Disturbi del sonno: insonnia cronica nel 15% della popolazione
Nel corso della vita il 50% circa della popolazione generale presenta alterazioni del sonno e i disturbi del sonno sono tra le patologie in assoluto più frequenti nella popolazione adulta.
Tra i principali disturbi del sonno c’è l’insonnia, definita come una persistente difficoltà a iniziare o a mantenere il sonno, o una riduzione della durata del sonno nonostante le opportunità e le circostanze siano adeguate, con una compromissione delle funzioni diurne.
Disturbi del sonno: l’insonnia e le donne in menopausa
“L’epidemiologia dell’insonnia evidenzia come sia un problema comune in tutto il mondo: circa 1/3 della popolazione adulta riferisce di averla sperimentata per un breve periodo e il 10-15% è affetto da una forma cronica. L’insonnia cronica è un disturbo che raramente va incontro ad una remissione spontanea. A questo riguardo alcuni studi indicano che nell’85% dei pazienti è ancora presente dopo due anni e che può persistere per 10 anni o più nel 15-50% dei casi”, spiega Enrica Bonanni, responsabile del Centro di Medicina del Sonno della UO di Neurologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.
I principali fattori di rischio per l’insonnia cronica sono stati individuati nel sesso femminile, specialmente nel periodo della menopausa, con una stima del disturbo in circa il 14% degli adulti di 18-34 anni e nel 40-60% nei soggetti con età superiore ai 65 anni.
Altro importante fattore di rischio è il turnismo, con una prevalenza doppia nei lavoratori notturni rispetto ai lavoratori diurni e superiore ai turni in rotazione.
“I vari studi- ha spiegato la neurologa- riportano una familiarità nell’insonnia del 34%-55% ed è stata riportata un’aggregazione familiare con elevata ereditarietà“.
L’insonnia è un disturbo delle ‘ventiquattro ore’ con sintomi notturni e diurni: “I sintomi notturni- ha fatto sapere Bonanni- comprendono la difficoltà a iniziare o a mantenere il sonno, al risveglio precoce al mattino, la resistenza ad andare a letto e la difficoltà a dormire senza il caregiver (nei bambini e negli anziani dementi). Per quanto riguarda i sintomi diurni, il paziente o un genitore o caregiver riferiscono fatica/malessere, compromissione di attenzione, concentrazione o memoria, compromissione delle prestazioni sociali, familiari, lavorative o scolastiche”.
Ma quali sono le principali complicanze dell’insonnia?
“Un aumentato rischio di depressione, ipertensione, disabilità lavorativa e prolungato uso di farmaci o prodotti da banco”, spiega Bonanni.
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Tra i disturbi del sonno anche la narcolessia, che rientra nel gruppo delle patologie rare, secondo quanto stabilito dal ministero della Salute nel 1998, e colpisce tra lo 0,02% e l’1,16% della popolazione caucasica.
“Nella narcolessia- ha fatto sapere la neurologa- i meccanismi che regolano la comparsa di veglia, sonno REM e sonno NREM e la loro successione sono alterati ed è presente una dissociazione delle componenti del sonno REM (sogni, atonia muscolare), che possono comparire indipendentemente e anche durante la veglia”.
L’età di insorgenza più tipica della narcolessia è nell’adolescenza o nella prima età adulta, ma può comparire a qualunque età.
L’ipersonnia: vera sonnolenza o semplice stanchezza?
Una sintomatologia clinica dominata dalla eccessiva sonnolenza diurna, invece, è l’ipersonnia, che può essere associata a disturbi psichiatrici: “Abbiamo un sottotipo associato a disturbi dell’umore (depressione atipica, disturbo bipolare di tipo II, disturbo affettivo stagionale con craving per carboidrati, fatica, perdita concentrazione, aumento di peso)- ha spiegato la professoressa Bonanni- e un sottotipo associato invece a disturbi somatoformi (sintomi fisici di natura cronica) o da conversione (pseudo ipersonnie, pseudonarcolessie e pseudo cataplessie)”.
Quando si effettua una visita per eccessiva sonnolenza diurna, ha quindi chiarito l’esperta, è necessario “assicurarsi che sia vera sonnolenza e non stanchezza o fatica; raccogliere l’anamnesi anche con un testimone; escludere cause di sonno insufficiente o di scarsa qualità utilizzando anche il diario del sonno, o e/o l’actigrafo (uno strumento che rileva le ore di sonno); valutare l’associazione con altre patologie e la storia farmacologica (che deve includere le abitudini all’uso di alcool)”.
Disturbi del sonno: le apnee notturne e gli incidenti stradali
Capitolo a parte sono i disturbi del respiro correlati al sonno, che consistono in sindromi caratterizzate da fenomeni respiratori anomali (apnee, ipopnee, ipoventilazione) presenti durante il sonno.
La patologia più frequente è la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS), che si caratterizza per ripetuti episodi di ostruzione delle vie aeree superiori, mentre il controllo centrale della respirazione e dei movimenti toracici e addominali è preservata.
I più recenti dati epidemiologici nella popolazione di Losanna (Svizzera) indicano che tra i 40 e gli 85 anni la prevalenza è del 49,7% nel sesso maschile e del 23,4% in quello femminile.
Pur essendo stato osservato che negli ultimi 20 anni l’incremento della prevalenza dell’OSAS è associato all’incremento della prevalenza e severità dell’obesità, tale patologia è significativamente presente anche in soggetti normopeso.
“La sua prevalenza aumenta dopo la menopausa- ha fatto sapere l’esperta- e ha valori stimati tra il 14 ed il 45% nella fase più avanzata della gravidanza. Dati internazionali, inoltre, stimano che sia pari o superiore all’80% il numero dei soggetti con OSAS che non sanno di esserne affetti. L’OSAS, bisogna poi ricordare, è responsabile del 21,9% degli incidenti stradali. Questo rischio è più che doppio rispetto a quello imputabile all’abuso di alcool e/o al consumo di ansiolitici o cannabis“.
Foto di cottonbro studio: https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-donna-seduto-nervoso-6951522/
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