Anziani e abbandoni estivi: tutti i dettagli sull’invecchiamento
Anziani: sono in una condizione delicata. Ma c’è di più, se rivolgiamo lo sguardo alla popolazione nel suo insieme. L’invecchiamento è una bomba demografica pronta a deflagrare. Tra le problematiche più scottanti, spiccano disabilità e domanda di assistenza.
Anziani e disabilità: le statistiche
Sulla base delle proiezioni Istat per Italia longeva, nel 2030 le disabilità interesseranno 5 milioni di anziani; nel 2050 ci saranno 63 anziani da sostenere ogni 100 lavoratori, mentre oggi ce ne sono 35.
La popolazione italiana è stata in continua crescita negli ultimi cento anni. Oggi diminuisce, e al contempo invecchia, più velocemente che mai. Nel 2050, saremo due milioni e mezzo in meno. E’ come se una città come Roma sparisse dalla Penisola. Le persone che hanno superato i 65 anni, oggi un quarto della popolazione, diventeranno più di un terzo. Parliamo di 20 milioni di persone, di cui oltre 4 milioni avranno più di 85 anni. La metafora è adatta: si parla, come detto, di “bomba dell’invecchiamento”. Un ordigno pronto a esplodere già dal 2030, se non adeguatamente gestito. Se ciò accadrà, si innescherà tra l’altro un circolo vizioso. A causa dell’aumento della vita media, si determinerà l’incremento di condizioni patologiche, che richiedono cure a lungo termine e un’impennata del numero di persone non autosufficienti, esposte al rischio di solitudine e di emarginazione sociale. Ne deriverà, inesorabile, la crescita della spesa per la cura e per l’assistenza a lungo termine degli anziani, ma anche quella previdenziale. Diminuirà invece la forza produttiva del Paese e non ci saranno abbastanza giovani, che si prendano cura degli anziani stessi. Se oggi tre lavoratori hanno l’onere di un anziano, domani saranno solo in due a sostenerlo. Ma si deve davvero parlare di onere? E il valore della memoria?
Rischio influenza, vaccino per gli operatori sanitari
Di fronte al rischio legato all’influenza, sarebbe un’idea valida vaccinare anche gli operatori sanitari. Lo afferma,…Anziani: la parola agli esperti
Rischio influenza, vaccino per gli operatori sanitari
Il presidente dell’Istat, professor Giorgio Alleva, si è espresso in questo modo: “I dati presentati si riferiscono a semplici proiezioni della situazione attuale e pur non trascurando un rilevante margine di incertezza, non vi è dubbio che il quadro prospettico sollevi una questione di sostenibilità strutturale per l’intero Paese”.
Anziani: il quadro epidemiologico
Che cosa accadrà nei prossimi dieci anni? Otto milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave: ipertensione, diabete, demenza, malattie cardiovascolari e respiratorie. Secondo il professor Roberto Bernabei, presidente di Italia longeva, “Curarli tutti in ospedale equivarrebbe a trasformare Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna e Firenze in grandi reparti a cielo aperto. È evidente, quindi, che le cure sul territorio non rappresentano più un’opzione, ma un obbligo per dare una risposta efficace alla fragilità e alla non autosufficienza dei nostri anziani, che si accompagnerà anche a una crescente solitudine. Le stime Istat per Italia longeva ci dicono che, nel 2030, potrebbero arrivare a 4 milioni e mezzo gli ultra sessantacinquenni che vivranno da soli, e di questi, 1 milione e 200mila avrà più di 85 anni”.
Anziani: assistenza, cura e sostenibilità
Bisogna potenziare l’assistenza domiciliare e la residenzialità fondata sulla rete territoriale di presidi sociosanitari e socio-assistenziali.
Si conferma in crescita (+0,2% rispetto al 2016) il trend dell’offerta di cure domiciliari agli anziani, ma esse restano ancora un privilegio per pochi: ne gode solo 3,2% degli over65 residenti in Italia.
Si riscontrano forti disomogeneità a livello regionale.
Un’azione coerente in quest’ambito non è più procrastinabile, anche in funzione di equilibri sociali destinati a scomparire, con la progressiva riduzione di persone giovani nell’ambito dei nuclei familiari.
