La storia della carne in scatola è relativamente recente come tutta la maggior parte dei prodotti industriali figli della rivoluzione del 1800. Il nostro alimento 0 in condotta nasce insieme a tutti gli altri alimenti in scatola ad opera del gastronomo francese Nicolas Appert (a cui si deve anche il nome del processo di sterilizzazione a cui vengono sottoposti gli alimenti che avranno lunga conservazione, l’apperteizzazzione appunto).
Appert inventò un nuovo modo di conservare gli alimenti, mettendoli in dei recipienti a tenuta stagna facendoli poi bollire (più o meno il metodo che utilizziamo per conservare la passata di pomodoro fatta in casa).
Successo legato alla praticità della carne in scatola
Nel passato, la guerra ha sempre rappresentato il veicolo per la diffusione di nuovi prodotti ed alimenti ed anche la carne in scatola non ha fatto eccezione. Le truppe napoleoniche prima ed i soldati della prima e seconda guerra mondiale poi, utilizzarono la carne in scatola che si dimostrava pratica e soprattuto subito disponibile anche al fronte. La scatoletta di carne, si diffuse inevitabilmente anche tra la popolazione civile.
La grande praticità di questo alimento, facile da preparare (basta solo aprire la confezione ed a limite aggiungere qualche ingrediente se lo si vuole), a contribuito a renderlo presente nelle dispense di quasi tutte le famiglie.
Perché consideriamo la carne in scatola un alimento 0 in condotta?
La regola principale è sempre quella di consumare alimenti freschi, provenienti da pascoli o allevamenti vicini poiché gli alimenti industriali, per essere conservati, prevedono l’impiego di conservanti ed altre sostanze nocive per l’organismo. Se poi, il concetto ancora non ci è chiaro, possiamo pensare alla carne fresca e alla sua conservabiltà tal quale… sarebbe compromessa entro pochi giorni anche se conservata in frigorifero, la carne in scatola si conserva per anni!
Analizziamo l’etichetta degli ingredienti di una famosa carne in scatola prodotta in Italia
Il primo ingrediente è il brodo ottenuto con acqua, miele, piante aromatiche, aromi naturali e spezie. Fin qui tutto bene, si tratta di tutti ingredienti sani.
In genere, la carne in scatola si ottiene con i tagli di carne bovina, nel nostro caso, la carne è presente per il 35%. Non viene specificata però la parte dell’animale impiegata nella preparazione e qui potremmo chiederci se si tratti di tutti tagli nobili o di parti secondarie e terziarie. Sappiamo bene che l’industria sfrutta a pieno le materie prime e che parti di scarto potrebbero essere impiegate tranquillamente.
Ecco uno dei nostri acerrimi nemici: il sale! Come abbiamo detto più volte, il sale serve all’industria per aumentare la conservabilità del prodotto ed in più conferisce all’alimento sapidità creando dipendenza nel consumatore. Sappiamo inoltre che il sale favorisce l’ipertensione, le malattie dell’apparato cardio circolatorio e numerose altre patologie.
Seguono marsala ed alcuni gelificanti ed addensanti naturali come l’agar agar e la farina di semi di carrube.
Il glutammato monosodico impiegato come esaltare di sapidità, torna quindi il discorso del sapore dell’alimento che deve essere gradevole al consumatore.
Il sodio nitrito! Qui una nota dolente, i nitriti e i nitrati vengono impiegati come conservanti dall’industria ma è sufficiente visitare il sito dell’AIRC (Associazione italiana ricerca sul cancro) e fare una breve ricerca sul sodio nitrito per rendersi conto di come questo conservante sia considerato potenzialmente cancerogeno poiché in grado di sviluppare le nitrosammine, molecole che possono portare allo sviluppo di cellule tumorali.
Carne in scatola come soluzione d’emergenza
Il consiglio come sempre è quello di optare per un’alimentazione sana, fresca e a km 0. Un buon brodo di carne fatto in casa non potrà mai essere sostituito da una scatoletta industriale.
In caso di necessità, la scelta di consumare carne in scatola potrebbe dimostrasi utile, l’importante è non eccedere e soprattuto non rendere la scelta di questo alimento un fattore abituale.