Psicologi: creare interesse nei confronti della diagnosi
Psicologi: bisogna creare interesse nei confronti della diagnosi, anche dal loro punto di vista.
Psicologi: interesse rispetto alla diagnosi
Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, professore ordinario di Psicologia dinamica di La Sapienza Università di Roma si è rivolto alla Dire esponendo questi concetti: “La diagnosi è un momento nel quale un esperto dice al paziente qualcosa del suo funzionamento mentale, ma è anche un momento nel quale il paziente coglie e capisce qualche cosa del suo funzionamento, delle sue relazioni e di come il clinico si rapporta a lui. È un momento di conoscenza relazionale, senza il quale non si può fare il passo successivo, l’invio. In base a quale riflessione il clinico diagnosta decide che per quel paziente vada bene quel determinato tipo di intervento, con quel tipo di psicologo o di psicologa? Ecco che diagnosi, alleanza diagnostica, riflessione sull’invio e costruzione dell’alleanza terapeutica sono momenti che lo psicologo e la psicologa devono sempre tenere insieme. Sono imprescindibili per un buon esercizio della professione. Nella relazione terapeutica esistono fattori che chiamiamo aspecifici: essi sono relazionali e trasversali a qualunque tipo di approccio. Esistono sia nell’ambito cognitivo che dinamico e sistemico-familiare. Poi ci sono i fattori specifici: quegli aspetti tecnici dell’intervento che sono più legati ai singoli modelli. La ricerca ormai ha appurato che in termini di cura e di outcome positivo il fattore relazionale è il fattore trasversale della cura. Naturalmente deve essere compiutamente declinato con i suoi fattori specifici, nell’ambito delle differenti competenze e dei differenti approcci”.
Ortocheratologia: un’alternativa a occhiali e lenti a contatto
Esiste un'alternativa a occhiali e lenti a contatto? La risposta è si: stiamo parlando dell'ortocheratologia. L'ortocheratologia,…Gli psicologi e la diagnosi calata nella realtà
Ortocheratologia: un’alternativa a occhiali e lenti a contatto
Sono trascorsi 25 anni da quando è stato redatto il famoso Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm).
L’esperto ha aggiunto: “Dal 1994 a oggi la comunità degli psicologi ha dovuto fare riferimento al Dsm, una diagnosi psichiatrica medica rispetto alla quale, però, ha avuto sempre un rapporto un po’ ambivalente: c’è chi l’ha affrontata con spirito di servizio, chi più obtorto collo, chi con un certo spirito burocratico, ma fondamentalmente con un disinteresse per il compito diagnostico. Gran parte del mio lavoro, come ricercatore e accademico, è stato teso a stimolare negli psicologi l’interesse nei confronti della diagnosi. La proposta diagnostica per uno psicologo non può essere soltanto la diagnostica oggettivante, che parte da un principio puramente descrittivo. Deve essere una diagnostica che cala il soggetto nella sua realtà bio-psico-sociale e che si rapporti in modo conoscitivo e con reciprocità all’operazione diagnostica. È quella che io chiamo l’alleanza diagnostica ed è il requisito necessario alla costruzione della cura e quindi all’alleanza terapeutica”. Si tratta del significato sotteso alla creazione del Manuale diagnostico e psicodinamico (PDM-2): “Un’impresa che ho costruito insieme a Nancy McWilliams per dotare la compagine degli psicologi di un manuale diagnostico che include i concetti e le competenze di tipo cognitivo e neuroscientifico”.
Psicologi: a che cosa serve il Manuale
Il PDM-2 è un documento utile alla comunità psicologica nel senso più ampio. Il fine? Secondo Vittorio Lingiardi, “affrontare la diagnostica del paziente dal punto di vista del suo funzionamento mentale, dei suoi stili e delle sue caratteristiche di personalità, ma naturalmente anche dal punto di vista dei suoi sintomi e della relazione con il clinico”.
Psicologi: la loro immagine è migliorata
Un’analisi è stata realizzata dall’Istituto Piepoli: riguarda il ruolo degli psicologi in Italia, in occasione del trentennale della regolamentazione della professione. Se ne evince che “Per il 42% degli italiani l’immagine degli psicologi è migliorata negli ultimi dieci anni e più di 4
italiani su 10 si sono rivolti, per sé o per un componente della famiglia, alla figura dello psicologo”. Sulla base dello studio, gli italiani che si rivolgono agli psicologi lo fanno per il 35% in una struttura pubblica e per il 47% in una privata. Il 43% dei 2.000 intervistati ritiene che il costo delle prestazioni dovrebbe variare in base al reddito e il 30% sostiene, invece, che dovrebbero essere sempre gratuite.
