Contraccezione femminile: tante le opzioni sconosciute
Contraccezione: per saperne di più. Siamo certi di conoscere e applicare tutte le opzioni disponibili? «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». In sostanza, bisogna cambiare tutto per non cambiare nulla. Sono le parole di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, nel suo testo “Il Gattopardo”. E’ vero anche nell’ambito proprio della sessualità e delle conoscenze in ambito contraccettivo. Rispetto al passato, sono poche le cose che sono cambiate. In quest’ambito, persistono delle lacune, nonostante le informazioni reperite con facilità in internet.
Contraccezione e gravidanze
In tutto il mondo, le gravidanze sono 208 milioni ogni anno, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Le gravidanze non programmate sono una percentuale pari al 41%. Nell’ambito di tali casi, l’11% riguarda donne tra i 15 e i 19 anni d’età, per un totale di circa 16 milioni di gravidanze adolescenziali ogni anno.
Uno studio conferma questo scenario: è stato condotto dall’istituto di ricerche GfK Health e promosso da Bayer. Tremila adolescenti sono stati interpellati in merito al loro approccio alla sessualità e alla contraccezione. Il 25,1% degli intervistati non utilizza alcun contraccettivo: ritiene, infatti, che l’eventualità di una gravidanza sia improbabile.
Rimedi dolci contro lo stress da rientro
Per molti italiani il ritorno dalle ferie rappresenta un vero e proprio incubo: si associa, infatti,…Contraccezione: funzionamento del proprio corpo
Rimedi dolci contro lo stress da rientro
Debora Segalina, responsabile marketing di prodotto nell’area Women’s healthcare di Bayer, si è espressa in questo modo: “Diffondere consapevolezza e una corretta informazione è fondamentale per rendere l’individuo esperto circa il funzionamento del proprio corpo. E’ importante dare l’opportunità a uomini e donne di vivere la propria sessualità in sicurezza, in piena libertà, con responsabilità e serenità”.
Contraccezione: l’ultima analisi Istat
E’ stata pubblicata nel 2015 l’ultima analisi Istat: riporta che ormai la maggioranza della popolazione adulta (circa il 60%) utilizza metodi per pianificare o evitare una gravidanza.
Metodi per pianificare o evitare una gravidanza
Tra i contraccettivi inclusi nell’analisi, si considera anche il cosiddetto coito interrotto, al terzo posto per popolarità dopo l’uso del preservativo e quello della pillola.
Il recente sondaggio di Bayer è stato realizzato tra novembre 2016 e gennaio 2017. Progressi notevoli sono stati compiuti nel mondo della contraccezione femminile rispetto agli ultimi decenni. Sulla nostra Penisola, la pillola rimane il contraccettivo più conosciuto tra le ragazze di età compresa fra i 20 e i 29 anni.
La ricerca internazionale Bayer è stata condotta in 9 Paesi europei, tra i quali l’Italia, su un totale di 9.000 donne tra i 21 e i 65 anni.
Le donne tra i 21 e i 29 anni, indicate come millennial, dichiarano di sapere poco riguardo al funzionamento dei contraccettivi ad azione prolungata (Lac). Tra coloro che utilizzano o non utilizzano Lac, il 70% circa afferma di non averne compreso il funzionamento, mentre il 50% delle baby boomer (50-65 anni) sa bene come funziona la spirale al rame.
Contraccezione: conoscenze di oggi
Oggi abbiamo conoscenze migliori riguardo al funzionamento della pillola, tanto che solo una piccola percentuale, pari all’8% delle millennial, dichiara di non essere a conoscenza delle sue modalità di azione.
Contraccezione: quali mezzi?
Sulla base dello studio condotto, più della metà degli intervistati (57,1%) ha ammesso di aver avuto rapporti non protetti.
Quali sono le ragioni? Molti hanno volutamente scelto di non utilizzare protezioni e affidarsi alla fortuna, mentre oltre il 40% non aveva alcun metodo di contraccezione disponibile al momento.
Ecco un dato del Ministero della Salute: aumenta rapidamente la contraccezione di emergenza, che risulta decuplicata nell’ultimo anno. Ecco il segno di una lacuna informativa tra le alternative di contraccezione.
Contraccezione: prevenzione ieri e oggi
Si rileva che quando si tratta di scegliere un metodo contraccettivo, poco è cambiato da una generazione all’altra.
Appare chiaro che le millenial affrontano la prevenzione in ambito sessuale in modo molto simile alle loro madri, le baby boomer.
Una scelta consapevole non era a portata di mano, a causa della scarsità delle informazioni, per il 51% delle baby boomer: lo stesso problema viene riferito dal 35% delle millennial. Queste ultime, però, hanno rispetto al passato un più facile accesso alle informazioni.
