Occhi: non solo per la vista ma anche regolatori dei ritmi circadiani

Occhi: non solo per la vista ma anche regolatori dei ritmi circadiani

L’occhio regola il nostro orologio biologico, consentendoci di distinguere la notte dal giorno, il sonno dalla veglia e di alternare correttamente periodi di attività e inattività.

Ma cosa c’entra l’occhio con il nostro orologio interno?

Sono stati identificati dei recettori specifici dei ritmi circadiani a livello della retina”.

“Le cellule ganglionari, situate nello strato più interno della retina, sono specializzate nella percezione dell’«informazione non visiva» della luce e nella sua trasmissione alle vie centrali per l’attivazione del sistema circadiano”, spiega Gianluca Scuderi, professore associato del Dipartimento di Neuroscienze, Salute Mentale e Organi Di Senso-Nesmos della Sapienza Università di Roma e responsabile dell’Unità operativa di oculistica dell’Ospedale Sant’Andrea.

Quindi, anche la retina, oltre all’orologio circadiano molecolare nel Sistema Centrale Nervoso, è dotata di meccanismi molecolari che coinvolgono diversi clock genes, cioè dei geni coinvolti nella regolazione dell’orologio biologico.

Nei mammiferi, la retina è stata il primo tessuto descritto al di fuori del SCN con proprietà di orologio circadiano, in grado di sintetizzare e rilasciare la melatonina in vitro con una ritmicità variabile in un ciclo di 24 ore.

Cosa sono i ritmi circadiani?

L’organismo umano è caratterizzato da ritmi di funzionamento a cadenza quotidiana: i ritmi circadiani.

Il ritmo circadiano consiste nelle variazioni cicliche che ogni giorno coinvolgono le nostre attività biologiche, cioè il ciclo di 24 ore che regola molti processi fisiologici tra cui il sonno e la fame.

Ogni giorno, infatti, si ripetono periodicamente determinate condizioni nel nostro corpo, come ad esempio il ritmo sonno veglia.

Altri fattori influiscono su questo orologio interno tra cui la luce e la temperatura dell’ambiente.

Per ritmi circadiani, quindi, si intendono ritmi che si ripetono tutti i giorni ciclicamente nell’arco delle 24 ore.

Ogni giorno è suddiviso in cicli di 3 ore, durante i quali il nostro organismo è portato a fare certi esercizi o attività piuttosto che altri.

Il ritmo circadiano è legato strettamente al ciclo luce-buio: la luce del giorno infatti, regola la maggior parte delle dinamiche biologiche interne.

Un ruolo fondamentale all’interno del ciclo circadiano è dato dall’epifisi.

Si tratta di una ghiandola, situata alla base del cranio, che produce la melatonina.

La melatonina è l’ormone che regola il ritmo circadiano dell’organismo, cioè il ciclo sonno-veglia.

La sua secrezione è strettamente legata alla luce: infatti, lo stimolo luminoso viene trasmesso all’epifisi che limita la produzione di melatonina, il buio, viceversa, ne stimola il rilascio, favorendo il sonno.

Gli orari che compongono i ritmi circadiani

Il ciclo circadiano copre le 24 ore che compongono una giornata, lavorando a cicli di 3 ore:

  • 6 – 9: è la fase in cui l’organismo si attiva e il corpo gradualmente si rimette in moto, a seguito del riposo notturno. I livelli di melatonina scendono e i livelli di cortisolo aumentano.
  • 9 – 12: durante questa fase i livelli di cortisolo raggiungono il picco massimo della giornata. Si tratta del momento migliore per svolgere attività particolarmente impegnative, che richiedono concentrazione.
  • 12 – 15: la digestione porta ad un calo della concentrazione e a un senso di sonnolenza e stanchezza.
  • 15 – 18: in questa fase si registra un aumento della temperatura corporea, è il momento ideale per svolgere attività fisica.
  • 18 – 21: da questo momento l’organismo comincia a rallentare tutte le sue funzioni.
  • 21 – 24: si ha la produzione di melatonina che ho il fondamentale ruolo di facilitare il sonno, e la temperatura corporea comincia a scendere.
  • 24 – 3: la melatonina raggiunge il suo picco massimo, è l’orario durante il quale il sonno è maggiormente profondo e riposante.
  • 3 – 6: la temperatura corporea scende al minimo, e la melatonina comincia lentamente a diminuire, preparando il corpo a un risveglio graduale.

L’alternanza tra luce e buio è fondamentale per il buon andamento e per il mantenimento di questi ritmi e di conseguenza del nostro orologio biologico.

