Screening oculistico: 1 neonato ogni 250 ha cataratta congenita
Uno dei motivi per cui è importante fare lo screening neonatale è la diagnosi precoce della cataratta congenita, presente circa nello 0,4% dei neonati, quindi in 1 ogni 250.
“Per fortuna i nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) prevedono da qualche anno un protocollo che coinvolge tutti i punti nascita, proprio per evitare che la diagnosi di patologie così importanti sfugga”, dice il professor Luca Buzzonetti, Responsabile UOC dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e socio di AIMO.
L’importanza degli screening oculistici
Più in generale, uno screening oculistico nei primi tre anni di vita è fondamentale, perché permette di intercettare precocemente patologie congenite e non che, anche se molto raramente, possono purtroppo avere un impatto anche sulla sopravvivenza del bambino, come il retinoblastoma, un tumore maligno primitivo della retina diagnosticato nella quasi totalità dei casi in età pediatrica, prevalentemente nei primi 24 mesi di vita, con un’incidenza di un caso ogni 17mila nascite, pari a circa 40 nuove diagnosi l’anno in Italia.
“Si tratta del tumore maligno intraoculare più frequente in età pediatrica”, spiega Buzzonetti. “Ma se diagnosticato precocemente, registriamo una sopravvivenza maggiore del 95% nei Paesi sviluppati”.
Invece è intorno ai 4 anni che si può cominciare a valutare in maniera più attendibile la capacità visiva, cioè, in termini più semplici, a misurare la vista e a poter diagnosticare per esempio l’ambliopia, forse meglio nota come occhio pigro.
“L’occhio pigro è quella condizione in cui lo sviluppo della capacità visiva del bambino è ostacolato, nella maggior parte dei casi per la presenza di un difetto visivo che, quindi, va diagnosticato e corretto”, spiega il professor Buzzonetti.
Il messaggio chiave è che in ogni età può essere effettuata una visita oculistica, ovviamente con metodi e strumenti differenti in base all’età del bambino.
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“Visitare un bambino molto piccolo di solito non è particolarmente complesso”, dice Buzzonetti.
“Mentre è intorno ai 2/3 anni che le difficoltà aumentano incredibilmente.
I piccoli pazienti piangono e si ribellano, quindi è più difficile visitarli.
L’oculista allora deve essere pronto a sfruttare quel breve momento in cui è possibile valutare il bambino.
Ovviamente parliamo di visite ambulatoriali, perché, laddove ci sono dubbi su patologie gravi, i bambini piccoli devono necessariamente essere addormentati per poter effettuare una visita oculistica completa”.
Con i più piccoli è quindi necessario imparare ad attirare la loro attenzione, sfruttando quell’istante in cui il bambino dà retta allo specialista ed è orientato con lo sguardo nella loro direzione.
“Quando il bambino è molto piccolo”, spiega il professore, “non sono molte le cose da esaminare nel corso della visita oculistica, però si tratta di aspetti che possono risultare fondamentali per lo sviluppo di una buona visione, incidendo quindi poi per tutta la vita”.
È, inoltre fondamentale una collaborazione sempre più stretta ma soprattutto “ordinata” tra pediatri e oculisti.
“Gli oculisti si ritrovano non di rado a visitare bambini con problemi anche importanti della vista, che arrivano tardi alla prima visita”, conclude Buzzonetti.
“Per la verità anche spesso per colpa dei genitori che non considerano la visita oculistica necessaria. E questo è un problema di educazione sanitaria”.
Immagine copertina di Kübra Kuzu https://www.pexels.com/it-it/foto/disteso-gemelli-adorabile-neonato-13394440/