Gli anziani e le famiglie
Continua Bernabei: “Le famiglie, pilastro del nostro welfare, saranno sempre meno numerose, pertanto i servizi sociosanitari, che già oggi coprono solo un quarto del fabbisogno, dovranno essere integrati sempre più dal supporto di badanti, da nuove forme di mutualità e, probabilmente, da un ritorno allo spirito di comunità. C’è poi la disabilità, che nel 2030 interesserà 5 milioni di anziani, e diventerà la vera emergenza del futuro e il principale problema di sostenibilità economica nel nostro Paese. Essere disabile vuol dire avere bisogno di cure a lungo termine che, solo nel 2016, hanno assorbito 15 miliardi di euro, dei quali ben tre miliardi e mezzo pagati di tasca propria dalle famiglie”.
Anziani: sono necessarie risposte
Anche il legislatore deve dare risposte, di fronte a questo nuovo quadro. Bisogna rimodulare i diritti delle famiglie con persone disabili.
Queste le parole del professor Tito Boeri, presidente dell’Inps: “Nei prossimi 50 anni, le generazioni maggiormente a rischio di non autosufficienza passeranno da un quinto a un terzo della popolazione italiana. Non è pensabile rispondere a una domanda crescente di assistenza di lungo periodo basandosi pressoché interamente sul contributo delle famiglie. Ci vogliono politiche di riconciliazione fra lavoro e responsabilità famigliari che modulino gli aiuti in base allo stato di bisogno, ad esempio sembra opportuno rimodulare i permessi della L. 104/92 in base al bisogno effettivo di assistenza.”
Anziani e disuguaglianze
Che cosa avviene nella nostra Penisola?
Al Nord, un over65 ha il triplo delle possibilità di essere ospitato in una residenza sanitaria assistenziale rispetto a un cittadino del Sud. Nel settentrione è disponibile circa il quintuplo di assistenza domiciliare, in termini di ore e di servizi. Commenta ancora Bernabei: “Fatalmente questa disparità riguarda anche il trend di crescita dell’aspettativa di vita libera da disabilità, che è quasi appannaggio esclusivo degli anziani del Settentrione”. I dati poco incoraggianti, relativi alla disponibilità di posti letto nelle strutture sociosanitarie pubbliche e private e al numero di ore dedicate alle cure domiciliari, mostrano un’offerta disomogenea nelle varie regioni, con un divario che va oltre le disuguaglianze Nord-Sud.
Anziani e cure a lungo termine
Così conclude il professor Bernabei: “Dobbiamo evitare che l’Italia diventi un enorme ma disorganizzato ospizio, nel quale resteranno pochi giovani costretti a lavorare a più non posso per sostenere milioni di anziani soli e disabili. E a questo scopo prevenire le malattie non basterà. Visto il numero di over85, bisognerà far fronte alla inevitabile perdita di autonomia, investendo in reti assistenziali, competenze e tecnologia — la famosa tecnoassistenza che propugniamo da anni — in altre parole, scommettere su una Long-term care matura e moderna, che si rivelerà il vero banco di prova per il futuro del Paese. Se perdiamo questa partita, i numeri, che grazie all’Istat già conosciamo, ci schiacceranno. E sarà vana qualsiasi altra riforma della sanità, del lavoro o della previdenza sociale”.
Anziani: l’Italia è il Paese più vecchio d’Europa
L’Italia è il Paese più vecchio d’Europa e vive le conseguenze della pressione demografica.
Aumenta il carico di cronicità, disabilità e non autosufficienza. E il sistema? Non è all’avanguardia nell’organizzazione di una rete capillare e sostenibile di servizi sul territorio, a partire dalle cure domiciliari. Il Bel Paese è il fanalino di coda in Europa per quanto riguarda la Long-term care, alla quale è destinato poco più del 10% della spesa sanitaria, a fronte di percentuali che superano il 25% nei Paesi del Nord Europa, per un totale di circa 15 miliardi di euro. Di questi, soltanto 2,3 miliardi (l’1,3% della spesa sanitaria totale) sono destinati all’erogazione di cure domiciliari. Il contributo a carico delle famiglie è pari a circa 76 milioni di euro.
I dati si evincono dalla seconda Indagine sull’Assistenza domiciliare in Italia (Adi). E’ possibile focalizzare chi la svolge, come si svolge e le buone pratiche. Italia longeva ha realizzato lo studio. Si è in tal modo aperta una finestra sulla Long-term care in Europa. Si completa di conseguenza la panoramica sullo stato dell’arte dell’Adi nelle diverse regioni, avviata nel 2017, includendo ulteriori 23 Aziende sanitarie, che si sommano alle 12 esaminate lo scorso anno, per un totale di 35 Asl distribuite in 18 Regioni. I servizi territoriali sono offerti a circa 22 milioni di persone, ossia oltre un terzo della popolazione italiana.