Contraccezione: le paure delle donne
Nel cambio di generazione, dalle madri alle figlie, le principali paure delle donne non sono cambiate.
Sono il 41% le millennial che indicano la paura di esposizione ad ormoni sintetici come prima barriera all’utilizzo della pillola. Per il 26%, è un problema il timore della dimenticanza di assunzione quotidiana; per le baby boomers, si registra un dato simile.
Di madre in figlia, il quadro sostanzialmente non cambia: il 24% delle millennial ha riferito che a influenzare maggiormente la scelta del primo metodo contraccettivo è soprattutto il dialogo poco proficuo con gli operatori sanitari. Essi non presenterebbero in maniera esaustiva tutte le opzioni disponibili, alimentando la percezione di non possedere tutte le informazioni necessarie per una decisione consapevole. Ogni donna cerca di optare per la soluzione più adatta alle proprie esigenze.
Quali sono le altre ragioni esplicitate dalle millennial? Non aver mai discusso con il proprio medico le possibili opzioni contraccettive (17%), subire le convinzioni dei medici riguardo ai contraccettivi da utilizzare (17%), non aver trovato sufficienti fonti di informazioni sul tema (15%).
Intimità del rapporto di coppia: chi decide
Chi decide nell’intimità? Ci si può chiedere se sia più influente il partner o la madre.
Nella scelta del contraccettivo, a prescindere dall’età, la madre è più influente rispetto al partner. Il dialogo intra-generazionale, peraltro, è importante, anche se dovrebbe essere più rilevante il ruolo degli operatori sanitari.
Queste le parole della dottoressa Rossella Nappi, professore associato della sezione di Clinica ostetrica e ginecologica, dipartimento di Scienze cliniche, chirurgiche, diagnostiche e pediatriche dell’Università degli studi di Pavia: “Le millennial sono fortunate perché hanno molte più possibilità di scelta rispetto alla generazione delle loro mamme. Senza tralasciare i numerosi contraccettivi ad azione prolungata, ovvero metodi per i quali non è necessario ricordarsene l’assunzione. Gli operatori sanitari hanno un’enorme responsabilità: devono garantire una condivisione attiva delle informazioni sulle varie opzioni disponibili e aiutare le donne a identificare quella più adeguata al loro stile di vita”.
Contraccezione: a chi rivolgersi?
L’ignoranza regna ancora sovrana, in merito all’ampia gamma di metodi contraccettivi e alle informazioni corrette per sceglierli.
Secondo la Dottoressa Rossella Nappi, “Le millennial sono dinamiche e ambiziose. Hanno il pieno controllo della propria vita e amano mettersi alla prova. Ma quando si parla di contraccezione si affidano completamente al proprio medico di base e fanno ancora fatica ad avere le informazioni corrette per un vero dialogo contraccettivo. E’ importante dunque per noi medici impegnarci nel promuovere un confronto positivo con le pazienti per una scelta contraccettiva consapevole”.
Metodo contraccettivo: una scelta soggettiva
Così si è espressa Debora Segalina: “La scelta del miglior metodo contraccettivo è sicuramente soggettiva e può variare in base a diversi elementi come l’efficacia contraccettiva, la protezione contro malattie sessualmente trasmissibili, la praticità dell’utilizzo, lo stato di salute generale, il tipo di partner, se occasionale o fisso. Ma per valutare tutti i pro e i contro alla base è necessario che tutti gli attori coinvolti promuovano una corretta informazione, soprattutto per un tema che coinvolge così tante donne, e in un periodo attuale dove l’accesso ad internet è disponibile a tutti e le fake news sono sempre più protagoniste, per non rischiare che le donne possano prendere una scelta che può condizionare la propria vita e la propria salute, senza un reale confronto o dialogo, e senza avere a disposizione tutte le conoscenze adeguate e corrette”.
Contraccezione: diminuiscono gli aborti
Aborti in diminuzione. Si tratta di una pratica invasiva che a quanto pare si preferisce evitare, mentre è dieci volte tanto la vendita di pillole del giorno dopo. Registriamo un ritardo di dieci mesi, da parte del Ministero della salute, per quanto concerne la presentazione della relazione 2016 relativa alle ”Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”: si tratta di attuare la legge 194 del 78. La relazione doveva essere presentata nel mese di febbraio: lo si legge nella stessa legge, all’articolo 16.
Interruzione volontaria della gravidanza: i numeri
Ecco i numeri dell’interruzione volontaria di gravidanza: parliamo di 84.926 casi, con una riduzione del 3,1% rispetto al 2015. Siamo al di sotto delle 100.000 interruzioni volontarie di gravidanza l’anno, per il terzo anno consecutivo.