L’occhio e la melanopsina

All’interno del nostro occhio, nella retina vi è una sostanza chiamata melanopsina, che trasmette informazioni relative alla presenza o all’assenza di luce alla parte del cervello incaricata di gestire e mantenere inalterato l’andamento dei ritmi circadiani.

La melanopsina è prodotta dalle cellule gangliari, che rilevano l’intensità della luce.

Questo accade perché la molecola della melanopsina è fotosensibile, cioè sensibile alla luce.

Se il passaggio di informazioni relativo all’alternanza luce-buio venisse in qualche modo compromesso, ne deriverebbe una compromissione anche dei ritmi circadiani.

L’assenza totale di melanopsina porta a uno scompenso totale dell’orologio biologico.

Il jet lag e i cambi di abitudini

Perché svolgiamo le stesse azioni alle stesse ore? Perché mangiamo e dormiamo sempre nelle stesse fasce orarie?

Se le abitudini che diamo per scontate fossero sconvolte e invertite, andremmo incontro a malesseri e disturbi come il cosiddetto jet lag.

Il jet lag è un disturbo del ritmo circadiano che si verifica quando l’orologio biologico del corpo perde la sincronia con l’oraio a il ciclio luce-buio abituale.

Quindi, i ritmi circadiani vengono messi in crisi dal “jet lag sociale” descritto in uno studio pubblicato su Current Biology come la sindrome dovuta alla mancata coincidenza del nostro orologio biologico con la nostra routine giornaliera.

“E’ una condizione sempre più prevalente di allontanamento dai nostri ritmi fisiologici per cui diamo a noi stessi un fuso orario ‘anarchico’ dormendo o mangiando in orari lontani da quelli classici”.

“La forzatura dei nostri bioritmi è co-responsabile di un aumentato numero di infarti e di malattie cardio-cerebro-vascolari legate alla liberazione di elevate quantità di cortisolo, ormone dello stress con effetto ossidante e pro-infiammatorio costituendo così indirettamente un fattore di rischio anche per malattie neuro-degenerative come l’Alzheimer e il Parkinson”, spiega  Piero Barbanti, professore associato di Neurologia presso l’Università San Raffaele di Roma.

I ritmi circadiani nell’ambito della neuroprotezione in oculistica

I ritmi circadiani giocano un ruolo anche nell’ambito della neuroprotezione in oculistica.

La neuroprotezione è la strategia terapeutica che ha lo scopo di mantenere in vita e di migliorare la funzionalità dei neuroni.

In ambito oculistico questa terapia si applica nel glaucoma, patologia neurodegenerativa progressiva delle cellule ganglionari della retina.

La cura primaria del glaucoma è l’abbassamento della pressione intraoculare.

La neuroprotezione è un’importante opportunità terapeutica in quanto è finalizzata alla protezione delle fibre nervose ancora sane e al rinforzo dei neuroni non ancora danneggiati in modo irreversibile.

“Sappiamo che la pressione oculare ha un suo ritmo circadiano e non è costante nell’arco della giornata: se la misuriamo alle 8, alle 12 e alle 20 notiamo che ci sono delle oscillazioni anche nelle ore notturne.

Queste variazioni si verificano in tutti ma sono più marcate nei pazienti affetti da glaucoma.

Per questo si ipotizza che il ritmo circadiano possa avere anche un risvolto dal punto di vista neuro-protettivo”, spiega il professor Piero Barbanti.

Il glaucoma e il coenzima Q10

Il glaucoma è oggi considerato a tutti gli effetti una malattia neurodegenerativa.

In tutte le patologie neurodegenerative, il Coenzima Q10 ha mostrato una sua funzione protettiva.

“Il Coenzima Q10  fa funzionare il neurone e nel contempo lo protegge agendo da un lato come potenziatore delle attività metaboliche dei neuroni e dall’altro come spazzino dei radicali liberi.

Queste azioni spiegano il grande interesse attorno al ruolo di questa molecola nelle malattie neurodegenerative.

Da studi condotti su modelli animali per patologie neurodegenerative, il Coenzima Q10 ha mostrato proprietà benefiche ed effetti protettivi molto promettenti in trial clinici riguardanti malattia di Parkinson e di Alzheimer, Corea di Huntington, Atassia di Friedreich e anche nel glaucoma”, conclude il professor Barbanti .

