Tumore ovarico e della mammella: una chance è costituita dal test Brca.
Test Brca: che cos’è? Un esame che permette di intervenire precocemente e individuare le terapie più adatte, contro carcinoma ovarico e tumore alla mamella. Al Senato è stato presentato, appunto, il documento “Test Brca: call to action per la prevenzione e cura del carcinoma ovarico e della mammella”. Il test deve essere posto in essere su tutto il territorio nazionale. Per il Servizio sanitario nazionale, si tratta di un investimento sostenibile e conveniente: lo dimostra lo studio Venus condotto da Altems, Alta scuola di Economia e Management dei sistemi sanitari dell’università Cattolica.
Tumore ovarico e della mammella: tutti i dati
Nota come “Jolie”, la mutazione oggetto del test modifica la probabilità di sviluppare il tumore all’ovaio e al seno, nella vita di una donna, aumentandola fino al 50-80%, contro il 10% nelle donne senza mutazione. Pertanto è pericolosa e deve essere tenuta sotto controllo.
Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna, ha attuato un’indagine condotta da Elma research, con il supporto incondizionato di AstraZeneca, su 212 centri con reparto di oncologia, 50 pazienti con tumore ovarico, 31 familiari e 15 medici oncologi.
Conoscenza del test, vissuto dei soggetti e modalità di accesso sono stati analizzati nella ricerca.
La situazione, del resto, potrebbe migliorare. Soltanto a sei donne su dieci con tumore dell’ovaio viene proposto il test Brca. Alla diagnosi della malattia, esso si propone appena a una donna su tre: si tratterebbe, al fine di eseguire l’esame, del momento più appropriato.
Test Brca: il documento presentato al Senato
Il documento presentato al Senato è stato redatto con la consulenza di un gruppo di esperti multidisciplinari e patrocinato dalla Società italiana di Genetica umana (Sigu), dall’Associazione italiana di Oncologia medica (fondazione Aiom), dall’Alleanza contro il tumore ovarico (Acto onlus), da aBRCAdaBRA onlus, Associazione Senonetwork Italia onlus e dall’Associazione nazionale italiana senologi chirurghi (Anisc).
Ma quali sono i dettagli che il documento evidenzia? Pone in luce le principali criticità nel nostro Paese. Non si tratta di focalizzare soltanto l’equità di accesso al test, che varia di regione in regione ed è molto rilevante, ma bisogna considerare anche la corretta presa in carico delle persone ad alto rischio e la formazione dei professionisti.
Gli aspetti psico-sociali dei soggetti, pazienti e familiari, devono essere curati.
Tumore ovarico e della mammella: la ricerca Onda
Lo si evince dalla ricerca Onda: le disparità a livello regionale sono forti. Tra le regioni prese in esame, Piemonte e Toscana rivelano maggior propensione nel consigliare il test, inviando il 72% delle donne con tumore all’ovaio, mentre è minore il numero dei pazienti indirizzati da Lombardia (43%) e Veneto (40%).
Tutti gli ospedali dichiarano di seguire le linee guida delle società scientifiche che stabiliscono i criteri per proporre il test. La realtà, tuttavia, ha molte sfaccettature: soltanto 2 ospedali su 3 applicano regole più restrittive, che escludono le pazienti con più di 75 anni o con malattia troppo avanzata.
Test Brca: la parola ai protagonisti
La senatrice Emilia De Biasi, presidente della commissione Igiene e Sanità, si è espressa in questo modo: “La mutazione dei geni Brca accresce notevolmente il rischio di cancro al seno e alle ovaie nell’arco della vita di una donna. Pertanto, il test Brca è una misura molto importante per la difesa della salute di noi donne, diritto sancito dalla Costituzione”.
Dal canto suo Francesca Merzagora, presidente di Onda, ha affermato: “Per le donne con tumore ovarico e i loro familiari avere la possibilità di sottoporsi al test Brca è fondamentale. Indipendentemente dall’esito infatti 9 donne su 10 considerano importante essersi potute sottoporre al test e sono spinte principalmente dalla preoccupazione per le loro familiari”. Le donne che non hanno potuto effettuare il test, per cause non dipendenti dalla propria volontà, nell’80% dei casi affermano che, se avessero potuto scegliere, si sarebbero sottoposte. Si tratta di ascoltare i soggetti coinvolti. Ancora Francesca Merzagora: “Attraverso l’indagine, che per la prima volta fotografa la situazione in Italia, abbiamo ascoltato la voce di tutti i soggetti coinvolti nel mondo del test Brca. Come dimostrato dai risultati, l’accesso al test non è un diritto garantito in modo uniforme in tutte le Regioni. Per la salute delle donne questo è un serio problema”.
Liliana Varesco, Uos centro tumori ereditari, ospedale Policlinico San Martino di Genova e tra gli autori del documento, ha dichiarato: “È un dovere etico assicurare la corretta introduzione e gestione del test Brca nelle strutture del Servizio sanitario nazionale. Ci rivolgiamo ai decisori politici affinché intervengano per avviare un programma nazionale di genetica oncologica volto a individuare la predisposizione ai tumori dell’ovaio e della mammella e a realizzare una rete nazionale di centri di riferimento”.
