Paziente oncologico: chi ha o ha avuto un tumore, o un familiare che lo voglia meglio aiutare, può sperimentare l’ausilio delle erbe, anche dati gli effetti tossici delle terapie convenzionali.
C’è chi le considera utili, tanto da poterle sostituire ai farmaci. Chi le vede invece come meri palliativi, rimedi provvisori. A livello primordiale, l’ominide cercava nella natura il medicamento per il male che lo colpiva. Ma offriamo un’opinione articolata e cerchiamo di affinare gli strumenti che possono dare beneficio, con l’ausilio dei dettagli scientifici in nostro possesso.
“Le nostre care erbe medicinali — nelle quali non solo crediamo, ma che utilizziamo da sempre, quando possiamo, quando cioè ce ne sia l’opportunità, nei modi più appropriati e nelle forme più corrette — ebbene oggi sappiamo che possono essere di aiuto, anche di rilievo, per tutto quello che sta attorno al tumore, cioè proprio per il paziente, anche già inserito in un percorso di terapia oncologica”.
E’ una chance: “Le erbe amiche possono servire per risolvere o alleviare alcuni sintomi, come la stanchezza o la depressione, oppure la disappetenza e tanti altri disturbi, quando per esempio i farmaci non siano sufficienti, o quando i farmaci prescritti non siano tollerati”. E non è poca cosa migliorare la qualità della vita in un momento di difficoltà importante.
Le erbe che curano il cancro possono essere descritte come:
– utili: le utilizza l’oncologo nei chemioterapici;
– in stand by: in attesa dei risultati delle varie fasi della ricerca;
– inutili: senza alcuna evidenza, comprese le false notizie.
Parliamo delle erbe utili: sono amiche del paziente, gli/le sono da supporto in un momento molto complesso. ”Aggredire il cancro come tale è compito del chirurgo, dell’oncologo, del radioterapista eccetera. E fondamentale è questo loro compito, e fondamentali sono le loro terapie, oggi sempre più personalizzate e comunque rivoluzionate negli ultimi anni dall’arrivo di nuovi farmaci, di nuove strategie, di terapie integrate, che tengono conto anche dell’espressività di mutazioni geniche e quindi della sensibilità o meno a farmaci biologici, inesistenti solo alcuni anni fa.” Ma ciò non esclude il valore delle erbe, che sostengono con le loro proprietà.
Lo affermano Fabio Firenzuoli, Francesco Epifani, Luigi Gori, autori del libro Le erbe anti-cancro – Per prevenirlo, alleviare i sintomi e gli effetti collaterali dei farmaci, edito quest’anno da Lswr. Il testo conta 288 pagine è ha un costo pari a 19,90 euro in brossura, 13,99 in e-book.
Paziente oncologico: una situazione non facile
“’Sembra facile fare un buon caffè’, diceva una vecchia pubblicità, ma i pazienti che vivono in prima persona la malattia oncologica conoscono bene tutte le difficoltà che comporta la terapia farmacologica: aggiungere un solo farmaco a tutti gli altri già presenti in un piano terapeutico complesso rischia di turbare un equilibrio, anche se precario, ma raggiunto spesso con grande sacrificio e dopo tanti tentativi. Aggiungi l’inibitore di pompa per impedire il reflusso gastroesofageo e ti viene la diarrea, prendi l’antidiarroico e ti si blocca l’intestino…, e poi l’antibiotico per prevenire sovrammissioni batteriche…, e poi i fermenti lattici…, e poi e poi…, finché ti ritrovi come il banco di una farmacia, a fine giornata, da rimettere ancora a posto. Avere, quindi, erbe medicinali in grado di risolvere o ridurre alcuni disturbi, per esempio correlati ai trattamenti citotossici, chemioterapici o radianti, può essere importante, anche molto importante, non solo per ridurre il numero dei farmaci da assumere, ma soprattutto per far stare meglio il malato”.
