Alcune persone che praticano attività sportiva e, in particolare, molti giovani, possono andare incontro a disturbi dell’alimentazione.
Diete troppo rigide, allenatori che incentivano la competizione tra giovani atleti anche su fattori estetici, adolescenti in crisi di identità e con scarsa autostima.
Questi, e purtroppo molti altri, sono tutti fattori che possono scatenare disturbi del comportamento alimentare.
Come possiamo proteggere i nostri ragazzi? Con quali segnali, magari non verbali, comunicano queste forme di disagio?
È molto importante porsi queste domande. Perchè, parlando di sport, se questo non è veicolo di salute e benessere, c’è qualcosa che non va.
Inoltre, parlando di disturbi dell’alimentazione in senso più ampio, il partito politico Fratelli d’Italia ha presentato, pochi giorni fa in una conferenza a Palazzo Madama, un Disegno di legge che intende punire l’istigazione all’anoressia con la reclusione fino a due anni e una sanzione tra i 20 e i 60 mila euro.
“Questo Disegno di legge agisce su un doppio binario, da una parte sulla prevenzione dei disturbi alimentari e dall’altra sulla repressione di chi istiga, anche sui social, fenomeni quali anoressia e bulimia. Non può passare inosservato, infatti, che ogni anno circa 4mila giovani perdano la vita a causa di questa malattia psichiatrica“, ha spiegato Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali e senatore di Fratelli d’Italia.
Disturbi dell’alimentazione: lo sport è la “festa” del corpo
Lo scorso 15 marzo si è celebrata la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla per la lotta ai disturbi dell’alimentazione e della nutrizione (DAN). Il giorno precedente, Federazione Ginnastica d’Italia (FGI) e l’Istituto Auxologico Italiano hanno presentato a Milano una nuova partnership tesa a proteggere atlete e atleti adolescenti tramite un’efficace azione preventiva.
“Lo sport è un mezzo straordinario non solo per l’esercizio fisico, ma anche per i valori intrinseci che trasmette. Attraverso lo sport vogliamo che tutte le forme di dipendenza, in particolare quelle alimentari, siano superate“, ha spiegato Flavio Siniscalchi, Capo del Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio.
La frase, in un certo senso, non riguarda solo i giovani, ma bensì tutte le figure che ruotano loro attorno: genitori, coach e allenatori, dirigenti sportivi, amici.
Quali sono i disturbi del comportamento alimentare più comuni
- Anoressia nervosa e bulimia nervosa. Le persone che soffrono di tali condizione cercano di mantenere il proprio peso corporeo il più basso possibile. Per fare ciò, si autoimpongono forti restrizioni dietetiche, si inducono il vomito (spesso dopo i pasti), utilizzano lassativi, e praticano attività fisica in maniera intensa e, talvolta, incontrollata e ossessionata.
- Binge eating. Il termine significa letteralmente “abbuffata di cibo“, e descrive la condizione in cui il soggetto assume grandi quantità di cibo in poco tempo, perdendo il controllo di quanto e cosa si stia mangiando. Inoltre, queste crisi sono accompagnate da senso di colpa e vergogna, e portano la persona a mangiare da sola o di nascosto. Se il problema è frequente (almeno una volta a settimana per 3 mesi consecutivi), si parla di Disturbo da Alimentazione Incontrollata.
Il caso dell’ortoressia
Tra i tipici comportamenti cosiddetti “ortoressici“, c’è sicuramente un’attenzione eccessiva e spesso ossessiva a un regime alimentare rigido, ripetitivo e che prevede il consumo di pochi alimenti, a cui segue l’eliminazione progressiva dalla propria dieta di cibi ipercalorici, grassi e altri considerati dannosi per la salute.
Si limitano prima e si fanno scomparire poi dolci e prodotti confezionati, carboidrati, latticini e insaccati, ma anche patate e in generale ortaggi non biologici.