I dati variano fortemente a seconda delle aree del Paese, se non all’interno della stessa Regione, per quanto riguarda l’accesso al servizio, le prestazioni erogate rispetto quelle inserite nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), le ore dedicate a ciascun assistito, la natura pubblica o privata degli operatori e il costo pro capite dei servizi. In media, le Asl coinvolte nell’indagine garantiscono ai loro anziani l’87% delle 31 prestazioni a più alta valenza clinico-assistenziale previste nei Lea, arrivando, in alcuni casi, ad offrire fino al 100% dei servizi, come avviene a Catania, Chieti e Salerno. Il numero dei accessi in un anno fa riscontrare un’evidente disomogeneità: si va da un minimo di 8 ad un massimo di 77 della Asp di Potenza. Le ore di assistenza dedicate al singolo anziano oscillano da un minimo di 9 ad un massimo di 75 nella ASL Roma 4. Si tratta, in ogni caso, di interventi principalmente a carattere infermieristico e, a seguire, fisioterapico e medico. Costi differenti per la singola presa in carico corrispondono all’ampia variabilità in termini di assistiti e attività erogate: da 543 euro della Ats Montagna a oltre 1000 euro della Asp Potenza. Non sempre ad un maggior carico assistenziale corrisponde una spesa più elevata.
Roberto Bernabei ha dichiarato: “Questa fotografia conferma il dato di fondo rilevato lo scorso anno: mentre la cronicità dilaga e la disabilità diventerà la vera emergenza del futuro — tra dieci anni interesserà 5 milioni di anziani — l’Adi continua ad avere un ruolo marginale e ad essere fortemente sottodimensionata rispetto ai bisogni dei cittadini. Con il risultato che gli anziani continuano ad affollare i Pronto Soccorso, mentre i familiari sono alla disperata ricerca di badanti cui affidare i propri cari dimessi dall’ospedale, sempre che possano permetterselo. Non serve ‘puntare il dito’ sulla eterogeneità dell’offerta delle cure domiciliari da Nord a Sud del Paese, che, di per sé, potrebbe rappresentare anche un valore, perché strettamente legata alla specificità dei luoghi e dei bisogni espressi dalla popolazione anziana. Abbiamo, piuttosto, il compito e la responsabilità di individuare delle strategie per rafforzare e modernizzare le cure domiciliari, investendo in tecnologia, la famosa tecnoassistenza che sosteniamo da anni, che consentirebbe un maggior accesso alle cure domiciliari, anche in territori geograficamente ‘difficili’ del nostro variegato Paese”.
Anziani e abbandoni estivi
Si evidenzia un incremento medio del 6% nella richiesta di servizi assistenziali per gli anziani soli in città.
Sulla base degli ultimi dati Istat, pubblicati a maggio 2018, l’Italia è come detto un paese vecchio. E’ meglio fuggire, per mancanza di prospettive. Per chi resta, invece, l’alternativa è fare perno sulla famiglia e sugli amici. La popolazione totale diminuisce per il terzo anno consecutivo di quasi centomila unità rispetto all’anno precedente: al primo gennaio 2018 si stima una popolazione di 60,5 milioni, con 5,6 milioni di stranieri (8,4%) e 168,7 anziani ogni 100 giovani. Per il nono anno consecutivo continuano a calare le nascite: nel 2017 ne sono state stimate 464mila, il 2% in meno rispetto all’anno precedente e nuovo minimo storico. Dal 2012, anche il contributo in termini di nascite della popolazione straniera residente è in calo. In generale, si diventa genitori sempre più tardi: infatti l’età media alla nascita del primo figlio è di 31 anni nel 2016, in continuo aumento dal 1980, quando era di 26.
Si riscontra una conferma: l’Italia è il secondo Paese più vecchio al mondo dopo il Giappone. La popolazione diminuisce, calano le nascite, aumentano gli stranieri e sempre più italiani raggiungono l’estero. L’ascensore sociale, ovvero Il processo che consente e agevola il cambiamento di stato sociale e l’integrazione tra i diversi strati che formano la società, è sostanzialmente bloccato da tempo, secondo l’Istat. La dote familiare, in termini di beni economici, ma anche di titoli di studio e attività dei genitori è “determinante” per avere successo nello studio e nel lavoro. Soltanto il 18,5% di chi parte dal basso si laurea e il 14,8% ha un lavoro qualificato. Parenti e amici sono decisivi anche nel trovare un impiego: lavora grazie a questo “canale informale” il 47,3% (50,6 al Sud) contro il 52,7% che l’ha ottenuto per mezzo di annunci, datori di lavoro, agenzie e concorsi.
