Tumore del pancreas: la dieta mediterranea ci protegge
Tumore del pancreas: per quanto concerne questo tipo di neoplasia, un fattore di protezione è la dieta mediterranea. Mangiar bene tiene lontano il cancro: è un fatto osservabile, secondo le statistiche. Quest’anno, nel Meridione d’Italia, è stato riscontrato il 25% in meno di diagnosi fra gli uomini, il 28% in meno tra le donne.
Differenze geografiche e abitudini alimentari hanno un’incidenza determinante sulla patologia. Perché a sud si formano meno i tumori del pancreas? Chiariamo quanto già affermato: è rilevante il consumo maggiore di frutta e verdura fresche. La dieta diffusa nel Meridione ha una funzione salutare.
Un dato interessante, posto che in generale, negli ultimi quindici anni, i casi di tumore del pancreas sono aumentati in Italia del 59%. Nel 2002 erano 8.602, nel 2017 sono pari a 13.700. I fattori di rischio? Fumo, obesità, età e sedentarietà. Il 20-30% delle diagnosi fra gli uomini e il 10% fra le donne è legato alle sigarette.
Tumore del pancreas: livello di consapevolezza dei cittadini
Fabrizio Nicolis, presidente della fondazione Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica), si è espresso in questo modo: “È fondamentale migliorare il livello di consapevolezza dei cittadini e delle Istituzioni su questa neoplasia e sull’importanza degli stili di vita sani. Nel mondo i nuovi casi sono più che raddoppiati in un decennio, passando da 144.859 nel 2008 a circa 365.000 nel 2017, e si stima che nel 2020 saranno 418mila. Ogni giorno a livello globale sono 1.000 le nuove diagnosi. Questi dati ci spingono a impegnarci di più sia sul fronte della prevenzione che della ricerca”.
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Secondo il professor Giampaolo Tortora, direttore di Oncologia medica dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, “A oggi non vi sono metodi per la diagnosi precoce di questa neoplasia molto aggressiva. Solo il 7% dei casi infatti è individuato in stadio iniziale, oltre la metà quando la malattia è già in fase metastatica. Spesso sintomi come dolore allo stomaco, gastrite e cattiva digestione vengono confusi con quelli di altre patologie. Il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è pari all’8%, superiore rispetto alla media europea (6,9%) e a quella dei Paesi dell’Europa centrale (7,3%) e settentrionale (4,8%), ma decisamente inferiore rispetto ai risultati raggiunti in altre neoplasie frequenti come quelle al seno e alla prostata. Nuove armi permettono di ottenere un controllo significativamente prolungato della malattia metastatica, inoltre sono caratterizzate da un profilo di tossicità favorevole, per questo possono essere utilizzate anche nei pazienti anziani. In particolare nab-paclitaxel (paclitaxel legato all’albumina formulato in nanoparticelle) presenta un meccanismo di trasporto innovativo che sfrutta le nanotecnologie. La molecola, grazie all’albumina, una proteina già presente nell’organismo umano, riesce a superare la barriera stromale del cancro arrivando fino alla radice del tumore: rallenta la proliferazione della malattia e, a volte, può fermarne la crescita”.
Che fare per aumentare le diagnosi precoci, cambiando la storia di questo tipo di neoplasia? Gli specialisti devono collaborare tra loro.
Tumore del pancreas: quale centro scegliere
Così si è espresso il professor Massimo Falconi, direttore del Centro del pancreas dell’Irccs Ospedale San Raffaele e docente ordinario Università Vita-Salute di Milano: “Non è accettabile che alcuni pazienti siano operati in centri che svolgono uno o due interventi l’anno. Solo attraverso la giusta competenza si può curare questa patologia. La chirurgia pancreatica è estremamente complessa, infatti meno del 20% dei pazienti è candidabile a un intervento con intento curativo, con una sopravvivenza a 5 anni intorno al 20-30%. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che i rischi di gravi complicanze dopo un intervento sono più alti nei centri che eseguono raramente queste operazioni: ad esempio, uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha evidenziato che il tasso di mortalità dopo il più frequente intervento di chirurgia pancreatica (la duodenocefalopancreasectomia) è maggiore nei centri ‘a basso volume’ (mortalità = 16,3%) rispetto a quelli ‘ad alto volume’ (mortalità = 3,8%). In questo studio vengono definiti ad alto volume i centri che eseguono almeno 16 interventi di duodenocefalopancreasectomia all’anno. Anche in Italia è stata confermata la relazione tra esperienza dell’ospedale e rischio operatorio: un’analisi dei dati raccolti dal Ministero della Salute ha mostrato che nel nostro Paese, in un ospedale con poca esperienza in chirurgia pancreatica, il paziente ha un rischio di morire di 5 volte maggiore rispetto ai centri con più esperienza”.
