La pesca tradizionale dello Stretto di Messina è un nuovo Presidio Slow Food
La pesca tradizionale dello Stretto di Messina diventa Presidio Slow Food, un ponte di biodiversità per salvaguardare il patrimonio naturale e culturale tra Sicilia e Calabria.
Si chiama feluca ed è l’imbarcazione utilizzata per la pesca tradizionale al pesce spada nello Stretto di Messina.
Insieme ad altri antichi metodi di pesca impiegati, come il tremaglio e le nasse, rappresenta un patrimonio culturale da proteggere e una forma di pesca basata sulla profonda conoscenza e sul rispetto del mare.
Pesca tradizionale di Messina: un patrimonio da difendere
Lo stretto di Messina è anche uno degli hot-spot di biodiversità più importanti del Mediterraneo, area di transito e migrazione di moltissime specie grazie alla sua particolare posizione di confine fra i bacini occidentale e orientale del Mediterraneo.
I fondali, sui quali giacciono relitti di imbarcazioni di tutte le epoche, sono caratterizzati da un sistema di canyon che iniziano dal punto più stretto e meno profondo (64 metri), chiamato la Sella (tra Ganzirri sul lato siciliano e punta Pezzo su quello calabrese), fino alle grandi profondità (3000 metri e oltre), al largo di Siracusa.
La pesca, qui, ha un ruolo speciale da sempre.
Tracce del consumo (e quindi della cattura) del tonno in età preistorica sono emerse in vari scavi archeologici dell’area.
Tuttora, in queste acque, 11 società di pescatori si dedicano alla pesca costiera, con tecniche tradizionali e reti selettive (lenze, nasse, tremagli, palangari). Tra le specie pescate ci sono seppie, ‘gamberi di nassa’, cicirelli (Ammodites cicirellus), pesci pettine (Xyrichthys novacula), pesci sciabola (Lepidopus caudatus, localmente “spatola”) e il pesce spada (Xiphias gladius).
“In questo modo la comunità dei pescatori che custodisce queste tecniche potrà continuare a praticare una pesca selettiva e stagionale e dare il giusto valore alla grande varietà di specie che si catturano tutto l’anno, variando tecniche e strumenti”, sottolinea Antonella Donato, pescatrice e presidente dell’Associazione Pescatori Feluca dello Stretto, che riunisce gli operatori di entrambe le sponde.
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Il pesce spada viene catturato con un metodo antichissimo, che prevede l’uso dell’arpione e delle feluche, piccole imbarcazioni munite di una passerella lunghissima (35-40 metri), dalla quale il lanciatore scaglia la fiocina, e di un albero molto alto (un’antenna di 22 metri), dal quale un segnalatore avvista il pesce e indica la posizione al lanciatore. Insieme a quella del tonno, in passato, la pesca del pesce spada era la più importante e spettacolare.
Il pesce spada ha un peso medio di circa due quintali, ma talvolta raggiunge anche i quattro quintali per quattro metri di lunghezza. Le feluche lo pescano da aprile a giugno lungo la costa calabra e nei mesi di luglio e agosto lungo il litorale messinese, procedendo controcorrente, per riuscire ad avere di fronte il pesce che, invece, segue la corrente.
Ogni feluca percorre un tratto di mare assegnatole (la posta) andando avanti e indietro.
Le spadare (redi di grandi dimensioni usate fino a vent’anni fa per la pesca del pesce spada e oggi vietate perché in grado di catturare enormi quantitativi di pesce senza fare distinzione fra specie), sullo stretto non hanno mai attecchito.
“Il Presidio ci permetterà anche di costruire una filiera di qualità. Il nostro pescato non fa grossi numeri, non perché il mare dello Stretto non sia pescoso, ma perché queste antiche tecniche sono altamente selettive e permettono di catturare solo il pesce che è giusto pescare in quel preciso momento, in base alla sua taglia, permettendone quindi la riproduzione“, aggiunge Donato.
Un ponte dal valore simbolico, e non solo
“Questo Presidio per noi ha un importante valore simbolico, rappresenta un’opportunità per fortificare legami e costruire nuove connessioni per proteggere, tutelare e valorizzare l’intera area dello Stretto di Messina, un tratto di mare che unisce Sicilia e Calabria, due terre che hanno tanti elementi di contatto, non solo tra di loro, ma con
l’intero Mediterraneo. Lì dove Ionio e Tirreno si fondono e si contaminano, esiste già un ponte, fatto di biodiversità
‘condivisa’, di culture intrecciate e sovrapposte, di scambi e dialoghi, un ponte immateriale che va tutelato e salvato insieme alla peculiarità di questo splendido tratto di costa”, afferma Nino Mostaccio referente Slow Food del
Presidio e Presidente Slow Food Messina.
Immagini di Slow Food