Conosciamo davvero l’anestesia? Tecniche, falsi miti ed effetti collaterali
Quali sono le principali tecniche di anestesia e come si sono evolute nel tempo?
È davvero possibile svegliarsi, sotto anestesia, durante un intervento chirurgico, oppure non svegliarsi affatto se sottoposti a tecniche anestetiche, anche post intervento?
Abbiamo contattato la SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva) per rispondere a queste e altre domande riguardanti l’anestesia.
Come funzionano le due principali tipologie di anestesia?
Con il termine anestesia si intende l’abolizione della coscienza, del dolore, della memoria e della sensibilità di un individuo per consentirgli di poter essere sottoposto a un intervento chirurgico o una procedura diagnostica invasiva.
Si somministrano principalmente farmaci ipnotici e analgesici, ed esistono due grandi capitoli: l’anestesia generale (in cui si ha l’abolizione completa dello stato di coscienza, della sensibilità dolorosa e si può aggiungere la necessità di ottenere un rilassamento muscolare) e l’anestesia locoregionale che può interessare una parte del corpo.
- Anestesia generale
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“L’anestesia generale, o totale, si può ottenere somministrando farmaci sia per via endovenosa (sedativi, ipnotici, analgesici e rilassanti muscolari) che per via inalatoria (tramite la somministrazione di gas anestetici). Le due tecniche possono essere anche combinate per ottenere una versione bilanciata: il paziente viene addormentato mediante la somministrazione di farmaci per via endovenosa e si mantiene l’adeguato livello di ipnosi e anestesia tramite l’erogazione degli anestetici inalatori”, spiega Gianpaola Monti, Dirigente Medico specializzata in Anestesia e Rianimazione, Responsabile del comitato comunicazione SIAARTI.
In alcuni casi, per facilitare l’esecuzione dell’intervento chirurgico, il paziente viene mantenuto in uno stato di completo rilassamento muscolare che coinvolge anche i muscoli respiratori, per questo motivo è necessario supportare questa funzione mediante l’utilizzo di ventilatori meccanici.
“Un’altra possibilità è la sedazione, più o meno profonda abbinata a un’analgesia, può consentire l’abolizione della sensibilità dolorosa e la modulazione dello stato di coscienza senza compromettere le funzioni protettive autonome come deglutizione e respirazione. In questo caso si parla di analgo-sedazione e si utilizza per consentire lo svolgimento d’interventi di chirurgia minore e/o procedure diagnostiche/terapeutiche”, aggiunge Monti.
Anestesia locoregionale
“L’anestesia locoregionale prevede invece l’abolizione temporanea e reversibile delle funzioni sensitive (soprattutto quella dolorifica) e talvolta motoria di una parte del corpo e può essere ottenuta mediante l’iniezione di farmaci anestetici nelle vicinanze di un singolo nervo o di un plesso nervoso (rete di nervi, anestesia plessica), a livello centrale nel midollo spinale (anestesia subaracnoidea o spinale) oppure a livello dello spazio virtuale attorno al midollo spinale (anestesia peridurale o epidurale)”, spiega l’esperta.
L’evoluzione tecnologica, soprattutto dell’ecografia, consente di poter eseguire queste tecniche anestesiologiche con maggiore sicurezza, potendo visualizzare ‘in diretta’ le strutture nervose e l’anatomia circostante.
Il vantaggio della tecnica locoregionale è che il paziente mantiene lo stato di coscienza (si può sempre abbinare una sedazione per migliorarne il comfort) e l’autonomia respiratoria, rendendo non necessario il ricorso alla ventilazione meccanica.
“La scelta dell’anestesia più adatta viene espressa dal Medico Anestesista-Rianimatore sulla base del tipo di intervento a cui il paziente deve essere sottoposto (per esempio interventi di chirurgia maggiore richiedono quasi sempre l’utilizzo dell’anestesia generale) e al suo rischio clinico determinato dalle condizioni cliniche generali caratterizzate dalla presenza di altre malattie (diabete, problemi di cuore, difficoltà respiratoria, etc.), in modo da personalizzare l’approccio anestesiologico al tipo di paziente”, continua la Dottoressa.
Evoluzione delle tecniche
L’evoluzione della tecnica anestetica nel corso degli anni ha consentito di poter raggiungere importanti traguardi nell’ambito del mondo chirurgico.
Le prime esperienze di anestesia generale risalgono alla metà dell’800 grazie all’utilizzo di composti inalatori come etere e cloroformio.