Psicologi: perché i cittadini si rivolgono a loro
Per rivolgersi allo psicologo, i motivi sono diversi: per affrontare meglio la vita quotidiana (60%), a causa delle difficoltà a relazionarsi con figli e familiari (52%), o per disturbi psichici e comportamentali (56%). Ma non mancano le note negative. Sulla base di una rilevazione, attuata sul campione preso in esame, il 65% degli uomini e il 72% delle donne non ha mai sentito nominare i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea).
Psicologi: risolvono i problemi
Ma quale scopo ha il rapporto con lo psicologo? Si tratta di una figura professionale che viene vista come solutrice di problemi, capace di promuovere il benessere psicologico (84%) e di offrire sostegno a scuola (80%).
Psicologi a scuola
La maggioranza degli intervistati, 6 su 10, vedrebbe di buon occhio una più forte presenza degli psicologi a scuola. Inoltre, l’84% definisce “molto o abbastanza fondamentale” il supporto da parte degli psicologi in caso di violenza su donne, bambini e anziani. Queste le parole di Fulvio Giardina, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi (Cnop): “Come emerge da questa analisi e alla luce delle significative novità di questi ultimi anni, lo psicologo è oggi sempre più al centro dell’attenzione: con nuove sfide, nuove responsabilità, nuove opportunità per una professione che vuole essere autorevole e moderna, collaborare con le sue competenze allo sviluppo del Paese, al benessere e alla salute dei suoi cittadini”.
Psicologi anche nelle grandi aziende
Sullo Stivale, si contano circa 112.000 psicologi. Si tratta di “un salto quantitativo, oltre che qualitativo”. Nicola Piepoli, presidente dell’Istituto Piepoli, combatte gli stereotipi. Ha dichiarato: “Lo psicologo non è impiegato come strizzacervelli, ma al servizio della società. Ci sono psicologi che seguono l’Inail, altri le Ferrovie dello Stato, altri l’Inps e l’Enel. Si sono sparpagliati tra le grandi aziende, dove è andato un grosso contributo in termini di selezione e formazione del personale. Il mondo della cultura psicologica si è ingigantito in Italia e in questo momento è il centro del Paese”. Agli italiani piace “vivere e crescere, e la crescita avviene anche attraverso la dottrina della psicologia”
Gli psicologi dell’Emilia Romagna, la prevenzione e il sociale
Anna Ancona, presidente dell’Ordine degli psicologi dell’Emilia Romagna e vicepresidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi (Cnop), afferma che il ruolo dello psicologo è cambiato da due punti di vista: “Siamo passati dalla clinica alla prevenzione della psicopatologia in diversi ambiti, da quello educativo allo stress da lavoro correlato, e ci siamo aperti alle problematiche sociali. Ormai il nostro intervento è sempre più strutturato nelle aree dell’immigrazione, del gioco d’azzardo, del bullismo e sulle dipendenze, da internet e da tutti i device che tecnologicamente hanno modificato la nostra società”.
Psicologi: lo psicologo di base
Anna Ancona ha aggiunto: “Con il decreto Calabria si concretizza poi un desiderio e un bisogno della cittadinanza, di poter avere un accesso immediato al disagio psicologico. Con lo psicologo di base, il cittadino potrà avere l’occasione di una consulenza che gli permetta di comprendere come affrontare il suo disagio. Se sarà necessario con una psicoterapia, oppure potrebbe bastare una breve consulenza, che lo aiuterebbe a superare quel momento di crisi. Un bel traguardo per la cittadinanza”. Parliamo di una professione di aiuto valida “in tutto il
discorso del disagio, anche nel caso della malattia organica. Pensiamo all’Oncologia, alla Cardiologia o alla vecchiaia. Il suo è un ruolo che ha che fare con la qualità della vita e della salute. Un riconoscimento lo abbiamo avuto da quando l’Organizzazione mondiale della Sanità ha alzato i livelli delle prestazioni sanitarie, pensando non soltanto alla cura della patologia, ma alla sua prevenzione”.