Quali sono stati gli ultimi prodotti che avete acquistato facendo la spesa?
Sicuramente, molti di quelli che sono finiti nel vostro carrello sono acquisti ormai di routine, e gli altri?
Alcuni alimenti si trovavano sullo scaffale posizionato alla giusta altezza della persona di statura media, uno di quelli in cui è più caro esporre i prodotti, proprio perchè vengono notati con più semplicità.
E altri, invece, riportavano diciture come “senza zuccheri aggiunti“, “senza calorie“, e “100% da frutta“?
È molto probabile. Infatti, queste diciture, giocano da un lato sulla poca informazione dei consumatori, e dall’altra parte sul fatto che questi siano facilmente manipolabili.
Ma non preoccupatevi, bastano pochi accorgimenti per una spesa più attenta e cosciente.
I prodotti “senza zuccheri aggiunti”

La dicitura “senza zuccheri aggiunti ” viene generalmente utilizzata per prodotti da forno, marmellate, confetture e succhi di frutta.
“È errato pensare che il prodotto che riporta tale dicitura non contenga zuccheri“, afferma il Dottor Erik Breda, Dietista.
Cosa indica allora questa etichetta? Semplicemente che al prodotto non sono stati addizionati zuccheri semplici.
Infatti, per esempio, un succo di frutta “senza zuccheri aggiunti” conterrà tutti gli zuccheri presenti naturalmente nella frutta della quale è composto.

Per altre tipologie di alimenti, come i biscotti, gli zuccheri che non vengono aggiunti sono sostituiti da polioli. Questi ultimi sono facilmente riconoscibili dal suffisso -olo; infatti possiamo trovare sorbitolo, maltitolo, xilitolo.
“I polioli sono molecole con potere dolcificante, simile a quello dello zucchero, che in gran parte non vengono assorbite dall’organismo“, spiega Breda. Tuttavia, è bene ricordare che, se consumati in quantità, i polioli possono avere un effetto lassativo.
I prodotti “zero zuccheri”

Questa dicitura non è da confondere con quella sopracitata. Vediamo perchè.
Utilizzata prevalentemente per le bevande, questa etichetta indica la pressochè totale assenza di zuccheri all’interno del prodotto in questione.
Gli zuccheri, infatti, vengono sostituiti da edulcoranti intensivi (dal latino dulcor-addolcire), ovvero molecole usate in basse quantità e con un potere dolcificante da 100 a 500 volte superiore a quello del classico zucchero.
“Gli edulcoranti vengono utilizzati, spesso, di più tipologie all’interno dello stesso prodotto“, continua Breda. Ciò avviene per ridurre la quantità del singolo edulcorante, prevenendo alcuni problemi. Per esempio, l’acesulfame K (o potassico), può apportare uno sgradevole retrogusto metallico al prodotto. Per questo motivo si può affermare che venga “diluito” utilizzando altri edulcoranti al contempo.
Tuttavia, queste tipologie di dolcificanti, sono spesso guardate con diffidenza. Ma non c’è da preoccuparsi.
“Non c’è motivo di allarmarsi circa l’impiego degli edulcoranti utilizzati in Unione europea. Infatti l’EFSA ( European Food Safety Authority), ovvero l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, garantisce la sicurezza di queste molecole per le dosi giornaliere raccomandate“, continua Breda.
È bene ricordare che, le dosi giornaliere consigliate, sono spesso segnalate sul prodotto stesso.
In base a tali considerazioni, sebbene una bevanda presenti la dicitura “zero zuccheri”, è comunque preferibile non abusarne.
Inoltre, per bevande edulcorate analcoliche, la dicitura zero zuccheri può spesso essere accompagnata da “zero calorie“. Questo perchè, all’interno di tali bevande, non sono presenti molecole caloriche. Infatti, essendo calorici soltanto amminoacidi, grassi, alcol, e carboidrati tra cui gli zuccheri, se mancano questi ultimi, anche le calorie non saranno presenti.
“Da frutta” e “di frutta” in marmellate, confetture, composte
Tra le varie diciture presenti sulle etichette dei prodotti, queste sono tra quelle che possono trarre maggiormente in inganno.