“Negli ultimi decenni la ricerca e lo sviluppo farmaceutico hanno consentito di avere a disposizione farmaci anestetici con un elevato profilo di sicurezza, con pochi e noti effetti collaterali in modo da ridurre al minimo il rischio di reazioni avverse. Anche lo sviluppo tecnologico ha contribuito in maniera importante all’evoluzione delle tecniche anestesiologiche, i nuovi strumenti per la gestione delle vie aeree (intubazione tracheale necessaria per garantire la respirazione del paziente in anestesia generale) hanno consentito di ridurre al minimo gli errori durante queste manovre. Inoltre, i sistemi avanzati di monitoraggio multi-parametrico permettono al medico Anestesista-Rianimatore di poter avere sotto costante controllo tutte le funzioni vitali del paziente sottoposto ad anestesia, potendo quindi riconoscere e prevenire eventuali variazioni“, aggiunge Monti.
Anestesia: esistono controindicazioni o effetti collaterali?
“A oggi non esistono controindicazioni assolute all’anestesia generale, infatti è ritenuta relativamente sicura. Ci sono tuttavia delle condizioni che possono aumentare il rischio di complicanze e sono: età avanzata, presenza di malattia pre-esistenti (soprattutto se non in trattamento adeguato) come malattie cardiache, respiratorie, renali, del fegato, diabete, malattie neurologiche, i fumatori, la presenza di precedenti reazioni allergiche a farmaci anestetici. Anche la complessità dell’intervento chirurgico e la condizione di urgenza-emergenza possono peggiorare questi fattori di rischio”, spiega Monti.
“Per quanto riguarda l’anestesia loco-regionale (soprattutto subaracnoidea, cioè nell’encefalo, ed epidurale) esistono delle controindicazioni che sono: l’aumentata pressione intracranica in seguito alla presenza di masse cerebrali, la presenza di infezione del sito di puntura, gravi patologie o alterazioni della coagulazione in seguito, per esempio, all’assunzione di farmaci anticoagulanti”, continua l’esperta.
L’anestesia, come tutte le procedure mediche, presenta degli effetti collaterali anche se eseguita con diligenza, prudenza e perizia.
Fra quelli meno gravi, ma più frequenti, ricordiamo la nausea e il vomito al risveglio dall’anestesia generale, perdita transitoria della memoria (soprattutto in pazienti anziani o con precedenti disturbi neurologici), mal di testa, vertigini, dolore o secchezza alla gola.
Altre complicanze che si possono verificare sono: cardiocircolatorie (es. disturbi del ritmo cardiaco, calo della pressione arteriosa, edema polmonare), dovute alla necessità di intubazione (es. lesioni ai denti ed alla lingua); neurologiche (es. lesioni nervose periferiche che spesso hanno un carattere transitorio) o, molto raramente, danni cerebrali (come conseguenza di gravi riduzioni dei valori della pressione del sangue o mancata ossigenazione).
Le complicanze più gravi e che possono condurre alla morte sono considerate, comunque, molto rare (incidenza di un caso ogni 100.000 – 200.000 anestesie).
Falsi miti: le persone corrono davvero il rischio di non svegliarsi più?
Le paure più frequenti riguardano la possibilità di non risvegliarsi dopo una anestesia generale (si tratta assolutamente di un falso mito, l’anestesia moderna è sicura e i farmaci utilizzati garantiscono il risveglio al termine dell’anestesia). La paura di avere una dipendenza dopo aver ricevuto i farmaci anestetici (anche questo non vero in quanto i farmaci utilizzati non creano dipendenza farmacologica, come avviene per le sostanze d’abuso, anche perché sono utilizzati in dosi e quantità sicure da parte di personale Medico specializzato). Infine la paura di svegliarsi durante l’intervento chirurgico (la cosiddetta awareness, anche se in teoria rappresenta una possibilità molto rara durante l’anestesia generale, i moderni sistemi di monitoraggio delle funzioni vitali e della profondità dell’anestesia evitano che questa condizione si verifichi)”, conclude Monti.
Copertina Foto di Andrea Piacquadio: https://www.pexels.com/it-it/foto/persone-lavorando-donne-stanza-3952379/
Foto di Pavel Danilyuk: https://www.pexels.com/it-it/foto/medico-ospedale-assistenza-sanitaria-chirurgo-7108230/
Foto di Павел Сорокин: https://www.pexels.com/it-it/foto/chirurghi-che-eseguono-interventi-chirurgici-2324837/