Polso: la regione stretta e flessibile dell’arto superiore che si trova tra la mano e l’avambraccio.
Nella traumatologia di tale regione, il gesso non è il più grande alleato. Una gestione sbagliata degli interventi traumatici, peraltro, può rendere necessario il trattamento delle complicanze.
Polso: il gesso e la ricostruzione anatomica affidabile
Il professor Giorgio Pajardi, direttore dell’Uo di Chirurgia e Riabilitazione della Mano dell’Ospedale San Giuseppe, Gruppo MultiMedica, Università di Milano, si è espresso in questo modo: «Nell’ultimo decennio si è capito che questi traumi vanno gestiti chirurgicamente e non col gesso. Perché soltanto l’intervento permette una ricostruzione anatomica affidabile. Se per gestire una frattura del radio si ricorre al gesso che lo fa guarire compattato, ovvero più corto del normale, l’esito sarà un polso dolorante che non funziona correttamente. In quel caso, la soluzione è ‘romperlo’ nuovamente e inserire una placca. Con una riparazione anatomica corretta, invece, il paziente potrà muovere di nuovo il polso in tempi brevissimi. La maggior parte delle fratture andrebbe, quindi, operata. È importante valutare anche lo stato dei legamenti. Quando la dinamica fa pensare che possano esserci delle lesioni associate, a fine intervento, una volta messa la placca, si deve procedere con una valutazione artroscopica, così da procedere di conseguenza».
Polso: chi sono gli esperti?
Sono in molti coloro che devono avere notizie sufficienti, nel gestire un trauma semplice o complesso del polso, impostando la fase di urgenza o scegliendo la soluzione più idonea a procedere: parliamo di ortopedico, fisiatra, medico dello sport e in generale ogni specialista che graviti intorno al mondo delle patologie della mano.
Queste le parole del dottor Andrea Ghezzi, responsabile del servizio di Traumatologia del polso e chirurgo della mano presso l’Ospedale San Giuseppe, Gruppo MultiMedica: «La patologia del polso, già complessa da diagnosticare, lo è ancora di più da gestire. Spesso, proprio per la complessità anatomica e meccanica a livello del carpo, i trattamenti conservativi lasciano sintomatologie persistenti che non portano alla guarigione».
Polso: no al gesso
Aggiunge il dottor Luciano Cara, vicepresidente e futuro presidente della Società italiana di Chirurgia della Mano (Sicm): «Gli eventi traumatici al polso sono appannaggio di una popolazione sia giovane che anziana e vengono trattati non chirurgicamente nei comuni centri di traumatologia. Con esiti negativi perché è ormai riconosciuto che queste fratture necessitano di un trattamento chirurgico di sintesi per ripristinare la normale anatomia e dare così un buon movimento. Tutto questo non accade, perché i chirurghi delle ortopedie danno maggiore importanza a patologie più complesse e trattando queste condizioni in maniera errata, le ingessano. Volendo fare qualche esempio di complicanze, possiamo citare la mal-union (unione scorretta), la sofferenza dei nervi periferici, mediano e ulnare, o la pseudoartrosi della frattura che non consolida adeguatamente. Poi, abbiamo la cattiva sintesi, le deformità e la riduzione del movimento e della forza di presa. Noi come Sicm stiamo cercando proprio di dare maggior importanza e riconoscimento nazionale ai centri di Chirurgia della Mano».
Polso: il percorso virtuoso
Bisogna agire in maniera corretta lo scafoide del polso. Ghezzi ha inoltre dichiarato: «Lo scafoide per come è fatto se non viene trattato in maniera corretta lascia esiti importanti nel senso che progressivamente l’osso, non guarendo, degenera e crea condizioni complesse da gestire, da un punto di vista chirurgico e soprattutto prognostico. Una corretta diagnosi è sicuramente lo step principale per riuscire a indirizzare il paziente verso il trattamento migliore. Il ruolo del pronto soccorso è escludere o confermare condizioni traumatiche ossee, importante come primo approccio, come primo livello di diagnosi, anche se è lo specialista della mano e del polso che deve poi occuparsi di tutto il resto. Il percorso virtuoso dovrebbe essere: corretta diagnosi, giusto trattamento, aumento delle chance di guarigione e, quindi, riduzione dei rischi di potenziali complicanze o esiti non corretti».