“Per esempio, acquistando una confettura di frutti di bosco che riporta la scritta “100% da frutta“, sarebbe lecito aspettarsi che il 100% del prodotto sia costituito da frutti di bosco. Ma non è così“, spiega il Dietista.
Leggendo attentamente l’etichetta, come quella presa in esame, scopriremo che solo una parte del prodotto è costituita da ciò che ci aspetteremmo di trovare.
Infatti, la dicitura “da frutta“, riporta semplicemente che l’origine di ogni ingrediente all’interno sia la frutta, ma non per forza i frutti di bosco, come nel caso in esempio. In etichetta possiamo notare del “succo di mela concentrato“, utilizzato per aumentare la quantità di zucchero presente nell’alimento.
Invece, la dicitura “di frutta” riporta l’esatta percentuale di frutta presente all’interno del prodotto.
Quindi, paradossalmente, una confettura di fragola con 85% “di frutta“, può contenere più fragole di una al 100% “da frutta“. Tuttavia, analizzando il caso dell’85% di frutta, il 15% restante può contenere zuccheri.
Dopo queste premesse, quale confettura scegliere?
“Idealmente sarebbe consigliabile leggere l’etichetta e prediligere percentuali di frutta più alte, possibilmente non inferiori all’80-85%. Inoltre, quando possibile, scegliere quelle che non riportano zucchero tra gli ingredienti”, spiega Breda.
I prodotti “senza glutine”
La dicitura “senza glutine” viene utilizzata, come suggerisce il nome stesso, per i prodotti privi di glutine.

Ma, anche questa, potrebbe trarci in inganno senza le dovute precisazioni.
Infatti, molti prodotti che riportano le diciture “senza“, “privo di“, “con ridotto contenuto di“, sottolineano la ridotta presenza di componenti non salutari come grassi idrogenati, grassi saturi, zuccheri. Ma non per questo, in presenza di tali diciture, ci troviamo davanti a elementi da evitare.
Quindi, in questo caso, la dicitura “senza glutine” potrebbe portarci erroneamente a pensare che il glutine faccia parte di questi, ma non è così.
“Il glutine è la principale proteina di riserva dei cereali, pur non essendo presente in tutti. È dannosa solamente per chi soffre di celiachia o presenta una forma di ridotta tolleranza alla proteina stessa”, spiega Breda.
Infatti, per eliminare il glutine dai prodotti che normalmente lo contengono, viene rimossa quasi interamente la frazione proteica dell’alimento. Il risultato? La perdita di una preziosa componente nutritiva e un costo maggiorato in seguito a questa ulteriore fase nel processo produttivo.
Può capitare di trovare la dicitura “senza glutine” anche in prodotti diversi dai cereali, ad esempio in salumi e salse. Ciò è dovuto al fatto che il glutine sia presente in alcuni conservanti alimentari.
Tuttavia, dev’essere tutto segnalato per legge. Laddove dovesse esser presente, il glutine sarà evidenziato in grassetto in etichetta, nella lista degli ingredienti o dei conservanti.
Per chi soffrisse di celiachia o fosse mal tollerante al glutine, si ricorda che i seguenti cereali, e i prodotti da loro derivati, ne sono naturalmente privi: riso, grano saraceno, mais, miglio, amaranto e quinoa.
La dicitura “senza lattosio”

Il discorso, anche in questo caso, è molto simile ai prodotti sopracitati. Infatti, anche la dicitura “senza lattosio” viene spesso mal interpretata da alcuni consumatori.
Se non si è intolleranti al lattosio, non vi è un ragionevole motivo di salute per preferire questa variante.
L’intolleranza al lattosio, ovvero lo zucchero del latte, è una condizione non patologica che può essere presente dalla nascita o svilupparsi nel tempo, soprattutto in coloro che consumano di rado latticini. Questa intolleranza si genera nel momento in cui il corpo non produce sufficiente lattasi, ovvero l’enzima digestivo che permette la frammentazione del lattosio nelle due molecole che lo compongono: glucosio e galattosio.
“In questa situazione il lattosio rimane indigerito e, pertanto, non viene assorbito, causando un effetto lassativo“, conclude Breda.
La dicitura “senza lattosio“, tuttavia, può comparire anche sulle etichette di salumi e affettati generici, nonostante questi non siano collegati al latte. Il lattosio, infatti, può essere usato in piccole dosi come conservante, ed è in grado di esaltare la colorazione dei prodotti mantenendo inalterato il sapore.
Anche in questo caso, se presente, dovrà per forza comparire nell’elenco dei conservanti che è presente sull’etichetta del prodotto.
Per chi presenta questa intolleranza si ricorda che sono poveri di lattosio i latti fermentati, per esempio lo yoghurt, il kefyr, lo skyr. E sono privi di lattosio i formaggi molto stagionati, come il parmigiano, il gorgonzola, l’emmental, il pecorino, la fontina.
Foto di Gustavo Fring: https://www.pexels.com/it-it/foto/famiglia-che-fa-la-spesa-3985062/