Viktorie Hanišová, una storia familiare al microscopio

Viktorie Hanišová, una storia familiare al microscopio

Viktorie Hanišová è considerata l’astro nascente della letteratura ceca.

Scrittrice, traduttrice e docente di lingue, ha esordito nel 2015 per arrivare ora al suo terzo romanzo, “La cercatrice di funghi”, oggi disponibile nella traduzione italiana di Letizia Kostner.

Per quanto caratterizzata da nomi indimenticabili del passato, la letteratura contemporanea dell’Europa dell’est filtra più faticosamente rispetto ad altre tra le preferenze dei lettori, nonostante i nomi di spicco non manchino di certo (l’ungherese László Krasznahorkai era tra i candidati al Nobel 2021).

Viktorie Hanišová è giovane ed ha davanti a sé molto tempo per affermarsi ulteriormente a livello internazionale e di certo questa giovane cercatrice di funghi sarà un ottimo inizio.

Viktorie Hanišová, il micelio come metafora dell’esistenza

L’esistenza di ogni individuo, di ogni piccola comunità familiare è in fondo simile alla pianta del micelio, i cui frutti, i funghi comunemente detti, non sono che una parte, quella visibile.

Di questi i simbionti, che vivono in simbiosi con la pianta ed emergono dal terreno, sono esteticamente molto belli nella loro varietà di forme e colori, indipendentemente dal fatto che siano edibili o velenosi.

Al di sotto di ciò che appare in superficie, però, c’è la vera pianta madre, il micelio, che vive nel substrato nutritivo ed assomiglia ad una ragnatela in cui si intrecciano i suoi sottilissimi filamenti.

Viktorie Hanišová fissa il punto di partenza della sua narrazione nel micelio, in quella rete di legami nascosti agli occhi degli spettatori esterni che si intrecciano in una famiglia, lasciando che ad emergere sia soltanto ciò che è consono alle regole sociali, ai canoni estetici, alle mode del momento.

Ma per capire quali meccanismi muovano le azioni delle persone bisogna spostare le foglie o il muschio, scavare anche poco con le mani per affondarle nella terra, dove sta l’origine del tutto.

La famiglia di Sara Tichà, la protagonista, ha fatto di tutto per nascondere in un sottobosco protetto la propria realtà distorta, anche malvagia, per timore del giudizio impietoso e severo del mondo esterno, generando così l’unico risultato possibile, la distruzione psicofisica della propria figlia.

Stabilire la linea di demarcazione tra normalità e anormalità è difficile e  rischioso, aggirare i pregiudizi sociali e l’accettazione dell’alterità è possibile attraverso un lungo lavoro prima di tutto su se stessi, cosa che la famiglia di Sara ha evitato accuratamente di fare per anni che a lei sono apparsi secoli.

Le cicatrici più profonde vengono lasciate dal tradimento di coloro che ci sono più vicini, che dicono o lasciano intendere di amarci, ma che, consciamente o inconsciamente, ci impongono di vivere alle loro condizioni, in un silenzio squarciato a volte da urla di dolore che restano mute e inascoltate.

Sara è la vittima predestinata all’interno della sua famiglia, sin dal suo arrivo: terza dopo due figli maschi, trascorre l’infanzia “bullizzata” dai fratelli, che le impongono prove inaccettabili per garantirsi il diritto di non essere considerata una nullità (quale fratello farebbe attraversare un fiume di acqua gelida alla propria sorella come prova di carattere?).

Un padre capofamiglia e unica fonte di sostentamento, professore universitario e integerrimo fustigatore della moralità altrui, una madre vissuta nella sua ombra, sempre pronta a coprirsi gli occhi con le mani per  non vedere scene televisive o tragedie di vita familiare: in questo micelio è vissuta Sara sino alla maturità, quando è esplosa dentro e fuori di sé.

Il bosco, simbolo di rifugio e salvezza

A soli 25 anni Sara ha alle spalle grandi dolori e grandi fatiche.

Interrotti quasi del tutto i rapporti con i fratelli Milan ed Evzen, sepolti i genitori con l’accusa di essere stata la causa della loro malattie e del loro decesso, vive in un casolare nella Selva Boema, sola con i suoi ricordi e un trascorso recente di ricovero in ospedale psichiatrico.

La casa, in cui la famiglia di un tempo trascorreva le vacanze estive, è ormai ridotta ad una catapecchia, Sara non ha denaro se non l’esigua pensione dello stato, non sa come scaldarsi e nutrirsi,  vive di espedienti e soprattutto dei funghi che raccoglie e vende.