I sintomi noti al paziente oncologico
“Le erbe amiche per il paziente oncologico mirano alla tonicità fisica, al ripristino dell’energia vitale, alla riduzione dello stress e al sentirsi bene. Gli effetti tossici delle terapie convenzionali sono numerosi e molto diversi tra loro, variabili da farmaco a farmaco, da paziente a paziente, abitualmente classificati in base al periodo di insorgenza in:
– immediati: allergie, nausea, vomito, flebiti;
– precoci: leucopenia, piastrinopenia, perdita di capelli, stomatite,
diarrea;
– ritardati: anemia, azoospermia, epatotossicità, danni polmonari,
alterazioni della pelle;
– tardivi: sterilità, neoplasie secondarie, effetti ancora sconosciuti
per i farmaci target”.
Paziente oncologico e fitoterapia
Fitoterapia: ecco il termine corretto per definire la branca della medicina che utilizza le erbe medicinali a scopo preventivo e curativo, in base alla letteratura scientifica. “Fitoterapici sono i medicinali vegetali, controllati anche dal punto di vista della qualità e sicurezza, previsti dalle autorità sanitarie, disponibili in forma di specialità registrata o di preparazione galenica personalizzata, e queste modalità garantiscono le caratteristiche dei medicinali. Le erbe officinali possono essere utilizzate anche in prodotti erboristici e integratori, non a fini curativi, comunque adottando sempre i criteri di prudenza e sicurezza previsti per i pazienti in terapia con altri farmaci”.
Etica e pratica
Quando si cerca di dare un pratico sostegno al paziente oncologico, potrebbe essere una buona idea lasciare la filosofia fuori dalla porta.
“Alcuni potrebbero confondere l’argomento trattato con pratiche di medicina alternativa, e aprire così la porta a discussioni di tipo etico e/o deontologico, come per esempio la libertà di scelta delle terapie, o il rifiuto delle terapie oncologiche convenzionali da parte del paziente, oppure ancora il ricorso a pratiche non supportate da prove di efficacia, oppure a pratiche mediche esercitate da parte di personale non medico. L’argomento è talmente delicato che, nel rispetto dei pazienti, non può certo essere affrontato con superficialità”. Non si tratta, qui, di attuare alte discussioni di bioetica e sociologia, ma di trovare un aiuto pratico.
Paziente oncologico: esistono le erbe che curano il cancro?
“Spesso il paziente oncologico ha subìto uno o più interventi chirurgici, sovente è già in chemioterapia o sta facendo cicli di radioterapia, e le sue sofferenze, ansie e preoccupazioni coinvolgono anche i familiari, che in una buona percentuale di casi sono tutti mobilitati alla ricerca di qualunque cosa possa migliorare la salute fisica e psicologica del loro congiunto, colpito dal ‘mostro’. Ecco perché tale ricerca spesso si traduce nella richiesta di cose naturali, nella speranza che facciano meno male possibile, a differenza dei farmaci che notoriamente sono tossici. Le erbe anticancro sono molto richieste prima di tutto dai ricercatori, quelli che fanno vera ricerca scientifica. Questo aspetto forse quello meno conosciuto dagli stessi pazienti oncologici, i quali spesso non conoscono le varie, lunghe e complesse fasi della ricerca, che talvolta inizia addirittura dallo studio degli usi tradizionali e popolari delle piante (etnobotanica); ciò può indirizzare nella scelta delle piante, per poi passare alla ricerca e all’analisi chimica dei vari costituenti e delle loro attività biologiche antitumorali, con lo studio dei meccanismi d’azione, l’analisi dei possibili target molecolari, le validazioni in vivo, gli studi tossicologici eccetera, prima di passare alle varie fasi di studio clinico, secondo tutte le procedure previste, per poterne confermare l’efficacia e la sicurezza. Per alcune erbe, prima di arrivare alla molecola finale poi utilizzata in terapia, si rendono necessari anche complessi procedimenti di emisintesi farmaceutica, al fine di migliorarne biodisponibilità e attività biologica”.
Paziente oncologico: i farmaci anticancro di origine naturale
“E farmaci anticancro di origine naturale ce ne sono, efficaci, ben studiati, già in uso clinico da anni; tra questi basti citare il taxolo e i suoi derivati ottenuti dal Tasso (paclitaxel ecc.), gli alcaloidi della Vinca e i suoi derivati (vincristina, vinblastina, vinorelbina), i derivati della podofillina (etoposide, teniposide) dal Podofillo e l’irinotecan derivato dalla Camptoteca”.