“Inoltre, il soggetto ortoressico associa spesso queste abitudini alimentari a rigidi allenamenti sportivi. In primo luogo per preservare la propria forma fisica e performare meglio. In secondo luogo per bruciare le calorie introdotte alimentandosi, arrivando a un deficit calorico che può creare scompensi energetici potenzialmente dannosi per la salute”, spiega Giulio Gaudio, dietista nutrizionista.
I giovani sono più esposti ai disturbi dell’alimentazione
Il 60% delle persone che soffre di dipendenze legate al comportamento alimentare sono ragazzi dai 13 ai 25 anni. Un dato allarmante. Ma non è tutto.
“Secondo gli studi, la percentuale di atleti a rischio di sviluppare anoressia è del 35% per le femmine e del 10% per i maschi. Il rischio di bulimia è molto più alto per entrambi, con il 58% delle femmine e il 38% dei maschi a rischio”, afferma Emanuela Apicella, Psichiatra presso l’UO Riabilitazione DAN di Auxologico Piancavallo.
Ma perchè i giovani sono così a rischio?
L’età dell’adolescenza è, per antonomasia, un cammino più o meno tortuoso verso la scoperta di sè e del mondo che ci circonda. Per questo motivo gli adolescenti sono più esposti ai fattori di rischio che determinano un disturbo nel comportamento alimentare.

“Vi è maggiore pressione sociale nei confronti del corpo femminile. Se non rientra nello standard voluto da genitori e società, tipico della nostra cultura, si possono creare dei problemi“, spiega Gianluca Castelnuovo, Ordinario di Psicologia Clinica all’Università Cattolica di Milano e Direttore del Servizio di Psicologia Clinica e Psicoterapia all’Auxologico.
Per un giovane che pratica determinati sport questi aspetti possono essere ancora più esasperati. Per esempio, parlando di nuoto, un fisico muscoloso caratterizzato da braccia, schiena e spalle molto pronunciati, non desta scalpore se appartiene a una donna.
In altri ambiti, come nella ginnastica, la pressione è maggiore in quanto si accosta alla disciplina stessa la “grazia estetica” del corpo che esegue i movimenti.
Il ruolo dei genitori
In moltissimi casi, a meno che non siano loro direttamente ad alterare le corrette abitudini alimentari dei figli, i genitori non sono nè colpevoli nè il capro espiatorio.
Anzi, sono una risorsa fondamentale nella lotta a questi fenomeni.
Per quanto si possa voler “controllare” il proprio figlio adolescente, ci sono moltissimi contesti in cui il giovane entra in contatto con la società in maniera indipendente.
Basti pensare alla scuola, alle amicizie, alle relazioni sui social, agli allenatori sportivi.
In questi casi, un genitore ha due armi a disposizione: l’ascolto e la capacità di osservare.
“Quando i figli incominciano a mangiare da soli, a dare peso eccessivo alle grammature delle pietanze e dei macronutrienti, a guardarsi troppo allo specchio, a dare troppa importanza ai like sui social in base ai propri connotati estetici, spesso questi sono segnali che comunicano un disagio“, commenta Gianluca Castelnuovo.
E, quello stesso disagio, non è detto che sia espresso a voce dai figli perchè, molte volte, non sanno o non vogliono chiedere aiuto.
Fattori psicosociali
“I fattori psicosociali, come la percezione di sé e del proprio corpo, l’autostima, la flessibilità cognitiva, le abitudini alimentari, l’attività fisica, ma anche le relazioni interpersonali e familiari, le influenze sociali e dei social media, il contesto culturale, possono rappresentare dei fattori di rischio ma anche, se ben gestiti e orientati, anche dei fattori protettivi“, continua Gianluca Castelnuovo.
Negli sportivi, in particolare, il ruolo dell’attività fisica è ancora più cruciale rispetto alla popolazione normale. Una equipe ben formata e preparata nella gestione degli atleti anche sugli aspetti alimentari e psicologici, può portare a vivere lo sport come esaltazione ed espressione del proprio sé senza creare distorsioni, ma lasciando un equilibrio armonico fra mente e corpo fino alla massima espressione nella performance sportiva.