Come i lucidi e variopinti cappelli che troneggiano nel suo cestino sono soltanto il risultato visibile di processi celati sotto uno strato di terra e foglie macerate all’ombra, così ciò che appare di Sara agli occhi degli abitanti del paese non è che un’immagine fuorviante, che non lascia intravedere il dramma che ancora si consuma nel suo animo.

Viktorie Hanišová lascia che sia la protagonista, attraverso un ininterrotto flusso di pensieri, a parlare di se stessa, della sua vita in simbiosi col bosco, del suo desiderio di eccellere in ciò che solo sa fare bene, riconoscere, classificare e raccogliere i funghi, per stupire ogni volta il rozzo proprietario dell’Osteria a cui li vende.

Il bosco viene raccontato con i suoi occhi e anche nei suoi anfratti più cupi resta un porto sicuro dove fuggire quando il passato diventa un peso insostenibile.

C’è stato un momento di orrore ripetutosi ancora e ancora nella sua infanzia, c’è stata l’incredulità a fronte della fuga di chi avrebbe potuto difenderla, c’è stato un incidente che l’ha distrutta nel fisico e ha generato infiniti dubbi, c’è stato un silenzio trasformatosi in una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.

E poi c’è il bosco, dove cammina ogni giorno per decine di chilometri con l’unica presenza di Vojta, un amico anch’egli diverso, e proprio per questo capace di accompagnare i suoi passi.

In fondo, morti i genitori e diventata oggetto di interesse per i fratelli solo per la necessità di una sua firma sui documenti relativi all’eredità, Sara può e vuole contare soltanto su se stessa: il suo essere a questo punto della sua vita in questa situazione è stata una sua precisa scelta, l’ultima che ha potuto fare dopo che per più di un decennio sono stati gli altri a scegliere sempre per lei.

Viktorie Hanišová sceglie il romanzo intimista

Nel racconto della vita di Sara l’autrice opta per la narrazione intimista, velata di malinconia e priva di qualsiasi colpo di scena, accompagnata da una rappresentazione della natura che richiama il panismo dannunziano, sino a quella che potrebbe essere la conclusiva metafora panica.

Sara è un tutt’uno col bosco che attraversa, con le innumerevoli varietà di funghi che descrive come se stesse parlando al lettore incolto in materia.

Le descrizioni rincorrono le sensazioni, le emozioni che vive, i ricordi che via via ricostruiscono il passato nel tentativo di elaborare il lutto che esso ha provocato, il dolore che si associa alla piacevolezza nel calzare i vecchi scarponi del padre.

Forse solo così, camminando nel mondo con le scarpe di un altro, ci è data la possibilità di comprenderlo: Sara vorrebbe farlo, ma finisce col ritorcersi su se stessa vittima del ruolo che tutta la famiglia le ha imposto.

E’ stata l’anello debole della catena, perché ha cercato di dar voce all’idea che come  un fungo che appare bello può essere abitato da larve o essere un fungo marcio, così la famiglia modello può nascondere qualcosa di marcio all’interno.

Sara non riesce a dormire, non ha la forza di andarsene per crearsi una vita altrove, è vittima di incubi e di giudizi che la stroncano, ma non vuole arrendersi.

Raccogliendo i funghi scivola sul terreno inzuppato di pioggia ma ha sempre la forza di rialzarsi, sino a quando l’universo intero sembra essersi rovesciato su di lei.

Combattere i suoi demoni raccogliendo ostinatamente funghi lungo i sentieri che le ha insegnato suo padre quando era bambina  l’ha temporaneamente protetta dall’arrendersi alla vita, ma non è sufficiente.

Bisognerebbe lasciare sepolto il micelio e aprirsi al futuro, perdonando i vivi e morti: Viktorie Hanišová si congeda da Sara con una promessa che la protagonista fa a se stessa, mascherata da certezza, con uno sguardo finalmente deciso e penetrante.

Viktorie Hanišová, una storia familiare al microscopioAUTORE : Viktorie Hanišová

TITOLO : La cercatrice di funghi

EDITORE : Voland

PAGG. 320    EURO 18,00   (disponibile versione eBook euro 8,49)

 

 

 

 

 

 

About Luisa Perlo

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

2 comments

  1. Salve,
    mi chiamo claudio, leggo la vostra testa da un po’ di tempo. Posso collaborare con voi? Scrivo recensioni per noi donne, il mestiere di leggere, prima i lettori, albionline.

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