Come è stata compiuta questa analisi? Gli ospedali italiani sono stati divisi in quattro classi, in base al volume di interventi realizzati. Ecco il risultato: la mortalità operatoria si è ridotta in modo progressivo all’aumentare dell’esperienza della struttura. La mortalità operatoria è pari al 12,4% negli ospedali che eseguono 1-5 interventi/anno, al 7,8% in quelli che ne svolgono 6-13, al 5,9% in quelli che ne eseguono 14-51, e solo al 2,6% nei due centri con maggiore esperienza (Ospedale San Raffaele di Milano e Policlinico G.B. Rossi di Verona). Per ciascuno di questi due centri, si attuano più di 350 resezioni pancreatiche all’anno. Il 75% degli ospedali italiani che realizzano questo intervento, inoltre, fa parte della categoria “a basso volume”, con minore esperienza. I centri che in Italia eseguono più di 13 interventi l’anno sono meno di venti.
Tumore del pancreas: strutture di riferimento certificate
Aggiunge il professor Falconi: “Così come è stato fatto con le Breast Unit, anche per il tumore del pancreas dovrebbero essere individuate strutture di riferimento certificate sulla base di chiari parametri (quantità, qualità e valutazione puntuale dei risultati clinici) e non per autoreferenzialità. Va poi sottolineato che la decisone di procedere all’intervento chirurgico non può essere affidata al solo chirurgo ma deve essere condivisa dall’intero team multidisciplinare che normalmente ruota attorno ai bisogni del malato (radiologo, endoscopista-gastroenterologo, patologo, oncologo/radioterapista). Non raramente una chirurgia poco utile o percorribile alla diagnosi può avere maggiori percentuali di successo se eseguita dopo una chemioterapia cosiddetta neoadiuvante (che precede cioè la chirurgia)”.
Tumore del pancreas: accendiamo i riflettori
Rita Vetere, vice presidente di Salute donna Onlus, ha dichiarato: “Purtroppo per questa patologia è difficile una diagnosi in fase iniziale, in quanto la sintomatologia si manifesta tardivamente. L’incidenza è pressoché identica nei due sessi ed inoltre non sono stati individuati fattori predisponenti certi. I pazienti hanno bisogno di cure efficaci che diventano disponibili solo incentivando la ricerca medico-scientifica. Attualmente il carcinoma pancreatico riceve meno del 2% di tutti i finanziamenti per lo studio del cancro in Europa. Per migliorare i bassi tassi di sopravvivenza serve una vera e propria chiamata alle armi che vada dalla ricerca alla prevenzione, intesa come attenzione agli stili di vita, fino alle terapie, in stretta collaborazione con le Istituzioni, le altre Associazioni e i clinici”.
Il dottor Federico Pantellini, direttore di Medical affairs Oncology di Celgene, ha affermato: “Di fronte a un’incidenza di questa neoplasia, che sta crescendo fortemente in Italia, è nostro dovere sviluppare farmaci sempre più innovativi ed efficaci in grado di combattere anche le malattie più gravi per offrire una speranza ai pazienti. Il “Celgene research award” è una borsa di studio destinata a programmi di ricerca di base, relativi ai meccanismi che portano allo sviluppo della malattia.
Tumore del pancreas: attenzione all’alimentazione
Ha supportato anche il progetto Cooking, comfort, care, promosso da Aiom. L’obiettivo è fornire consigli nutrizionali alle persone colpite da tumore del pancreas, con indicazioni per una sana e corretta alimentazione “a misura di paziente”. E’ stata creata una web app dedicata alla patologia, realizzata in collaborazione con Aiom sul Corriere della Sera, in 8 lingue: è consultabile da molti device.