Carcinoma mammario: scoperto il gene che ne indica la predisposizione
I ricercatori dell’Università di Padova hanno scoperto una possibile associazione tra un gene e il rischio di carcinoma mammario.
Una delle forme di cancro più diffuse nella popolazione femminile.
Si tratta del gene E2F1, il regolatore della proliferazione cellulare.
Carcinoma mammario: indicazioni generali
Il cancro al seno è la neoplasia più comune tra le donne nei paesi sviluppati.
I fattori di rischio del cancro al seno possono essere distinti in fattori modificabili e non modificabili e, tra questi ultimi, i fattori genetici giocano un ruolo chiave.
Le variazioni del numero di copie sono varianti genetiche classificate come rare quando presenti in meno dell’1% della popolazione sana.
Poiché le variazioni del numero di copie rare sono spesso causa di malattie, negli ultimi anni il loro contributo alla cancerogenesi è diventato una materia di studio rilevante.
E2F1 è un fattore trascrizionale che svolge un ruolo importante nella regolazione del ciclo cellulare e dell’apoptosi (morte cellulare programmata).
Il suo ruolo doppio e conflittuale è il motivo per cui agisce sia come oncogene che come soppressore tumorale, a seconda del contesto cellulare.
“Visto che anomalie nell’espressione o nel numero di copie di E2F1 sono stati correlati a diversi tumori, abbiamo mirato a studiare il numero di copie germinali di E2F1 in donne con cancro al seno.
Al fine di chiarire meglio il loro contributo come fattore predisponente a questo tumore”, spiega Carlo Foresta, professore presso l’Università di Padova.
Acido polilattico, così si scolpisce il viso
Un viso invecchiato viene di solito associato alle rughe. In realtà ciò che conferisce l’immagine davvero…Il ruolo della proteina prodotta dal gene E2F1
Acido polilattico, così si scolpisce il viso
La proteina prodotta dal gene E2F1 è un regolatore chiave del ciclo cellulare, la cui alterazione può indirizzare le cellule verso una proliferazione incontrollata.
E2F1 è un attivatore trascrizionale che promuove la proliferazione, a seguito di stimolazione mitogenica, o apoptosi, come risposta al danno al DNA.
“Nella normale costituzione genetica le copie del gene sono 2.
Quindi, la presenza di più copie comporta una maggiore produzione della proteina che svolge un ruolo importante nei meccanismi di replicazione cellulare”, dice Carlo Foresta.
Carcinoma mammario: lo studio
Studiando le basi genetiche del tumore al seno su un campione composto da 222 donne italiane con carcinoma mammario, i ricercatori hanno scoperto che il 4,5% delle pazienti con questo cancro ha un numero di copie maggiore di 2 del gene E2F1 e di conseguenza della proteina da esso prodotta.
Nell’ambito delle alterazioni genetiche associate al carcinoma mammario, quella che è stata riscontrata dal gruppo di ricerca padovano appare essere una delle più frequenti.
“Sulla base di queste recenti scoperte, questi dati assumono quindi un significato rilevante per le campagne di prevenzione”, dicono i ricercatori.
Inoltre, un’altra scoperta dei ricercatoti è stata quella di avere identificato più copie del gene E2F1 principalmente nelle donne con una storia di tumori all’interno del proprio nucleo familiare.
Questo dimostra quanto sia importante la componente genetica come fattore predisponente al cancro.
“La scoperta di più copie del gene nelle donne con cancro al seno oggi assume un importante significato soprattutto nel campo della ricerca di biomarcatori tumorali.
Negli ultimi anni infatti, è al centro dell’attenzione nella lotta contro il cancro e ha come obiettivo quello di arrivare ad una diagnosi precoce e alla produzione di nuovi farmaci antitumorali per un approccio terapeutico sempre più personalizzato”, conclude Foresta.
L’iniziativa: “chemio: se posso la evito”
A quasi 3 mesi dall’istituzione dell’apposito fondo nazionale, i test genomici per il carcinoma mammario non sono ancora disponibili gratuitamente in tutta Italia.
