L’inquinamento da traffico nuoce ai polmoni. Non si tratta di un luogo comune, ma di un fatto osservabile. Lo smog sarebbe del resto la causa di una malattia rara, la fibrosi polmonare idiopatica (Ipf), secondo uno studio italiano pubblicato sull’European respiratory journal.
Che cosa avviene se il livello di esposizione cronica al biossido di azoto si alza di 10 microgrammi per metro cubo? L’incidenza di fibrosi polmonare idiopatica aumenta tra il 4,25% e l’8,41%. Risulta ancora più elevata dove i livelli del gas superano i 40 microgrammi per metro cubo. Per la prima volta, questa indagine determinata da cervelli del Bel Paese ha indagato la relazione tra inquinamento atmosferico e incidenza di tale patologia, che in Italia interessa 19.000 pazienti, soprattutto maschi, over 60, fumatori o ex fumatori.
Fibrosi polmonare idiopatica: che cos’è?
La fibrosi polmonare idiopatica conta circa 19.000 pazienti in Italia ed è la malattia respiratoria rara più frequente nel nostro Paese. È determinata dalla sostituzione del tessuto polmonare sano con tessuto cicatriziale, come se il polmone innescasse un alterato meccanismo riparativo a uno stimolo esterno: potrebbe essere, appunto, il caso dell’inquinamento. Colpisce prevalentemente gli uomini over 60, fumatori o ex fumatori. I suoi sintomi classici, tosse secca e mancanza di fiato sempre più marcata, sono spesso confusi con manifestazioni di bronchite cronica. Solo una diagnosi precoce permetterebbe di intervenire con le giuste terapie; purtroppo la mortalità per fibrosi polmonare idiopatica resta tutt’ora più alta di quella legata a molti tumori. I meccanismi che portano alla formazione di Ipf non sono ancora completamente conosciuti. Si ritiene, tuttavia, che siano coinvolti sia fattori genetici, sia fattori ambientali.
Polmoni: diagnosi e cura della Ipf
Al fine di diagnosticare la fibrosi polmonare idiopatica, oltre all’auscultazione che permette di individuarne un segnale tipico, il rantolo crepitante, occorrono: radiografia al torace, spirometria per valutare la capacità polmonare, una Tac ad alta risoluzione ed esami come la broncoscopia, che escludano altre possibili patologie. Oggi è anche disponibile la criobiopsia: procedura efficace e con minori complicanze condotta con una crio-pinza che, raffreddandosi a meno di 80 gradi sotto zero, permette di ottenere campioni di tessuto sufficientemente grandi e un’immediata cauterizzazione dell’area circostante. Per quanto concerne le terapie, i farmaci oggi disponibili (nintedanib e pirfenidone) sono utili a mantenere la funzionalità polmonare e a rallentare la progressione della malattia, ma non incidono sui sintomi già presenti prima di iniziare la cura. Nelle fasi avanzate può essere necessaria l’ossigenoterapia. Il trapianto di polmone rappresenta una concreta opzione terapeutica per i malati più gravi, ma la sua diffusione è frenata dal limite massimo di età (65 anni), dallo scarso numero di donatori e dai risultati di sopravvivenza dopo l’intervento ancora inferiori a quelli di altri organi.
Polmoni: ruolo dell’inquinamento da traffico in una malattia rara
E’ possibile che l’inquinamento da traffico abbia un ruolo attivo nello sviluppo patologia. L’inquinamento da traffico, corpo estraneo nel nostro habitat, riduce la qualità dell’aria che respiriamo. La ricerca in argomento è stata condotta da ricercatori del Centro studi Sanità pubblica dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Unità operativa di Pneumologia dell’Ospedale San Giuseppe di Milano, Gruppo Multimedica, in collaborazione con l’Università di Harvard.
Sono stati presi in considerazione oltre 2.000 nuovi casi di malattia registrati in Lombardia fra il 2005 e il 2010. Essi sono stati individuati attraverso database sanitari amministrativi. E’ stata valutata la relazione fra l’insorgenza di Ipf e l’esposizione cronica a particolato atmosferico PM10, biossido di azoto e ozono. E’ emersa un’associazione fra lo sviluppo della patologia e l’aumento nell’aria del biossido di azoto, il gas prodotto dagli scarichi dei motori. Lo stesso gruppo di ricercatori aveva mappato i casi di Ipf in Lombardia, secondo quanto pubblicato l’anno scorso su Plos one. Da questo primo studio epidemiologico il lavoro è proseguito, fino ad arrivare ai risultati che presentiamo in questa sede.
Fibrosi polmonare idiopatica e inquinamento da traffico: la parola agli esperti
Sergio Harari, direttore dell’Unità operativa di Pneumologia dell’Ospedale San Giuseppe di Milano e Giancarlo Cesana, direttore del Centro Studi Sanità Pubblica dell’Università di Milano-Bicocca, lo hanno dichiarato a chiare lettere: “Il nostro studio, per la prima volta, mostra che lo smog è associato all’insorgenza di fibrosi polmonare idiopatica”.
Secondo Harari, è stato osservato “come i soggetti esposti a una concentrazione più alta di biossido di azoto abbiano un rischio maggiore di sviluppare Ipf. Mentre per PM10 e ozono non sono emerse associazioni significative, i dati hanno evidenziato che se il livello di esposizione cronica al biossido di azoto si alza di 10 microgrammi per metro cubo, l’incidenza di fibrosi polmonare idiopatica aumenta tra il 4,25% e l’8,41% ed è ancora più elevata se i livelli di biossido di azoto superano i 40 microgrammi per metro cubo”.
Secondo Giancarlo Cesana, “Studi precedenti avevano evidenziato come l’incremento di biossido di azoto e ozono si associ a un peggioramento della malattia e come l’esposizione a PM10 si associ a un aumento della mortalità e della perdita di funzionalità respiratoria. Tuttavia la relazione tra esposizione cronica all’inquinamento atmosferico e incidenza di Ipf non era mai stata indagata prima. La Lombardia rappresenta un contesto molto interessante per studiare questa possibile associazione, poiché la conformazione della valle padana in generale, e di questa regione in particolare, favorisce il ristagno degli inquinanti atmosferici portando a un elevato livello di inquinamento con concentrazioni variabili da zona a zona”.
Ulteriori ricerche devono avallare quanto scoperto. Così concludono gli studiosi: “In sintesi, lo studio suggerisce che l’inquinamento da traffico potrebbe svolgere un ruolo nello sviluppo della fibrosi polmonare idiopatica. Le stime di questa associazione sono marginalmente significative e quindi necessitano di essere confermate tramite ulteriori studi.
Mentre la ricerca fa il suo corso, è comunque una buona idea ridurre l’inquinamento da traffico.