Ecco quanto hanno dichiarato Mirella Parachini, Filomena Gallo e Anna Pompili, rispettivamente per Associazione Luca Coscioni e per Associazione medici italiani contraccezione e aborto (Amica):
“E’ interessante notare come la relazione attribuisca ‘almeno in parte’, questo fenomeno alla eliminazione dell’obbligo di prescrizione medica per la contraccezione di emergenza ormonale (pillola del giorno dopo e pillola dei cinque giorni dopo). I dati Aifa riportati dalla relazione mostrano un incremento significativo delle vendite di Upa, più che decuplicate dal 2014 al 2016. (L’ulipristal acetato, Upa, è un farmaco utilizzabile come metodo di contraccezione d’emergenza durante le 120 ore – 5 giorni – successive ad un rapporto sessuale, ndr). Se realmente così fosse, la Ministra dovrebbe trarre le ovvie conseguenze, eliminando l’obbligo di prescrizione per le ragazze minorenni, e permettendone la distribuzione gratuita nei consultori e nei poliambulatori“.
Mirella Parachini, Filomena Gallo e Anna Pompili, prestano attenzione ai temi emersi:
- Abortività clandestina: sono ormai obsoleti i modelli matematici utilizzati per la stima, che non tengono in conto che l’aborto al di fuori della legge ha cambiato volto da quando si utilizzano farmaci sicuri e facilmente reperibili. Oggi parliamo di pratiche relativamente sicure, che raramente danno complicazioni che richiedono il ricorso alla struttura ospedaliera; ciò non toglie che esse costituiscano tuttavia una sfida e, al momento, una sconfitta per la sanità pubblica. In alcune regioni, come si afferma, un maggior numero di ginecologi obiettori di coscienza si associa ad una diminuzione dei tempi di attesa: ci si dovrebbe chiedere se questo dato non sia possibile da correlare al ricorso a metodiche fai da te in ambienti nei quali l’accesso alla procedura è ostacolato dall’elevato numero di obiettori di coscienza.
- Metodica farmacologica: si rileva una stabilità nella percentuale di interruzioni volontarie di gravidanza farmacologiche rispetto al totale delle interruzioni volontarie di gravidanza (15,7% nel 2016; 15,2% nel 2015). I dati confermano (“sembrano confermare”, afferma la ministra) la sicurezza della metodica, analogamente a quanto rilevato dall’esperienza ormai più che trentennale degli altri paesi: con la differenza, però, che negli altri paesi la procedura viene eseguita a casa o in regime ambulatoriale, mentre in Italia si impone il ricovero ordinario, con un inutile e irresponsabile spreco di risorse preziose per il Sistema sanitario nazionale. Anche qui, dunque, la relazione dovrebbe portare la ministra (non solo lei, anche gli assessorati alla salute delle regioni) a trarre le ovvie conclusioni. L’accesso alla metodica farmacologica dovrebbe essere reso possibile anche in regime ambulatoriale per le gravidanze fino a 7 settimane. Bisognerebbe allargare il limite per il farmacologico a 9 settimane, come negli altri paesi europei, in accordo con la correttezza della procedura del mutuo riconoscimento, che è stata disattesa nel nostro paese.
- Obiezione di coscienza: si conferma che una grande percentuale di strutture non effettuano interruzioni volontarie di gravidanza, in aperta violazione dell’articolo 9 della legge 194: soltanto il 59,4% delle strutture con reparto di ostetricia, infatti, le pratica. Per quanto attiene al numero degli obiettori di coscienza, permangono le perplessità sulla rilevazione delle percentuali di obiettori e sul carico di lavoro che spetta loro. Forse tali incongruenze potrebbero essere superate o meglio affrontate se venissero invitati a partecipare ai “tavoli tecnici” convocati dal ministero i “tecnici”, ossia gli operatori, che ben conoscono le criticità di questo lavoro.
- Consultori: come sempre, con un banale “copia-incolla” dalle relazioni precedenti la ministra ci ricorda la centralità del ruolo del consultorio familiare e l’impegno del ministero nel rafforzamento della rete dei consultori. La relazione ci dice che i consultori sono 0,6 ogni 20.000 abitanti (il Progetto obiettivo materno infantile, Pomi, del 2000 ne prevedeva 1 ogni 20.000 abitanti), rilevando, però, che “molte sedi di consultorio familiare sono servizi per l’età evolutiva o dedicati agli screening dei tumori e pertanto non svolgono attività connessa al servizio di interruzione volontaria di gravidanza”. Dunque i consultori di fatto sono sempre meno, con equipe incomplete, mortificati e ridotti all’osso, impossibilitati a svolgere quel ruolo specifico definito dalla legge 405 del 75 e fondamentale per una reale azione di prevenzione del ricorso alla interruzione volontaria di gravidanza.