Questi test servono per valutare gruppi di geni espressi in uno specifico tessuto, studiandone le funzioni e le modalità con cui interagiscono tra loro.
Forniscono quindi il profilo molecolare personalizzato di un tumore.
Dando informazioni utili riguardanti l’aggressività in stadio precoce, la sua capacità di crescita e di diffusione.
“Sono circa 8.000 le pazienti che, ogni anno, ricevono cure chemioterapiche anche se non ne hanno necessità.
Per migliorare la qualità di vita delle pazienti e permettere risparmi di preziose risorse pubbliche bisogna accelerare le procedure affinché i test genomici siano disponibili senza alcuna spesa.
Per questo chiediamo un intervento diretto e immediato del Ministero della Salute affinché approvi al più presto il decreto attuativo”.
È questo l’appello che sostiene Europa Donna ItaliaEuropa Donna Italia, il movimento per la tutela dei diritti delle donne con tumore al seno
Si tratta di una chiara testimonianza che conferma quanto sia sentita la necessità della personalizzazione delle cure, soprattutto in questo momento difficile caratterizzato dal Covid-19.
Europa Donna Italia si è battuta perché non solo in Lombardia, Toscana e Provincia Autonoma di Bolzano, dove i test sono finanziati da fondi regionali , ma in tutta la Penisola si possa evitare la somministrazione di chemioterapie inutili.
Test genomici: lo studio
“I test genomici rappresentano una fonte di risparmio importante per i conti pubblici”, dice il professore Carlo Tondini, Direttore Oncologia Medica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
“Nello studio condotto in Regione Lombardia su 400 pazienti, abbiamo provato a quantificare da un punto di vista economico i vantaggi ottenuti.
La ricerca ha evidenziato come l’uso di due test, da 2.000 € ciascuno, abbia evitato una chemioterapia dal costo di 7.000 €.
Il risparmio diretto sulla spesa farmaceutica regionale ammonta a circa 3.000 € per paziente a cui vanno aggiunti i costi indiretti per malati e caregiver.
Abbiamo, inoltre, evitato a una donna di essere sottoposta a una chemioterapia, dopo l’intervento chirurgico, e preservato così la sua qualità di vita evitando effetti collaterali”.
L’importanza dei test genomici
“È stata dimostrata l’oggettiva utilità dei test genomici che quindi devono essere disponibili e utilizzabili da parte dei clinici.
Favorire e incentivare l’appropriatezza terapeutica deve essere una delle priorità dell’intera sanità italiana soprattutto quando questa riguarda una neoplasia così fortemente diffusa.
Si stima che ogni giorno siano circa 22 le pazienti che ricevono delle chemioterapie inutili.
Personalmente, nella pratica clinica quotidiana, mi trovo in difficoltà a dire a una donna malata che a causa di un problema burocratico deve pagarsi il test.
È una situazione non più tollerabile e che deve cambiare al più presto in tutta la Penisola,” dice professore Francesco Cognetti, Presidente di Insieme Contro il Cancro e di Foce ConFederazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi.
“Il tumore al seno è la malattia oncologica più frequentemente diagnosticata in Italia così come nella maggioranza dei Paesi occidentali.
Solo nel 2020 abbiamo avuto oltre 55mila nuovi casi e più di 12mila decessi e i dati risultano in costante crescita.
Nei prossimi anni potremmo assistere a un incremento significativo delle diagnosi tardive.
I successi che finora abbiamo avuto in termini di sopravvivenza potrebbero peggiorare a causa della pandemia.
Gli screening hanno, infatti, registrato una forte battuta d’arresto soprattutto nei primi mesi del 2020.
Lo stesso è avvenuto per alcuni esami diagnostici e per i controlli di follow up successivi alla somministrazione delle terapie.
Per ancora molto tempo dovremo gestire le conseguenze del forte impatto che ha avuto il Coronavirus sull’intero sistema sanitario nazionale.
In quest’ottica ben vengano tutti quegli strumenti che ci consentono di ottimizzare le risorse disponibili”, conclude professore Saverio Cinieri, Presidente Eletto AIOM.