Paziente oncologico: le specie vegetali sotto la lente d’ingrandimento
Attaccare il cancro è un gioco di strategia: ecco come mettere in campo le specie vegetali.
“Numerose sono le specie vegetali sotto la lente d’ingrandimento dei ricercatori (fitochimici, farmacologi, tossicologi ecc.) ma, perché una sostanza possa essere disponibile per l’utilizzo sul paziente, deve necessariamente essere studiata nelle fasi di ricerca clinica previste per garantirne appunto non solo l’efficacia in vivo sul paziente, ma anche la sicurezza d’uso, nel tempo, durante la malattia, nella pratica clinica, quando ad esempio ci sono anche altri disturbi, altri organi malati, altri farmaci, come succede nella pratica di tutti i giorni.
Sulla maggior parte delle erbe si hanno numerose informazioni, ma spesso parziali, in alcuni casi riguardanti solo il loro uso tradizionale nell’ambito dell’etnomedicina, oppure all’attività di singole sostanze ma in una fase di laboratorio, in vitro nell’animale ma non nell’uomo, oppure ancora testate solo su piccoli gruppi di volontari sani, ma in assenza di studi su gruppi di pazienti verificati versus gruppi di controllo con metodologia rigorosa. E’ importante che questa metodologia venga rispettata, perché quando si usano sostanze anticancro è necessario verificare gli effetti sull’individuo, non tanto su colture cellulari in vitro”. Facciamo qualche esempio di vegetali, ritenuti più o meno utili.
Artemisia per il paziente oncologico dalla medicina cinese
“L’Artemisia annua è una pianta erbacea che proviene dalla medicina tradizionale cinese. Ben nota, già utilizzata come medicinale in alcune forme di malaria, di recente sono proliferate le ricerche su altre proprietà della pianta: immunosoppressive, antinfiammatorie e antitumorali. In particolare l’effetto antitumorale di artemisinina e altre sostanze, presenti oltretutto anche in altre specie di Artemisia, è stato studiato in vitro e in vivo, in modelli di cancro del seno, prostata, osso e cellule leucemiche e di melanoma. Sono stati studiati gli effetti di diverse parti di Artemisia e di differenti preparati. Numerosi sono i meccanismi biologici implicati (stress ossidativo, apoptosi, inibizione dell’angiogenesi ecc.).
A oggi tuttavia la letteratura disponibile vede solo alcuni casi clinici e studi pilota di fase I/II. Pertanto, anche in relazione a possibile epatotossicità e interazioni con altri farmaci, l’uso dell’Artemisia è raccomandato nell’ambito di veri e propri protocolli di ricerca.
Graviola (Annona muricata): necessari studi clinici
“Una delle piante più ricercate è la Graviola, un albero comune nelle foreste pluviali dell’Africa, del Sudamerica e del Sud-Est asiatico. E’ molto conosciuta e utilizzata in forma di succo ottenuto dai frutti, spesso promossa anche in preparati ottenuti dalle foglie o dal seme, come trattamento alternativo per il cancro (prostata, mammella e colon-retto) anche se mancano evidenze cliniche. Peraltro sappiamo che alcuni alcaloidi presenti nella pianta possono causare disfunzione neuronale e danni di tipo neurodegenerativo che portano agli stessi sintomi del morbo di Parkinson. In alcuni studi di laboratorio si è visto che l’ingestione a lungo termine di succo di Graviola può accelerare le malattie neurodegenerative. Ecco perché prima di consolidarne l’uso sui pazienti sono necessari studi clinici, a conferma non solo della sua efficacia contro il cancro ma anche della sicurezza”.
Tisana di Caisse: prospettive
“Si tratta di una tisana di erbe sviluppata un centinaio di anni fa da Rene Caisse, un’infermiera canadese, e promossa impropriamente come cura per il cancro: radice di bardana, radice di acetosella, corteccia di olmo e radice di rabarbaro. In vitro ha dimostrato proprietà antiossidanti e citotossiche, tuttavia con stimolo alla crescita di cellule di carcinoma mammario umano sia attraverso i recettori degli estrogeni (Er), sia attraverso percorsi indipendenti dall’ER. Non ci sono risultati positivi neppure sul miglioramento della qualità di vita dei pazienti con carcinoma mammario. In relazione all’attività estrogenica potrebbero invece esserci prospettive di ricerca da sviluppare sul carcinoma prostatico. La tisana di Caisse è chiamata talvolta anche con il nome Essiac (Caisse scritto al contrario)”.
