Capita spesso che le persone vicino a noi si comportino in modi che troviamo sgradevoli o, peggio, dannosi nei nostri confronti. Magari ci feriscono con le loro parole, oppure giudicano i nostri errori, a volte compiono azioni che ci danneggiano seriamente, altre volte, semplicemente, ci deludono. Tutte queste situazioni possono non solo ferirci, ma le cicatrici possono persistere per anni o addirittura decenni ed ecco che lentamente nasce e cresce dentro di noi il rancore.
D’altra parte, la maggior parte di noi, vorrebbe essere capita: desideriamo che gli altri siano gentili e tolleranti nei confronti dei nostri errori, tutti possiamo sbagliare, non siamo scolpiti nella pietra, e soprattutto non siamo la somma dei nostri errori.
Eppure, quando sono gli altri a comportarsi male con noi, le cose sono diverse. I più spendono tantissimo tempo ed energie a rimuginare sulle offese e sui torti subiti e, così facendo, fanno sì che un solo episodio accaduto magari molti anni prima, riviva continuamente e alimenti la fiamma del rancore.
Il rancore si autoalimenta
Perché ci sono persone che criticano sempre tutto, e altre che invece sono molto più elastiche e aperte? Quando alimentiamo il fuoco del rancore, attiviamo ancora di più nel nostro cervello le parti “ specializzate “ nelle critiche, in questo modo i neuroni coinvolti stabiliscono più connessioni e rafforzano la risposta rancorosa.
Succede così che, non appena qualcun altro si comporta in modo che disapproviamo, il nostro cervello salta più prontamente alla critica e al giudizio, e questo processo si accrescerà sempre di più.
Portare rancore: qual è il prezzo da pagare?
Anche se è normale e umano provare rancore verso qualcuno che, seppur involontariamente, ci ha ferito o causato un danno, dobbiamo sapere che c’è un prezzo da pagare. E già, perché le stesse parti del nostro cervello che criticano gli altri, criticano noi stessi.
Si tende così a diventare più spietati circa i nostri errori. Diventa più difficile piacerci e l’auto-accettazione man mano svanisce. Portanto rancore, inoltre, innescherà un ciclo di critiche tra noi e le persone che ci sono più vicine, indebolendo le relazioni di supporto di cui tutti abbiamo bisogno.
Spezzare la catena del rancore
Che cosa si può fare per iniziare a rompere questa spirale discendente di critica reciproca e autocritica?
La soluzione è una sola: regalarsi il perdono.
- In primo luogo, chiedi quali situazioni stressanti o problemi possono aver portato al comportamento che ha innescato il meccanismo perverso del rancore.
- Cerca di trovare spiegazioni che indeboliscano l’impatto del comportamento “cattivo” nella tua mente. Forse la persona in questione ha agito per paura? Oppure per difendersi da qualcosa? Questo è vero sia per l’autocritica, sia per la critica verso terzi. Forse ci sono state circostanze che ti hanno fatto comportare in modo deplorevole, e te ne sei pentito. Non crogiolarti nel rimpianto: trova le spiegazioni per capire perché lo hai fatto e vai avanti.
- Questo stesso dono del perdono puoi darlo agli altri, riconoscendo che tutti gli esseri umani sono vulnerabili e fallibili. Più pratichi comprensione e perdono, più rafforzi le parti auto-rassicuranti del tuo cervello, le stesse che mostrano empatia e compassione per gli altri. Imparerai così ad accettare di più te stesso, con tutti i tuoi limiti, sapendo che va bene così, che sei un essere umano.
- Ricorda di essere gentile con te stesso quando pratichi l’esercizio del perdono, è uno sforzo che richiede un po’ di tempo, pazienza e pratica prima che diventi un comportamento automatico.
Perdono e riconciliazione non sono la stessa cosa
Il perdono non è la stessa cosa della riconciliazione con la persona che ti ha ferito. La riconciliazione è il ristabilimento della fiducia reciproca, il che richiede un ulteriore passo, una sorta negoziazione. Il perdono può procedere indipendentemente dalla riconciliazione e dalla fiducia reciproca, è solamente una comprensione più profonda che ti permette di liberarti del carico emotivo legato a certe situazioni, e a lasciar andare.
Riconosci che la tua rabbia e il tuo rancore ti stanno danneggiando
Ho letto una frase, attribuita al Buddha, che mi ha aperto gli occhi: “trattenere la rabbia è come bere il veleno e aspettarsi che l’altra persona muoia.”
Sì, la tua rabbia ti fa male. Quando sei arrabbiato, il tuo corpo risponde alle tue emozioni: il tuo cuore batte più velocemente, la pressione sanguigna aumenta, si attiva la reazione “combatti o fuggi” che accelera il lavoro delle ghiandole surrenali, le quali rilasciano gli ormoni dello stress come l’adrenalina e il cortisolo.
Il primo passo, quindi, è rendersi conto che la rabbia e il risentimento cui ti stai aggrappando non perdonando qualcuno (anche se quella persona sei tu) ti sta danneggiando fisicamente, e pure tanto.
Anche nel rancore, trova l’insegnamento
Hai mai vissuto qualche momento brutto in passato che, col senno di poi, hai ringraziato perché ti ha reso una persona migliore? Ecco, questo è il senso. Magari hai litigato con il capo, o hai subito mobbing e sei stato costretto a licenziarti.
Quale potrebbe essere la lezione? Forse avevi bisogno di una spinta per inseguire il tuo sogno di aprire un’attività in proprio o muoverti in direzione del lavoro dei tuoi sogni? L’insegnamento potrebbe essere “muoviti, agisci!” ?
Riesci a trovare il messaggio e ringraziare dentro di te quelle persone per il tumulto emotivo che le loro azioni hanno scatenato in te e che ti ha portato a nuove consapevolezze?
Il perdono è la vera libertà dal rancore
Quando per-doniamo, stiamo diventando liberi.
Ci vuole coraggio per lasciar andare il rancore, ma solo così potremo liberare il nostro cuore dal carcere del risentimento e aprirci a un nuovo modo di essere e vivere che potrà portarci solo pace e benessere.