Cosa è il coenzima Q10

“Il Coenzima Q10, noto anche come ubiquinone, è una molecola ad attività bioenergetica e potente antiossidante che viene prodotta anche dal nostro organismo, ma purtroppo i suoi livelli nella retina umana si riducono del 40% con l’età.

Attualmente il Coenzima Q10, oltre che in formulazione collirio, è disponibile anche in formulazione orale e dagli studi è emerso come la somministrazione orale di CoQ10 possa avere una efficacia nelle malattie neurodegenerative e nelle malattie cardiovascolari.

La somministrazione orale di CoQ10, oltre ad avere un alto profilo di sicurezza, è risultata in grado di aumentare le concentrazioni plasmatiche di CoQ10.

Inoltre, potrebbe migliorare l’aderenza alla terapia nei pazienti anziani che hanno difficoltà a mettere i colliri.

La stretta connessione tra vista e ritmi circadiani potrebbe avere un impatto anche sull’orario di somministrazione dei nutraceutici, cioè integratori alimentari in grado di influenzare alcuni processi fisiologici dell’organismo.

Si sta studiando se rispettando il giusto timing alla luce del ritmo circadiano, possa migliorare l’assorbimento di specifici nutrienti e rispecchiare la fisiologica produzione di nutrienti endogeni, cioè di origine interna.

Si parla, infatti, di crono-assorbimento degli integratori.”, spiega Scuderi.

L’assunzione di integratori nutraceutici aiuta a migliorare la salute dell’organismo e soprattutto contribuisce a prevenire l’insorgenza di particolari malattie.

“Proteggi la retina”: sezione educativa nell’app My Therapy

Novartis ha lanciato la campagna social “Proteggi la Retina”, una sezione dell’app My Therapy dedicata ai pazienti affetti da maculopatia umida (wAMD) e ai loro caregiver per aiutarli nel loro percorso di aderenza terapeutica.

L’aderenza al trattamento è fondamentale per ridurre il rischio di perdita della vista.

Sia i pazienti affetti da wAMD sia gli operatori sanitari possono accedere a contenuti educativi personalizzati e agli strumenti di gestione degli appuntamenti che supportano l’adesione al trattamento.

Il contenuto dell’app, che gode del patrocinio di IAPB Italia Onlus, fornisce ai pazienti e ai loro caregiver contenuti educativi, utili sia a migliorare la propria qualità di vita nonostante la malattia, che a sostenerli nel loro percorso terapeutico.

“L’obiettivo che ci siamo posti è quello di far comprendere ai paziente la natura cronica e degenerativa della wAMD, e il ruolo del fluido della retina nell’evoluzione della malattia.

Un miglior controllo di questo fluido nell’evoluzione della malattia e un trattamento continuativo nel tempo sono essenziali per preservare la capacità visiva e mantenere sotto controllo l’evoluzione della maculopatia”, dice Lorenzo De Santi, Medical Franchise Leader Ophthalmology di Novartis Italia.

La sezione “Proteggi la Retina” dell’app MyTherapy contiene risorse educative rivolte ai pazienti affetti da maculopatia senile umida, tra cui:

  • Incoraggiare i pazienti a fissare appuntamenti di follow-up con il proprio medico oculista e aiutarli nella preparazione degli appuntamenti.
  • Fornire un facile accesso a contenuti pratici su argomenti come l’impatto della maculopatia senile umida sull’indipendenza, la progressione della malattia e le domande da porre al proprio team di assistenza oculistica.
  • Dare forza a chi si prende cura di loro, offrendo contenuti focalizzati sul caregiver su argomenti quali la priorità della cura personale e la risoluzione dei conflitti con il paziente.
  • Permette agli operatori sanitari di seguire digitalmente i pazienti nelle terapie.

Maculopatia senile umida

La maculopatia senile umida è una patologia degenerativa che colpisce la porzione centrale della retina.

La wAMD colpisce circa 20-25 milioni di persone in tutto il mondo ed è la causa principale di grave perdita della vista e cecità nelle persone sopra i 65 anni.

I primi sintomi di wAMD sono visione distorta e difficoltà a vedere gli oggetti in maniera definita.

Con i progredire della malattia, i danni alle cellule aumentano, riducendo ulteriormente la qualità della vista.

Questo può determinare una completa perdita della visione centrale, rendendo il paziente incapace di leggere, guidare o riconoscere volti familiare e privandoli della loro indipendenza.

Una rapida diagnosi e un intervento tempestivo sono essenziali per iniziare un trattamento.

L’assenza di un trattamento, porta la vista a danneggiarsi rapidamente.

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