Emofilia: il coagularsi del sangue non funziona. Per reintegrare i fattori carenti, si determinano infusioni endovenose, che incidono sulla qualità della vita del paziente. Quando si hanno emorragie, la pelle sembra un troppo fragile petalo di rosa.
Poco meno di cinquemila pazienti in Italia, quattromila dei quali di tipo A e 859 di tipo B. Quello che ci si propone in questa sede è non guardare la patologia a distanza, in dissolvenza, ma con una carrellata in avanti avvicinarsi al problema, coglierne i dettagli, vedere il paziente che trascorre l’esistenza. Nonostante il problema e non prescindendo da esso.
L’obiettivo che si propone è personalizzare la terapia. Lo afferma Sergio Siragusa, professore ordinario di Ematologia e direttore della Unità operativa complessa al Policlinico universitario di Palermo. Ecco le sue parole.
Emofilia da arginare. Quali sono i risultati tangibili delle nuove terapie sui malati emofilici? Potrebbe spiegarci la pratica e il risultato?
I nuovi farmaci dell’emofilia, mantenendo un elevato livello di sicurezza nel processo produttivo, hanno, rispetto alla terapia tradizionale, una ridotta clearance che si traduce in una emivita più lunga. Ciò ovviamente comporta una minore frequenza delle somministrazioni (ad esempio si passa da 3 somministrazioni la settimana ad 1 ogni 5 giorni). Tale risultato si ottiene ovviamente senza incrementare gli eventi emorargici, spontanei o provocati. Anzi, l’uso di farmaci a più lunga emivita, permette di “personalizzare” la terapia in base allo stile di vita del paziente. Ad esempio, in pazienti con vita più sedentaria, i nuovi farmaci permettono di ridurre le infusioni settimanali; mentre in pazienti più giovani e attivi, i nuovi farmaci permettono di rimanere in circolo più a lungo e quindi garantire una migliore protezione da eventi emorragici. In conclusione, l’obiettivo della terapia dell’emofilia nei pazienti di oggi è quella di personalizzare la terapia, in base alle esigenze dei pazienti ed il loro stile di vita. L’uso dei nuovi farmaci permetterà una gestione più adeguata a questi obiettivi che, ovviamente, miglioreranno sensibilmente la qualità di vita dei nostri pazienti (adulti e bambini).
Due i punti di vista: quello dei farmaci somministrati, che migliorano la qualità della vita, e quello dei pazienti ai quali essi si somministrano, la cui qualità della vita deve migliorare. Ecco, illustrati, alcuni risultati significativi.
Mariasanta Napolitano, medico ricercatore in Ematologia presso l’Università di Palermo, conosce da vicino il percorso del singolo paziente. Si è espressa in questo modo:
Emofilia da combattere. Dal punto di vista della terapia e dei suoi risultati, ci sono racconti che può descrivere nel caso dei soggetti emofilici?
La assunzione di trattamento volto alla prevenzione dei sanguinamenti (profilassi) in pazienti affetti da emofilia rappresenta attualmente la prima scelta per un bambino, al momento della diagnosi. La profilassi, tuttavia è meno comunemente adottata in pazienti adulti anziani che sono “abituati” al trattamento solo in caso di episodio emorragico (on demand) e che spesso hanno già sviluppato complicanze articolari note come “artropatia emofilica”. I benefici di una profilassi secondaria, intrapresa cioè anche quando vi sia già danno articolare e in età adulta, sono tuttavia di frequente osservati.
Ho una esperienza molto positiva derivante dal percorso di un paziente adulto affetto da emofilia A grave complicata da artropatia. Il paziente aveva sempre assunto trattamento solo on demand e sviluppato un danno articolare a carico del ginocchio destro tale da richiedere intervento di artroprotesi. Prima della programmazione della procedura, il paziente ha accettato di intraprendere un trattamento di profilassi e deciso anche di adottare uno stile di vita più sano, perdendo peso e facendo attività fisica regolare (sotto controllo medico e fisioterapico).
Risultato? La procedura non è stata più necessaria, il paziente deambula meglio e non prova più dolore non tornerebbe mai più alla terapia on demand.
Contro l’emofilia. Per quanto concerne l’aspetto sociale, i rapporti tra le persone, quali sono le storie salienti?
Il percorso di accettazione della patologia da parte dei familiari di un neonato emofilico è tutt’altro che semplice e breve. La consapevolezza e conoscenza del problema è tuttavia essenziale per garantire una gestione ottimale dell’emofilia e una più piena aderenza al trattamento. Imparare ad infondere per via endovenosa il trattamento a domicilio, da parte di mamma e papà è molto importante. Spesso l’idea di causare dolore con la puntura della vena non viene accettata dai genitori che preferiscono “affidarsi” ad un infermiere. Molti programmi di supporto al paziente emofilico offrono infatti assistenza infermieristica domiciliare volta alla progressiva acquisizione di autonomia da parte dei familiari nella ricostituzione e infusione del trattamento sostitutivo. Nella mia esperienza, anche grazie a tale supporto, una mamma prima terrorizzata dall’idea della puntura e del dolore ha imparato a effettuare la infusione di terapia sostitutiva a casa.