.
Le ricerche eseguite in questa stessa sede, hanno anche dimostrato che una variante genetica è, in realtà, un’alterazione che causa un alto rischio di neoplasie dell’ovaio. Questa alterazione è tipica dell’Emilia-Romagna ed è particolarmente frequente nella zona al confine tra le province di Bologna, Modena e Ferrara. La variante si è generata qualche secolo fa in un antenato che le famiglie oggi affette hanno in comune. I risultati di questa ricerca, resa possibile dalla collaborazione con gli Hub di Modena e Meldola, sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Oncotarget.
“Il percorso multidisciplinare ci ha permesso, attraverso l’identificazione sistematica di donne con alterazioni ereditarie di BRCA1 o BRCA2, di prevenire il tumore ovarico in donne ad alto rischio di ammalarsi e di intraprendere terapie mirate in donne con tumori ovarici recidivanti”, dice Daniela Turchetti, ricercatrice in genetica medica presso il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna. ” L’avere compreso il ruolo della variante genetica ha esteso queste possibilità a numerose donne appartenenti alle famiglie portatrici di questa mutazione”.