Veleno di scorpione: è efficace?
Al termine della carrellata, parliamo di un elemento che vegetale non è: “Il veleno di scorpione non è certo un’erba, come del resto non lo sono i funghi, ma rientra pur sempre in quell’alone di “prodotti naturali” ritenuti efficaci contro il cancro, che hanno fatto e fanno la storia di molti pazienti oncologici che cercano risposte alternative ai protocolli degli oncologi. Moltissime sono le specie di scorpione presenti in tutto il mondo, dotati di un pungiglione velenoso all’estremità della loro coda che serve per paralizzare la preda o per autodifesa. In realtà questi veleni contengono tossine efficaci anche come farmaci antimicrobici e ‘potenziali’ chemioterapici, ma in vitro, per esempio su cellule tumorali della mammella o cellule leucemiche. Altra cosa invece è attribuire proprietà antitumorali al veleno per uso orale, sul paziente, come in un recente passato è stato anche ampiamente commercializzato. In merito però non esiste alcuna documentazione clinica della sua efficacia, né della sua sicurezza. La clorotossina, invece, un peptide derivato dal veleno dello scorpione, potrebbe facilitare l’attività dei farmaci chemioterapici contro le cellule tumorali, e su questo fronte la ricerca prosegue”.
Paziente oncologico: fare attenzione alle false notizie
Il paziente oncologico deve essere molto attento: non deve rimanere “intrappolato da false notizie o addirittura da ciarlatani, plagiato da sette pseudoreligiose o guaritori senza scrupoli, che riescano a convincerlo, come purtroppo talvolta succede, a non eseguire gli accertamenti diagnostici di base utili sia nella prevenzione sia nella diagnosi precoce di una patologia oncologica. Può anche succedere che il paziente venga convinto, dopo la diagnosi certa di un tumore maligno, a seguire terapie alternative a quelle convenzionali, quasi sempre a base di prodotti naturali, i quali vengono talvolta presentati come: non tossici, rispettosi dell’equilibrio psicofisico del soggetto, voluti da Madre natura per il bene dell’umanità, al contrario dei chemioterapici, che invece sarebbero prescritti da medici, privi di sensibilità e rispetto per i malati, ai quali verrebbe di fatto negata la libertà terapeutica. E la chemioterapia sarebbe usata solo per alimentare il fatturato di ‘Big pharma’. Queste sono spesso le argomentazioni, fuorvianti e talvolta pure deliranti, che spingono i pazienti oncologici a rifugiarsi in false terapie naturali, per esempio a base esclusivamente di succhi di frutta e verdura, vitamine, clisteri di caffè, bagni di fieno, cure disintossicanti a base di succo di limone al mattino e molte altre ma, ovviamente, abbandonando i seri consigli terapeutici dei medici. Possiamo con molta tranquillità e sicurezza confermare che:
– i clisteri di caffè non curano i tumori;
– il succo di limone al mattino non cura i tumori;
– il centrifugato di cetriolo e finocchio non cura i tumori;
– la tisana di Rene Caisse non cura i tumori;
– la tisana di Tarassaco non cura i tumori;
– le foglie di Cavolo applicate su noduli tumorali non li curano;
– i bagni di fieno non curano i tumori;
– le mandorle amare dell’albicocca non curano i tumori e, per l’amigdalina che contengono, sono pure rischiose”.
Come prevenire il cancro
Fatte le dovute premesse, esistono erbe anti-cancro e fitoterapici che conosciamo e che sono stati studiati per ridurre il rischio di progressione del tumore.
Paziente oncologico: l’alimentazione che può aiutare
“Frutta, ortaggi, legumi e cereali, se inseriti in una corretta alimentazione e con una certa costanza, sono utili per ridurre l’incidenza di tumori. Quali utilizzare? Per esempio aglio, cipolla, cavoli, tè, uva e frutti di bosco”.
Per prevenire il cancro allo stomaco, incuriosiamoci in particolare in merito al tè verde.
