Caffè amato e odiato: se chi legge è un uomo ed è tra coloro che non possono rinunciare alla dose quotidiana di caffè, potrà certamente trovare utile questo articolo.
Sulla base di una ricerca, nella nota bevanda sarebbero presenti composti che potrebbero inibire la crescita del cancro alla prostata: questi elementi potenzialmente benèfici sono stati identificati dagli scienziati.
La notizia è stata pubblicata sulla rivista The Prostate.
Caffè amato e odiato: parliamone
Il caffè è una complessa miscela di composti che ha dimostrato di influenzare la salute umana: sia in modo positivo, sia negativo.
Sulla base di prove sempre più rilevanti, l’assunzione di alcuni tipi di caffè sarebbe associata a una riduzione dell’incidenza di alcuni tumori.
Ora gli scienziati giapponesi hanno studiato gli effetti di due composti trovati nel caffè, il kahweol acetato e il cafestol (idrocarburi naturalmente presenti nel caffè arabico), sulle cellule tumorali della prostata. Negli animali, essi sono stati in grado di inibire la crescita delle cellule resistenti ai comuni farmaci anticancro (come il Cabazitaxel).
Caffè amato e odiato: la preparazione è importante
Si è scoperto che il processo di preparazione del caffè è importante, poiché è allora che si permette a questi composti di rimanere nella bevanda dopo la preparazione (come con l’espresso) oppure si fa sì che siano rimossi (come quando vengono filtrati).
Ma come hanno agito i ricercatori? Hanno inizialmente testato sei composti, naturalmente presenti nel caffè, sulla proliferazione delle cellule tumorali della prostata umana in vitro (cioè in una capsula di Petri).
Le cellule trattate con kahweol acetato e cafestol sono cresciute più lentamente di quelle di controllo, che non erano state trattate. Questi composti sono stati poi testati su cellule tumorali della prostata che erano state trapiantate in 16 topi: 4 topi erano cavie di controllo, 4 sono stati trattati con acetato di kahweol, 4 con cafestol, mentre i topi rimanenti sono stati trattati con una combinazione di acetato di kahweol e cafestol.
Caffè amato e odiato: le cellule tumorali, nei topolini, crescono meno
Il dottor Andrea Militello, andrologo e urologo, si è espresso in argomento: “In questo interessante studio l’acetato di kahweol e il cafestol hanno inibito la crescita delle cellule tumorali nei topi, ma la combinazione sembrava funzionare sinergicamente, portando a una crescita tumorale significativamente più lenta rispetto ai topi non trattati. Dopo 11 giorni, i tumori non trattati erano cresciuti di circa 3 e volte e mezzo rispetto al volume originale (342%), mentre i tumori nei topi trattati con entrambi i composti erano cresciuti di poco più di una volta e mezzo (167%) rispetto alle dimensioni originali. È importante mantenere questi risultati in prospettiva. Questo è uno studio pilota, quindi questo lavoro mostra che l’uso di questi composti è scientificamente fattibile, ma necessita di ulteriori approfondimenti; non significa che i risultati possano già essere applicati agli esseri umani. E’ stata anche riscontrata la riduzione della crescita nelle cellule tumorali trapiantate, piuttosto che nelle cellule tumorali native. In sintesi questi composti sembrano avere un effetto sulle cellule resistenti ai farmaci nelle cellule del carcinoma della prostata nelle giuste circostanze: anche in questo caso, c’è bisogno di ulteriori indagini. Attualmente si sta valutando come si potrebbero testare questi risultati in un campione più ampio, e quindi nell’uomo.”
Caffè amato e odiato: non si può ancora cantare vittoria
Chi pensa di vivere di solo caffè dopo aver letto quanto precede, sta cantando vittoria troppo presto. Così conclude Andrea Militello: “Questi sono risultati promettenti, ma non dovrebbero far sì che le persone cambino il loro consumo di caffè. Il caffè può avere effetti sia positivi che negativi (per esempio può aumentare l’ipertensione), quindi dobbiamo scoprire di più sui meccanismi alla base di questi risultati prima di poter pensare alle applicazioni cliniche. Tuttavia, se potremo confermare questi risultati, potremmo avere candidati per il trattamento del carcinoma della prostata resistente ai farmaci”.