Sulla base del rapporto, inoltre, le reti sono vitali. In Italia amicizie e persone vicine sono ancora un valore e un elemento fortemente caratterizzante del nostro Paese. Quasi il 60% della popolazione dichiara di poter contare su una rete di amici e di sostegno. Il 43,2% di chi può contare sull’aiuto di parenti, amici e vicini esprime un giudizio positivo per la propria vita, il 42,9% di chi frequenta amici si dichiara molto soddisfatto, così come la metà delle persone attive in associazioni o gruppi di volontariato.
Peraltro, più l’età aumenta e più le persone dichiarano di non poter contare su una rete articolata (altri parenti, amici e vicini). Al crescere dell’età prevalgono le reti “esclusive”, in particolare quelle costituite solo da parenti o da vicini. La carenza di relazioni diventa isolamento. Ciò avviene soprattutto per gli anziani che vivono soli, i quali trascorrono più di 10 ore al giorno senza alcuna compagnia. D’estate il problema è anche più grave. I mesi estivi sono notoriamente i più difficili per gli anziani che, oltre a correre maggiori rischi per la salute legati a disidratazione, stress da calore, ipertensione e cardiopatie, soffrono per la situazione di solitudine che si crea nei centri urbani.
Iniziative a supporto degli anziani
Così si è espresso Francesco Lorenti, Ceo e founder di Assistenza Doc, rete che conta 36 centri di assistenza in tutta Italia rivolti all’assistenza degli anziani, dei malati e dei disabili: “Sono certamente in aumento le iniziative a supporto degli anziani nei mesi estivi, come il numero verde del comune di Milano, che amplia il raggio d’azione anche alle strutture ricreative e agli spazi aggregativi dedicati agli anziani. Tutto ciò però non è sufficiente a contrastare la piaga dell’abbandono. Gli ospedali vengono spesso ‘scambiati’ per ospizi dai familiari, che desiderano andare in vacanza, ma non vogliono accollarsi la spesa di un alloggio per i nonni o i genitori. Complice la diminuzione dei medici di base in servizio, nel periodo estivo si assiste a un ingolfamento dei nosocomi che va a incidere in maniera negativa sulle strutture ospedaliere, sottraendo posti preziosi a quanti necessitano realmente di un ricovero, con un aggravio della spesa sanitaria a carico dei contribuenti”.
Due milioni gli anziani, nel Bel Paese, hanno bisogno di una badante, per una spesa media annua di 14mila euro in Lombardia, fino ai circa 9.000 del Piemonte. Ma la situazione varia dal Nord al Sud della penisola, così come i dati sugli abbandoni estivi. A sottolinearlo è un’indagine redatta dall’Osservatorio ’Anziani e qualità della vita’ di Assistenza Doc. Ecco quanto si evince dall’analisi dell’osservatorio: al Nord nel 32% dei casi la richiesta di assistenza aumenta durante il periodo estivo, così come per le festività natalizie, al Centro rimane costante tutto l’anno, con un leggero aumento nel periodo estivo, mentre al Sud l’incremento è di circa il 14%. Lorenti osserva che “Al Nord anche le badanti vanno in ferie — spesso tornano al proprio Paese — e chi ne ha una in famiglia ha bisogno della sostituzione. A questo si somma la maggior predisposizione di chi vive al Nord a spostarsi verso il Sud Italia per i mesi estivi, o a tornare giù se si è emigrati. Al Sud in genere si fanno meno vacanze rispetto al resto d’Italia e nella maggior parte dei casi chi parte delega a un altro familiare la gestione dell’anziano per quel brevissimo periodo. Rispetto all’estate precedente abbiamo registrato un aumento delle richieste di servizi assistenziali di circa il 6%. Durante tutti i mesi estivi poi riceviamo numerose chiamate da parte di over 70 che ci chiedono aiuto, magari perché sono rimasti soli e non riescono a far fronte alla gestione quotidiana dovuta all’assenza dei propri familiari. Non è raro purtroppo, una volta recati sul posto per una semplice richiesta di aiuto nell’igiene personale, trovare anziani in grave difficoltà motorie e in ambienti molto afosi. Spesso inoltre mancano le cose indispensabili, come l’acqua potabile o la scorta di medicine, che sono, in alcuni casi dei veri e proprio salva vita”.
La società è un mosaico di bambini, adulti, anziani. In questo mosaico il numero di persone avanti negli anni cresce e il loro colore grigio perla, nei tasselli, diventa via via dominante. Ben lungi dal sentirsi assediati, bambini e adulti dovrebbero trarre vantaggio dalla presenza di questi numerosi numi tutelari.