Tè verde contro il cancro allo stomaco
“Il Tè verde (Camellia sinensis) è una bevanda facilmente disponibile ma ha dato risultati apparentemente contrastanti soprattutto nella prevenzione del cancro dello stomaco, molto variabili in relazione alla quantità bevuta al giorno e alle modalità di assunzione. Oggi sono disponibili molti dati da revisioni sistematiche con metanalisi di studi epidemiologici relativi al ruolo preventivo della bevanda a base di Tè verde sull’incidenza di cancro dello stomaco. Dalle analisi emerge che bere il Tè verde ha un sicuro effetto preventivo sulla riduzione del rischio di cancro gastrico, in particolare se si consuma a lungo termine e ad alte dosi (almeno 3-4 tazze al giorno). Al contrario, bere Tè verde troppo caldo aumenta il rischio di cancro gastrico”. Il buon senso, del resto, è sempre d’aiuto.
“Per essere rigorosi servirebbero molti dati più dettagliati relativi all’analisi di sottogruppi, in modo tale da valutare bene e con precisione quanto incidano altri fattori come il fumo e il consumo di alcol e la dose dei componenti efficaci nel Tè verde, che possono certo variare in base al tipo di tè e alle modalità di preparazione della bevanda stessa. A grandi linee, tuttavia, le indicazioni rimangono quelle riportate.
Per una persona che ha avuto o che ha un tumore allo stomaco, possono essere più utili gli estratti di Tè verde, ricchi in polifenoli, da associare eventualmente ad altre piante, in base al suo stato di salute generale, allo stadio clinico della malattia e alle terapie in atto.
Le catechine del Tè verde, oltre ad avere una ben nota attività antineoplastica, hanno proprietà diuretica e nefroprotettiva, oltre a proteggere dagli effetti di alcuni comuni trattamenti chemioterapici. Il Tè verde è una nota fonte di polifenoli a basso costo, in particolare catechine, utili nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e delle complicanze di quelle dismetaboliche, come diabete e dislipidemie. Tuttavia è importante non superare il corretto dosaggio perché ad alte dosi queste benefiche sostanze possono agire al contrario, diventare pro-ossidanti e, in soggetti predisposti, addirittura epatototossiche”.
In argomento, “la ricerca continua… Numerose altre sono le piante che forniscono sostanze attive, in vitro, su colture cellulari di carcinoma dello stomaco, ma su queste la ricerca è appena inziata… Speriamo dia frutti utili ai pazienti, non solo alle cellule”.
Tumore dell’utero, come prevenire
“Salvo situazioni cliniche specifiche per la singola paziente, tre sono le semplici regole per prevenire il tumore dell’utero:
– sì al Tè verde;
– sì alla Curcuma;
– no ai fitoestrogeni.
Esistono, per esempio, numerose ricerche precliniche relativamente al ruolo della curcumina nell’inibizione di fattori che stimolano la crescita del cancro dell’endometrio o nell’aumentare direttamente la morte programmata delle cellule già trasformate, così come nel ridurre la migrazione e l’invasione tissutale delle stesse. La Curcuma potrebbe giocare un ruolo anche nella prevenzione del cancro endometriale nelle donne obese. Inoltre inibisce gli effetti del letrozolo sulla crescita del tumore endometriale. La curcumina inoltre ha dimostrato in vitro interessanti attività antitumorali su linee cellulari di sarcoma uterino SKN e SK-UT-1; in modo dose-dipendente ha indotto l’apoptosi cellulare inibendo la via AKT mTOR; tali dati sono stati successivamente confermati in vivo. In particolare la curcumina riduce la massa tumorale con un contemporaneo decremento del mTOR e della fosforilazione S6. Questi due fattori sono fra le principali chiavi di accesso alla replicazione tumorale: il primo è un importante regolatore della disponibilità dei nutrienti cellulari e mitogeni, controlla il metabolismo del glucosio e la sintesi proteica; la chinasi S6 invece regola l’omeostasi del glucosio (leggi energia disponibile), l’aumento di volume della cellula e soprattutto il controllo della trascrizione dell’RNA messaggero, la proteina chiave che dal nucleo va nel citoplasma e mette in comunicazione i due sistemi”.
In questo mosaico, uno schizzo delle luci, le ombre e la penombra relative alle erbe, che con le necessarie riserve restano una carta da giocare per il paziente oncologico.