Brca: sostenibilità e risorse
Altems, Alta scuola di Economia e Management dei sistemi sanitari dell’università Cattolica, ha presentato di recente lo studio Venus, in merito a sostenibilità e ottimizzazione delle risorse, citato nel documento degli esperti. Se ne evince che l’estensione del test Brca alle familiari delle pazienti con tumore all’ovaio è un investimento sostenibile e conveniente per il Servizio sanitario nazionale; nel 97% dei casi, rispetto al non eseguire il test, è da considerarsi costo-efficace.
Brca: discorso diretto
Liliana Varesco ha aggiunto: “Va detto, invece, che attualmente i familiari che hanno ereditato la mutazione non sono quasi mai presi in carico adeguatamente dal Servizio sanitario nazionale. Succede così che le donne a rischio genetico sono costrette a gestirsi da sole (capire dove andare a fare i controlli, parlare con i vari professionisti coinvolti, decidere cosa fare tra sorveglianza e chirurgia profilattica) e magari incontrano sulla loro strada professionisti ancora non formati sull’argomento, rischiando di subire danni iatrogeni”.
Attraverso le associazioni aBRCAdaBRA onlus, Acto onlus e Onda, le pazienti affermano che, in merito al test descritto, “troppo spesso le persone non trovano risposte, o trovano risposte sbagliate basate su pregiudizi o ignoranza. In particolare, le donne con tumore ovarico o della mammella (e le loro famiglie) chiedono che il ministro della Salute tuteli la loro legittima richiesta di avere informazioni corrette sul test Brca e di potere facilmente e tempestivamente accedere ai percorsi di prevenzione e cura di qualità”.
Queste le parole di Fabrizio Nicolis, presidente della fondazione Aiom: “I test Brca sono fondamentali per la scelta del trattamento nella paziente con diagnosi di carcinoma ovarico. fondazione Aiom ritiene che questa informazione debba essere diffusa in maniera capillare, perché tutte le donne affette da questa neoplasia debbono conoscere le opportunità disponibili nel caso in cui risultassero Brca-mutate”.
Così si esprime, inoltre, Stefania Gori, dipartimento di Oncologia, ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Vr): “Infatti, per il carcinoma ovarico insorto in donne Brca-mutate sono stati introdotti nella pratica clinica una categoria di farmaci, detti anti-Parp, che vanno a colpire vie alternative a quelle già danneggiate dal difetto Brca. Eseguire i test Brca permette inoltre di identificare persone sane, ma ad alto rischio di sviluppare il tumore ovarico e/o della mammella”.
Secondo Nicoletta Colombo, Ginecologia oncologia medica, Istituto europeo di Oncologia, Milano, “L’identificazione della mutazione, di fatto, consente di individuare le donne a rischio che possano beneficiare di misure di prevenzione. Prevenzione che può comprendere misure mediche oppure interventi di chirurgia preventiva, ed è di fondamentale importanza, soprattutto nel carcinoma ovarico, in cui non è possibile una diagnosi precoce”.
La senatrice Maria Rizzotti, vice presidente della commissione Igiene e Sanità, Senato della Repubblica, sottolinea: “Mi colpisce molto e sempre di più la profonda disomogeneità nell’accesso alle cure e ai servizi sanitari che si può riscontrare da regione a regione nel nostro Paese. In questa prospettiva, una donna risultata positiva ai test Brca-1 e Brca-2 ha purtroppo buone probabilità di sviluppare un tumore al seno o alle ovaie. In un certo senso, usando un’iperbole, si può affermare che queste donne sono ‘condannate’ alla prevenzione. Proprio per questa ragione è profondamente ingiusto che non possano accedere al test in tutte le regioni e, ove possibile, debbano pagare i ticket per i ripetuti esami strumentali che devono seguire nel corso dell’anno. È, inoltre, impensabile che le donne della Lombardia e dell’Emilia Romagna siano esentate e tutte le altre nostre connazionali no. Pertanto, ho presentato una mozione sottoscritta da parlamentari appartenenti a quasi tutti gli schieramenti politici ed approvata all’unanimità. L’iniziativa di Onda mira a stimolare Governo e Regioni a sanare questa profonda situazione di disuguaglianza e ci impegneremo a vigilare sul Governo per una concreta attuazione.”
Così conclude l’onorevole Paola Boldrini, della commissione Affari sociali della Camera dei Deputati: “Grazie al test Brca è possibile fare prevenzione più mirata per salvaguardare tante donne. Come sempre le associazioni, spinte dalla necessità di porre all’attenzione delle istituzioni problematiche emerse dalle pazienti, ci coinvolgono nelle loro battaglie. Come donna e come parlamentare mi sono sempre dimostrata sensibile al tema della salute delle donne e anche per questa battaglia mi sento già coinvolta per assicurare la corretta attenzione istituzionale a questo documento e di conseguenza permettere la diffusione del test su tutto il territorio nazionale, proprio per garantire a tutte le donne il diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione”.