“Mens sana in corpore sano“, come direbbe il poeta latino Giovenale, in questo caso più che mai. Una mente sana grazie a un corpo in salute, e un corpo in salute guidato da una mente che ragiona e pensa correttamente.
E va sottolineato che, la salute in questione, è ben lontana da abitudini alimentari troppo rigide e rinunce categoriche. Questo perchè, pur parlando di sport e alimentazione, l’eccesso non è la soluzione, e nemmeno la privazione.
Infatti, gli atleti hanno, tendenzialmente, una massa grassa inferiore rispetto alla media della popolazione. Ciò significa che se allenatori e coach, al fine di migliorare le performance sportive, dovessero chiedere agli atleti di perdere ulteriormente peso, questo processo potrebbe portare i valori percentuali di massa grassa al di sotto del limite consentito.
Un aspetto dannoso per la salute, in quanto la massa grassa svolge molteplici funzioni nel nostro organismo: riserva energetica, base strutturale e funzione regolatrice per alcuni ormoni e per la temperatura corporea.
“Uno sportivo davanti a tali richieste dovrebbe, a maggior ragione in questo caso, sottoporsi al giudizio valutativo di un professionista“, spiega Daniele Sciotti, biologo nutrizionista.
I Falchi di Lecco e il terzo tempo
I “Falchi” di Lecco, prima ancora di una società sportiva, sono un gruppo di amici che condividono la passione per la montagna, la corsa e i sani valori dello sport.
Gianluca Castelnuovo li considera un esempio virtuoso di come lo sport debba essere preso in considerazione.
Infatti, proprio come avviene nel rugby alla fine delle partite, capita spesso che festeggino il cosiddetto “terzo tempo“. In cosa consiste? Semplice, si tratta di un momento che esula dalla pura performance sportiva e vede atleti, allenatori e tifoserie che festeggiano insieme.
“La convivialità, il divertimento e il reintegro delle energie mangiando insieme, sono tipici esempi dei valori che lo sport dovrebbe trasmettere. Sebbene debba esserci attenzione verso l’alimentazione prima di una gara e durante i periodi di allenamento, è più che lecito concedersi questi momenti“, commenta Gianluca Castelnuovo.
Lo sport non va inteso come una rigida serie di rinunce ma, bensì, come una festa del corpo.
Foto di Karolina Grabowska: https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-blu-casa-musica-4498177/
Gentile Redazione, ho appena letto questo interessante articolo e vorrei porre un quesito in proposito. Ho 25 anni e solo un velista, sport in cui il peso dell’atleta può davvero fare la differenza.
Sono stato sottoposto a tutti i test fisici previsti e mi è stato detto che la mia massa grassa è già al limite minimo previsto. Eppure, stando ai calcoli teorici, per ottimizzare al massimo livello i risultati mi è stato chiesto di perdere ancora 2 chili. Obiettivo davvero difficile da raggiungere senza intaccare la massa ossea (ammesso che sia possibile) o la massa muscolare che però mi serve tutta per esercitare la forza necessaria.
Mi chiedo: ma è davvero una richiesta ragionevole quella che mi è stata fatta? Io francamente sono scettico e sono tentato dal contestare questo suggerimento. Che cosa ne pensate?
Buongiorno,
il lettore ha perfettamente ragione: ho affrontato il tema nel libro “Calore umano e movimento fisico” nel capitolo in cui parlo di indice di massa corporea come criterio assai discutibile per definire il sovrappeso.
Per ottimizzare la massa magra (e quindi la massa muscolare) la dieta deve essere normocalorica e,soprattutto, normoproteica.
Quindi le restrizioni caloriche hanno il doppio svantaggio di ridurre il metabolismo basale (e quindi la quota base di consumo calorico giornaliero) e di ridurre pure la massa muscolare quando le richieste energetiche imposte dall’allenamento non sono coperte dall’introito alimentare.
Dott Enrico Mariani, medico chirurgo specializzato in medicina dello sport e in scienza dell’alimentazione.